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Spiagge: Caos all’italiana, tra bandi irreversibili e abusi edilizi

Il “racconto pubblico” che più sta andando di moda in questo periodo post elettorale, divulgato da una parte dell’imprenditoria balneare e autorizzato dai cortigiani politici bipartisan di riferimento continua ad essere la mistificazione della realtà. Gli slogan “usciremo dalla Bolkestein”, obiettivo addirittura ritenuto concordato con coloro che molto probabilmente andranno a formare il nuovo Governo, oppure, in alternativa, l’ancor più suggestivo e nostalgico “spezzeremo le reni all’ Europa”, imperversano tra gli addetti ai lavori evidentemente convinti e che il nuovo assetto governativo assicuri loro una ulteriore rendita di posizione sui beni di tutti noi per i prossimi 20/30 anni.

Da una parte il racconto, dall’altra la presa di coscienza di un processo che invece ha tutta l’aria di essere irreversibile, di essere approdato ad un punto di non ritorno dove gli attori protagonisti sono e saranno gli enti gestori delle concessioni, e cioè i comuni costieri coloro che non solo non si possono permettere di “ululare alla luna” ma che, invece, dovranno predisporre le pubbliche evidenze.

In prospettiva di questa evenienza alcuni di loro stanno valutando l’ ipotesi di modificare i propri “Piani spiaggia” (o piani di utilizzo dell’ arenile che dir si voglia) in modo da poter preparare fin d’ora un assetto urbanistico funzionale a quello che conseguirà al futuro riordino normativo della materia concessoria che a livello nazionale ha iniziato il suo iter con l’ approvazione della Legge sul Mercato e sulla Concorrenza del 2021 (legge n. 118-2022) la quale ha delegato il Governo ad emanare i decreti legislativi volti a disciplinare la materia in modo organico.

La questione non è per niente semplice così come la si vuole raccontare in quanto i piani di rifermento normativi e istituzionali con i quali sarà necessario confrontarsi sono molteplici e non omogenei ma soprattutto si rischia di navigare al buio in quanto ancora non si conoscono i contenuti dei “decreti legislativi” attuativi ed è ad oggi impossibile prevedere come ragioneranno le Regioni, visto che si tratta di materia trasversale e l’ interlocuzione con esse, oltre che obbligata, è fondamentale per  il futuro assetto normativo.

Cercherò di sintetizzare i maggiori punti di criticità che incontreranno tutti gli enti locali basandomi, per questioni di conoscenza diretta ed esperienza amministrativa assessorile personale, su quello che sta succedendo nel comune di Rimini, anch’ esso alle prese con l’elaborazione del nuovo “Piano Spiaggia”.

 STATO DI FATTO URBANISTICO-EDILIZO-PAESAGGISTICO.

Sembrerebbe banale parlare di rappresentazione dello “stato di fatto” ma per chi sarà deputato a rappresentare nei propri elaborati la fotografia dell’ esistente per poi andarlo a certificare con la propria firma, vi posso assicurare che così non è in quanto la prima domanda che si porrà sarà questa: “cosa c’è di legittimo o legittimato” di quello che attualmente si riscontra sull’ arenile, sia dal punto di vista urbanistico (conformità agli strumenti urbanistici pianificatori comunali o sovraordinati, provinciali o regionali e alle norme ivi richiamate), che edilizio (conformità  ai  titoli edilizi, se ed in quanto necessitano, che supportano le strutture, i manufatti presenti sulla sabbia). E dal punto di vista della conformità alle varie leggi di “tutela paesaggistica” che si sono succede nel tempo, è tutto in regola tra autorizzazioni originare o sanatorie postume? A Rimini il problema ce lo eravamo posti già nel 2014 in un contraddittorio svoltosi il 3 Dicembre in assessorato alla presenza di tutti i tecnici comunali responsabili dei settori coinvolti (Pianificazione, S.U.E, Demanio, Controlli Edilizi, Tutela Paesaggistica), avvocati delle categorie dei rappresentanti dei concessionari balneari (Avv. Luigino Biagini e Avv. Roberto Manzi) e il consulente dell’Amministrazione Comunale (Avv. Federico Gualandi).

Se l’esistenza di un primo P.P.S.A. (Piano Particolareggiato dei Servizi dell’ Arenile) del 1980 abbiamo ritenuto soddisfacesse le esigenze di legittimità sotto il profilo urbanistico, molti dubbi sono sorti in ordine alla legittimità edilizia e paesaggistica di quello che all’ epoca (2014) insisteva sull’ arenile, in particolare riguardo alle “cabine” e ai “chioschi-bar”. L’unico “pezzo di carta” che autorizzasse la presenza di manufatti sulla spiaggia era il “il progetto tipo”                 n. 394 del 1971 rilasciato all’ allora unico “concessionario” dell’ intero arenile e cioè, all’ Azienda di Soggiorno. Con tale documento, a fronte di uno stato di fatto rappresentato, venivano assentiti degli ampiamenti dei locali accessori agli stabilimenti balneare.  Dall’ esame comparato dei rilievi aerofotogrammetrici dal 1969 al 1973 si appurava che in parte questo progetto ha avuto esecuzione e che lo stato di fatto rilevato corrispondeva a quanto materialmente in essere al tempo dei rilievi. Le susseguenti considerazioni oggetto di confronto sono state le seguenti e seguenti:

1) può essere attribuita valenza di “titolo edilizio” a tale documento (molto delicato e rischioso) ?

2) Le strutture ad oggi presenti a spiaggia sono le stesse o hanno subito (sicuramente) delle modifiche eventualmente sanabili ai sensi dell’ art. 17 bis della L. Reg. E.R.  23/04 ?

3) L’ atto “autorizzativo a termine” (ora non più presente) per le opere di facile rimozione di cui accenna la relazione del P.P.S.A. del 1980 che dalla sua entrata in vigore avrebbe accompagnato “la concessione demaniale”, può essere, anch’ esso, valutato in termini di titoli edilizio abilitante (delicato e rischioso anche questo)?  Le problematiche aumentavano a dismisura nel momento in cui abbiamo rilevato che il progetto pilota copriva solo la zona sud del litorale riminese (dal porto a Miramare) mentre risultava del tutto scoperta da “documenti e/o progetti” la zona nord di Rimini (da San Giuliano a Torre Pedrera).

Stesso discorso, con i distinguo inerenti alla diversità di prospettive, deve essere riferito al rispetto delle norme volte alla “tutela paesaggistica” in quanto recentemente la sovrintendenza ha piantato dei paletti insormontabili in materia come già riportato la testata in altra occasione.

Prima di redigere qualsivoglia elaborato da presentare al consiglio comunale per il voto d’ adozione prima e di approvazione dopo, è chiaro che tutte le problematiche urbanistico-edilizie presenti nel 2014-15 (non conosco nei dettagli la loro evoluzione in sanatoria o in ripristino) e quelle paesaggistiche cui accennavo devono essere risolte una volta per tutte. Come potrebbe parlarsi di “riduzioni di superfici coperte” (PTCP) o di “aumenti di superfici utili” (Piano Arenile futuro) quando non si abbia certezza che quello che si deve aumentare o ridurre sia “legittimo o legittimato” ?

TITOLARITA’ DELLA PROPRIETA’ DEI BENI CHE INISTONO SULL’ ARENILE

Complementare a quanto appena accennato dovrà essere la risoluzione definitiva di chi sia il proprietario dei manufatti presenti sull’ arenile, tema anch’ esso già trattato da Chiamamicittà .

Sono considerati opere di facile rimozione e quindi di proprietà del concessionario che, ai sensi delle condizioni di concessione, alla “scadenza” (31.12.2023/24) avrà l’obbligo di rimuoverle e quindi verranno valutate in certo modo ai sensi del “conteggio di superficie” a livello pianificatorio; oppure già da adesso li si può considerare “opere di non facile rimozione” e quindi è necessario interloquire immediatamente (almeno per le ricognizioni) con la Capitaneria di Porto e l’ Agenzia del Demanio, per attivare in tempo il procedimento di incameramento da parte dello Stato, anche in questo caso rispettando gli obblighi imposti dalle condizioni di concessione ? E lo Stato avrà interesse a mantenerli o, valutando i disagi maggiori dei benefici, imporrà la rimozione (o il ristoro dei costi se dovesse essere lui a rimuovere) a chi indebitamente li ha posizionati in quanto avrebbe dovuto esclusivamente installare ai sensi delle condizioni di contratto solo “opere facilmente rimovibili”  ?

Anche la risposta a questi ultimi interrogativi andrà inevitabilmente ad incidere sul calcolo delle “superfici” ad oggi presenti sulla spieggia.

 QUOTE DI SPIAGGE LIBERE

Ultimo, ma non secondario tema che i Comuni dovranno affrontare nella pianificazione sarà quello delle quote di arenile da riservare alla libera fruizione. E qui il comune di Rimini ha più problemi di altri Comuni costieri essendo in evidente “ipertrofia concessoria” (91-92% a fronte del solo 8-9% di spiagge libere). La legge delega, art. 4 comma 2, lettera a),  è chiara nel prevedere che i decreti legislativi a cui essa rimanda, debbano garantire un “adeguato equilibrio” tra spiagge in concessione e spiagge libere e/ o libere attrezzate e tale equilibrio non può che attestarsi a livello comunale, visto che le concessioni sono rilasciate dai comuni e del resto così si è già, ad esempio, espressa in questo modo la regione Puglia con una sua legge regionale che stabilisce nel 40% della linea di costa utile di ciascun comune per l’utilizzo con modalità concessoria a fronte di un 60% che deve rimanere alla libera fruibilità dei cittadini (la Consulta con la sentenza n. 40/2017 si è espressa favorevolmente a tale equilibrio). Come già previsto dalla legge Finanziaria del 2007 di cui riportiamo l’ art. 1,  comma  254: “le  Regioni,  nel  predisporre  i  piani  di  utilizzazione  delle  aree  demaniali,  sentiti  i  Comuni  interessati,  dovrebbero  «individuare  un  corretto  equilibrio  tra  le  aree  concesse  a  soggetti  privati  e  gli  arenili  liberamente fruibili [...] e individuare le modalità e la collocazione dei varchi necessari al fine di consentire il libero e gratuito accesso e transito, per il raggiungimento della battigia antistante l’area ricompresa nella concessione, anche al fine di balneazione “, tale materia per forza di cosa deve essere poi trattata in conferenza Staro-Regioni, in quanto ogni realtà costiera è diversa dalle altre. L’ importante è che a livello nazionale i decreti legislativi stabiliscano perentoriamente una percentuale minima per ogni comune di utilizzo in modalità di libera fruizione con la possibilità poi per le regioni di modularla in estensione a seconda delle varie esigenze e sensibilità economico-sociali.

E’ bene che i comuni, Rimini compreso, valutino anche questa problematica in sede di pianificazione onde evitare problemi futuri di “affidamenti creati” per poi essere rivisti e modificati in quanto non conformi alle norme nazionali in tema di equilibri tra modalità libere e modalità concessorie.

Roberto Biagini CO.NA.MA.L.

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