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Sequestri alla Rovereta Srl, i vertici aziendali: “Contro di noi accanimento ingiustificato”

Mettere in discussione il nostro operato, le nostre tecniche e le metodologie utilizzate vuol dire mettere in discussione il modo in cui in Italia vengono trattati da tutti gli operatori del settore 1 milioni di metri cubi di terreno”. In una conferenza stampa allestita nella sede di Petroltecnica spa i vertici dell’azienda guidata da Peo Pivi e quelli di Rovereta srl  di cui l’impresa con sede a Cerasolo è proprietaria al 100%, hanno incontrato i giornalisti per raccontare la loro versione dei fatti, alla luce dei sequestri  all’interno dell’area di stoccaggio di Rovereta srl. Che i dirigenti tengono a precisare essere l’unica coinvolta nei provvedimenti disposti dall’autorità giudiziaria ed eseguiti dai Noe di Bologna. “Nella giornata di ieri questo dato di fatto è passato in secondo piano, ma per quanto le due aziende siano per motivi evidenti legati tra loro costituiscono due realtà completamente distinte”, hanno spiegato ai cronisti i dirigenti di Rovereta srl e lo stesso Pivi che a Chiamamicitta.it aveva già rivendicato la posizione della sua azienda.

Sei i punti contestati dall’autorità giudiziaria, espressioni di condotte che hanno indotto il gip a chiedere il sequestro preventivo dell’area di stoccaggio. “Da una parte la questione delle emissioni odorigene, “accusa” più grave – spiegano i dirigenti -dall’altra la non ottemperanza alle prescrizioni imposte dall’Autorizzazione Integrata Ambientale, discutibili o “risolvibili” con il pagamento di una multa”. Come per esempio l’inadeguata manutenzione dei capannoni e delle vasche di contenimento dei fanghi pericolosi, la pavimentazione dell’area industriale, la irregolare procedura di trattamento delle terre contaminate con la conseguenza di reimmettere nel circuito commerciale inerti frammisti a rifiuti vari, l’insufficienza generale delle dotazioni tecniche con cui si svolgerebbe l’attività di trattamento e recupero.

Per quanto riguarda le vasche di trattamento dei fanghi si tratta di strutture coperte. Ci hanno contestato che alcune parti restano scoperte con la conseguente uscita di odor – spiega l’ex amministratore delegato Nazzareno Cappellini –  I militari sostengono che le aperture portano all’esterno gli odori. Ma tutto l’impianto è soggetto ad aspirazioni con tanto di camino di emissione autorizzato dall’area. Stando ai nostri rilievi è tecnicamente impossibile che questi miasmi escano da qui”. Si tratta di quei miasmi che avrebbero indotto alcuni cittadini delle abitazioni circostanti a costituirsi come comitato e far partire le segnalazioni. “Cinque persone che evidentemente non hanno idea di che cosa sia la cultura ambientale perché nella zona ci sono tante altre aziende responsabili della fuoriuscita di cattivi odori”.

 La difesa di Rovereta srl passa in linea astratta passa dalla mission espressa dal punto di vista aziendale.I terreni inquinati con idrocarburi che noi sottoponiamo a procedimenti in grado di ripulirli e renderli riutilizzabili è un processo considerabile di economia circolare. In pratica senza queste lavorazioni i terreni finirebbero nelle discariche. Dai terreni, inoltre noi recuperiamo olio che viene rivenduto sul mercato”, ha spiegato Pivi.

Sia Petroltecnica spa che Rovereta Srl lamentano inoltre i danni derivati dai provvedimenti disposti. “Un accanimento giudiziario – spiegano in coro i tre dirigenti – con conseguenze potenzialmente molto dannose qualora non fosse disposto il dissequestro. Dal punto di visto commerciale entrambe le aziende sia Petroltecnica che Rovereta stanno già facendo i conti con il fatto che diversi stakeholders stanno prendendo le distanze da noi. E tutto questo, se non verrà chiarito in fretta potrebbe avere ripercussioni sui lavoratori occupati nelle due aziende, a partire da quelli di Rovereta”.

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