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Addio a Lou Pesaresi, “The Dancer” della Rimini rock

Se n’è andato Lou Pesaresi. E’ stato trovato senza vita ieri verso le 13 nella sua casa di Rimini. E’ stato uno dei protagonisti della stagione più creativa, più folle, più rock della riviera. Provocazioni sempre dolci e sorridenti, che  chiedevano amore più degli applausi. E tantissimi lo hanno amato nelle notti dello Slego e dell’Aleph, dell’Insomnia e della Ripa Discoscesa, degli eventi underground di una irripetibile stagione.

“Ciao Lou, con te se ne va un pezzo della Storia di Rimini che non finisce (quasi mai) nei libri di Storia di Rimini”, lo saluta il sindaco di Rimini Jamil Sadegholvaad.

Era nato alla Grotta Rossa il 16 gennaio 1952. Aveva lasciato “il villaggio”, come diceva lui, quando aveva 9 anni. Diplomato regioniere, ha lavorato in banca fino alla pensione. Ma che ci faceva Lou in banca?

Nel 1975 se n’era andato a Londra, dove aveva frequentato corsi di danza moderna. Si ballava sulle musiche di Bowie, Brian Eno, Michael Nyman. Dopo una parentesi a Ravenna dove si innamora della radio e dei performer americani, ci torna nel ’79 per restarvi per altri due anni.

Al rientro in Italia è conduttore a Radio Sanmarino con la sua rubrica “Danceteria” insieme ai deejay Massimo Buda, Franco Fattori, Werther Corbelli, Giovanni Tommaso Garattoni e un ragazzino, Thomas Balsamini. A Viserba sta nascendo lo Slego; su quel palco Lou si esibisce con le sue performance: temerarie, dissennate, esilaranti, malinconiche. Buda sulle pagine di Repubblica lo battezza “The Dancer”. Gli piace e adotta quel nome. Lo presentano a Roberto D’Agostino. Viaggia in India, si appassiona alle dottrine orientali. Senza mai dimenticare “il vilaggio”. Quando nel 1989 propone una “summa” della sue performance la intitola “Lou varioso” e solo chi sa il dialetto può cogliere il senso.

Luciano Lou Pesaresi

Nel 1995 esce il film “Blue Line” dal romanzo omonimo di Antonino Lakshen Sucameli. Così si chiamava  la linea estiva di bus che dall’86 correvano da una disco all’altra, fino all’alba. E’ il ritratto-manifesto del “popolo della notte” e Lou non può che essere fra gli interpreti. Nel ’91 era apparso anche in “La casa del sorriso”, il film che Marco Ferreri giò alla Navi di Cattolica.

Bi-sessuale. Fieramente, ostentatamente, in tempi ancora poco propizi ai pride e ai coming out. Ma anche tempi liberi e spensierati, quegli anni Ottanta e Novanta, a confronto dei successivi.

Viaggia ancora, in Marocco e in Tunisia. La sua casa è sempre aperta agli amici, che sono una valanga. Le feste dei suoi compleanni, dove mai gli anni si dichiarano, sono appuntamenti cui non si può mancare.

E invece ora manca lui. L’unico, l’incredibile, l’inenarrabile. Ci mancherà. Dio se mi mancherai amico mio: come Franco e Thomas e Sauro, troppo presto per dirci addio.

Stefano Cicchetti

 

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