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‘Tutto quello che so del grano’, a Novafeltria un teatro tutto da mangiare

‘Tutto quello che so del grano’. È questo il titolo del nuovo spettacolo che la compagnia bolognese Teatro delle Ariette metterà in scena domani 23 marzo (inizio ore 21,00), al Teatro Sociale di Novafeltria. Sarà un’autobiografia in cucina, tra grano, terra, lettere d’amore e ricordi con una particolarità: gli attori prepareranno il pane sul palco e lo offriranno al pubblico dopo lo spettacolo. Abbiamo chiesto il perché di questa scelta del pane ‘cotto e mangiato’ e tante altre cose a Stefano Pasquini, attore e regista della compagnia.

Pasquini, da quanto tempo il Teatro delle Ariette è sul palco?

«La nostra compagnia è attiva dal 1996, quindi sono ormai 21 anni».

Quante rappresentazioni avete portato in scena fino ad oggi?

«Ne abbiamo fatte davvero tante nel nostro territorio, in giro per Italia e l’Europa. Solo ‘Teatro da mangiare?’ ha fatto più di 1000 repliche, poi ci sono tutti gli altri spettacoli che abbiamo fatto con il cibo, con e senza animali, e le tante attività di formazione, di laboratori, di creazioni e progetti speciali».

Perché avete scelto di chiamarvi così?

«Ci chiamiamo Teatro delle Ariette, perché la sede della nostra compagnia, che è anche il luogo dove io e Paola Berselli viviamo, è una piccola azienda agricola sulle colline di Castello di Serravalle, in provincia di Bologna, che si chiama le Ariette come dicono le mappe catastali. E noi, senza troppi sforzi di fantasia, abbiamo preso il nome da questo luogo che ispira e nutre il nostro teatro».

Da quante persone è composta la vostra compagnia?

La nostra compagnia, fin dalla sua fondazione, è composta da un nucleo stabile di tre persone che siamo: io, Paola Berselli e Maurizio Ferraresi. In questo momento di stabili ci sono anche Irene Bartolini, che si occupa di organizzazione e amministrazione, e Massimo Nardinocchi, che cura la parte tecnica. Ma in tutto il nostro percorso abbiamo incrociato e condiviso il lavoro con tanti collaboratori di tante nature diverse tra i quali Stefano Massari, che ci segue da sempre come videomaker. La nostra è la realtà di una piccola compagnia artigianale, ma aperta al mondo».

Che cosa è per voi il teatro sociale?

«Non ci piace la definizione di teatro sociale. Ci piace parlare di teatro e basta. Il teatro è per sua natura politico e sociale, perché è il luogo dove la comunità si trova per riflettere su se stessa e sui propri destini sia in termini sociali che in termini individuali quindi esistenziali e politici».

In questa rappresentazione la protagonista indiscussa sarà la terra. Come mai?

«La protagonista è la terra, perché è quel pianeta sul quale abitano gli esseri umani. È protagonista la terra, ma sono protagonisti soprattutto gli essere umani. È protagonista la relazione tra l’essere umano e la terra, la natura, perché la nostra vita non ci sarebbe se questa non fosse presente a sostenere i nostri piedi».

‘Tutto quello che so del grano’ è il titolo della vostra opera. Ma voi quanto ne sapete del grano? Come vi è venuta l’idea di fare il pane in scena e darlo poi da mangiare al pubblico?

«Più passa il tempo e più mi sembra di saperne meno del grano. Si parte sempre con grandi certezze ma alla fine quelle che aumentano sono sempre le domande e non le risposte. Penso sia anche la ricchezza della nostra intelligenza che ci porta a farci domande. Quello che sappiamo del grano è che, vivendo in campagna da trent’anni, lo coltiviamo, lo raccogliamo, lo trasformiamo, lo maciniamo, ne facciamo del pane, della pasta. E quindi non è che ci sia venuta l’idea di fare il pane in scena, è che il pane lo facciamo sempre, tutti i giorni. Quando si mette in scena la quotidianità le relazioni, gli affetti, gli amori, i sogni, i desideri che noi cerchiamo di condividere sempre con gli spettatori, diventa naturale che questo ‘oggetto’ simbolico che è il pane, che rappresenta la condivisione, quello che la terra ci offre, entri a pieno titolo come materia sulla scena, su cui interrogarsi e da condividere».

Avete già in mente il tema della prossima rappresentazione?

«Il nuovo spettacolo lo abbiamo presentato in anteprima proprio in questi giorni a ‘La Soffitta’ all’Università Bologna, all’interno di un bellissimo progetto curato da Silvia Mei e che l’Università ha dedicato ai vent’anni della nostra compagnia. Il titolo è ‘Attorno a un tavolo. Piccoli fallimenti senza importanza.’ Il tema è il ritrovarsi in uno spazio condiviso da attori e spettatori, attorno a un tavolo, e farsi domande sul nostro presente. Noi, che non siamo più giovanissimi, abbiamo voglia di continuare a interrogarci sui meccanismi che regolano la nostra vita, sui nostri sogni e desideri e su quei piccoli fallimenti che hanno accompagnato e accompagneranno sempre la vita di ogni essere umano. Quei piccoli fallimenti che ci fanno così umani, sensibili e fragili. È uno spettacolo che si interroga sulla bellezza della fragilità umana. Sulla sua fragilità come essenza stessa dell’umano».

Nicola Luccarelli

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