Ho avuto modo di consultare recentemente il testo di legge in discussione in Commissione alla Camera sul Testamento Biologico.
Leggo che al testo sono stati presentati circa 3200 emendamenti e che l’Ufficio di Presidenza della Commissione Affari sociali ne ha ammessi solo 265; ne è seguita un’animata discussione per il taglio dei rimanenti.
Le contestazioni provengono, ritengo, solo da una parte di ‘mondo cattolico’ e da alcuni parlamentari del gruppo UDC.
Mi sono preso il tempo per andare a leggere il testo del provvedimento per farmene una idea personale.
COSA E’ IL TESTAMENTO BIOLOGICO. Attiene alle decisioni personali che ogni individuo può esprimere di fronte a situazioni personali, per cui , in carenza di salute e in occasione di malattie fortemente invalidanti, con poche probabilità o nulle di risoluzione dei problemi, possa permettere al paziente di prendere decisioni relative all’accettazione o al rifiuto completo delle cure.
Questa decisione può essere formalizzata per iscritto, anche quando l’individuo è in stato di benessere, affinché nella malaugurata ipotesi che si verifichi una situazione insormontabile sullo stato della sua salute, non vi siano dubbi sulle reali volontà di perseguire le cure oppure di rifiutarle.
Le stesse opportunità possono essere offerte anche per minori e incapaci di esprimere un consenso.
Una impostazione che a me pare non criticabile, e che già oggi vige nella prassi in Medicina.
Quale medico si sognerebbe infatti di costringere alle cure un paziente che le rifiuta in maniera categorica?
Questa la teoria, ma veniamo al testo di Legge.
ARTICOLO 1. Nel primo articolo viene riaffermato il principio costituzionale che nessun trattamento può essere iniziato o proseguito senza il ‘consenso informato’ del paziente (art. 2, 13, 32).
L’articolo mette in chiaro che il rapporto fra medico e paziente debba essere improntato alla massima franchezza e veridicità su ogni momento della diagnosi e cura, con la possibilità di incaricare all’uopo una terza persona, e che il consenso debba essere dato in forma scritta.
Dice l’articolo che la rinuncia del trattamento sanitario non deve comportare l’abbandono terapeutico da parte del medico e della struttura e personale sanitario.
Il tempo della comunicazione fra medico e paziente è considerato cura.
Questa affermazione apre non pochi dubbi sui tempi assai ristretti che spesso il Sistema sanitario impone nei colloqui con i pazienti stessi.
ARTICOLO 1. Dispone la possibilità che per minori e incapaci siano i genitori o referenti particolari a prendersi cura dei soggetti malati.
ARTICOLO 3. Dispone del DAT e cioè Disposizioni anticipate di trattamento. Ogni individuo può predisporre le sue volontà, in previsione di una possibile incapacità di autodeterminazione ad esprimere le proprie scelte rispetto a trattamenti sanitari, comprese le pratiche di Nutrizione artificiale e Idratazione, accettandole o rifiutandole.
Può indicare un fiduciario e nel caso non sia indicato devono essere sentiti i familiari.
La non osservanza del DAT deve essere concordata con fiduciario o familiari, qualora emergano documentate e motivate possibilità di cura.
Tutti i documenti citati devono essere conservati nella cartella clinica.
ARTICOLO 4. Dispone che tutte le cure devono essere discusse fra Medico e paziente e che i resoconti debbano essere conservati in cartella.
Il documento scritto, dice il testo, o videoregistrato, è sottoscritto o validato dal paziente…
Magari, ritengo io, quel termine videoregistrato va tolto.
IN CONCLUSIONE. Mi pare di poter affermare che i contenuti del testo in oggetto siano i più ragionevoli possibili.
E’ descritto quanto viene seguito nella prassi di tutti i giorni negli ospedali italiani, quanto meno – ne ho avuto esperienza diretta – negli ospedali della Romagna.
Vorrei conoscere quindi le ragioni della levata di scudi che sembra emergere dai resoconti di stampa: personalmente non ne vedo la logica.
L’unico elemento che occorrerebbe rafforzare a mio parere è quanto descritto al punto 6 dell’Art.1. In caso di rifiuto delle cure, anche nutrizione parenterale (artificiale) o idratazione ( somministrazione di liquidi per via venosa) il paziente deve essere seguito in regime di ricovero se necessario o di cure palliative (Hospice) , senza che, per la ragione che non esegue terapie, sia dimesso dall’Ospedale e inviato al domicilio.
E’ il buon senso che deve guidare ‘la cura’, non solo la prassi terapeutica.
Alberto Ravaioli