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Rimini stupisce ancora, scoperto a S. Agostino un intero soffitto affrescato nel Medio Evo – FOTO

Rimini non smette di stupire e tanto meno lo fa la chiesa di Sant’Agostino. Lo scrigno della scuola pittorica riminese del Trecento, dove solo dopo il terremoto del 1916 sono riemersi straordinari cicli di affreschi scomparsi da secoli, costringendo gli storici dell’arte a riscrivere le loro pagine, ha svelato un nuovo tesoro fino a oggi del tutto sconosciuto.

Una cappella dalle volte interamente affrescate, oltre 100 metri quadrati di pitture. E’ su questo che stanno lavorando gli archeologi e le restauratrici di Ad’Arte, finanziati dal Rotary Club Rimini e con il pieno sostegno della Parrocchia di Sant’Agostino retta da don Vittorio Metalli, dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Rimini e sotto la supervisione della Soprintendenza di Ravenna.

Marcello Cartoceti

“Nel 2009 – racconta Marcello Cartoceti di Ad’Arte – si erano notate tracce di dipinti nel soffitto della cosidetta ‘cappella feriale’ di Sant’Agostino. E’ adiacente alla sagrestia e tutt’ora normalmente utilizzata per le funzioni. Uno splendido spazio barocco del Settecento, che però veniva ritenuto sorgesse sul luogo della primissima chiesetta dedicata a San Giovanni Evangelista, documentata già nel XII secolo”.

Viene infatti detta di Sant’Agostino la grande chiesa in reatà dedicata a San Giovanni, come si vede dalla grande aquila, simbolo dell’evangelista, che sovrasta l’ingresso laterale dell’edificio. I padri agostiniani vi giunsero a metà del ‘200 e nel 1247 si dava inizio alla costruzione del complesso monastico, divenuto ben presto centro culturale di primissimo piano.

L’A.R.R.S.A. (Associazione Riminese per la Ricerca Storica e Archeologica) aveva promosso e fatto effettuare delle prime ricerche. “Quelle labili tracce di affresco – prosegue Cartoceti – ci restarono in mente come un tarlo. Cosa poteva ancora esserci là sotto?”. Anche di recente, infatti, altri affreschi erano stati trovati nella sala dell’ex cinematografo.

Passano gli anni ma solo negli ultimi mesi si trovano le risorse e si può partire con i sondaggi. Nel maggio e giugno di quest’anno si inizia a scrostare i bianchi intonaci del Settecento. E le restauratrici Rossana Allegri e Marianna Clementini non credono ai loro occhi: l’intero soffitto è completamente affrescato e probabilmente potrà essere riportato alla luce.

Le quattro vele di cui si compone la volta sono decorate con una raffigurazione “a tetramorfo”, ovvero con i simboli dei quattro Evangelisti: l’aquila di Giovanni, il leone di Marco, l’angelo di Matteo, il bue di Luca. Sono racchiusi in dei tondi e sormontati ognuno da una lettera iniziale di grandi dimensioni di stile gotico – fiorito. Le lettere non sono altro che le iniziali dei quattro Evangelisti.

Per ora sono state riportate alla luce le quattro iniziali e settori delle raffigurazioni policrome dei simboli degli Evangelisti: buona parte del Leone di San Marco, il volto dell’Angelo di San Matteo, la testa dell’Aquila di San Giovanni e parte del Bue di San Luca. Queste raffigurazioni sono state eseguite tra i costoloni, decorati con motivi vegetali-floreali policromi e una campitura di fondo monocroma chiara.

“Si può ipotizzare – spiega ancora Cartoceti – che gli affreschi possano datarsi alla seconda metà del XIV
secolo o agli inizi del XV”. Dunque ci troveremmo nell’epoca immediatamente successiva a quella dei “Trecentisti” riminesi, generazione di pittori spazzata via dalla grande peste del 1348. I Malatesta signori della città in quel periodo erano Galeotto, Pandolfo e Carlo.

La famiglia era all’apice della potenza, ma fin dalla suo avvento al potere della città alla fine del ‘200 aveva sostenuto con forza l’ordine degli Agostiniani. Che a Rimini aveva messo in piedi uno dei suoi centri maggiori; vi tenne ben due capitoli generali, fra la fine del ‘200 e l’inizio del ‘300, mentre diversi esponenti divennero personaggi di primo piano della loro epoca, dal Beato Tommaso benefattore dei poveri al grande teologo Gregorio da Rimini. Lo Studium degli Agostiniani di Rimini era una vera propria università,  dotata di una ricchissima biblioteca.

Siamo solo agli inizi della ricerca e tutti gli specialisti sono chiamati ora dare il loro contributo per chiarire chi fossero gli autori degli affreschi e perchè li vollero proprio in quelle forme. E sono forme non usuali. Per esempio anche a Tolentino pittori della scuola riminese rappresentarono i quattro evangelisti e sempre in una volta, ma di persona e non con le loro iniziali assocate ai simboli tradizionali. Una raffigurazione che a prima vista richiama semmai le miniature. Se non che le figure ritrovare a S.Agostino non sono affatto minuscole ma enormi e realizzate a più di dieci metri da terra. Significative somiglianze sembrano esserci anche con le maioliche riminesi dell’epoca, anch’esse in gran parte ancora da studiare scientifcamente.

Di certo, intanto, un nuovo tassello va ad aggiungersi alla storia artistica della città, riempiendo un vuoto di cui non si sapeva praticamente nulla, se non nudi elenchi di nomi, come quelli raccolte da Oreste Delucca, dei pittori che in quel periodo operarono a Rimini. Attendendo l’esito del paziente lavoto del bisturi, che centimentro dopo centimetro sta svelando questo tesoro dimenticato. Sempre che sia l’unico. Anche i muri della “cappella feriale”, almeno nella loro parte superiore, sembrano celare altri dipinti. Sant’Agostino ha certamente in serbo altre meravigliose sorprese.

Stefano Cicchetti

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