Per la prima volta uno dei fratelli Savi ha chiesto e ottenuto un permesso premio: dodici ore di libertà, dalle 8 del mattino alle 20, di cui ha beneficiato pochi giorni fa, trovando ospitalità in una comunità protetta, primo passo verso il parziale recupero di uno spazio di libertà.
È Alberto Savi, 52 anni compiuti lo scorso 19 febbraio, da anni detenuto nel carcere Due Palazzi di Padova. Il primo via libera alla richiesta di Savi, è stato firmato dal giudice di Sorveglianza di Padova a dicembre.
Immediata la risposta della procura della Repubblica, che ha proposto ricorso esprimendo la netta e ferma opposizione a quel permesso. E insistendo sui pesantissimi precedenti penali di Alberto Savi, chiamato anche Luca, poliziotto che prestava servizio nella questura di Rimini.
Il permesso di Alberto Savi è bocciato e rispedito al mittente dopo l’intervento della procura.
Il minore dei fratelli Savi non si arrende, forte di una serie di relazioni da parte degli operatori del carcere di Padova (psichiatri, educatori, assistenti) che attestano un percorso di “resipiscenza”, cioè un pentimento iniziato da tempo – si legge nella documentazione – accompagnato pure da un coinvolgimento lavorativo prima nel call center dell’istituto di pena per conto del Cup (Centro unico di prenotazione) dell’Azienda ospedaliera e dell’Usl 16 di Padova, oggi in un’altra realtà.
Il 13 gennaio l’udienza “d’appello” davanti al tribunale di Sorveglianza di Padova che concede il permesso.
La memoria si riannoda al 4 gennaio 1991, Bologna, l’orrore della strage del Pilastro: crivellati di colpi Otello Stefanini 23 anni, Andrea Moneta e Mauro Mitilini, 22 a testa, tutti carabinieri in pattuglia. Ma la memoria sbiadisce: dal 2012 Occhipinti ha ottenuto la semilibertà.