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Giampiero Rappa al Novelli: “Quando l’affermazione di sé copre solo il vuoto”

‘Nessun luogo è lontano.’ Si chiama così lo spettacolo che oggi, mercoledì 21 marzo (ore 21,00), l’attore, drammaturgo e regista teatrale genovese Giampiero Rappa porterà in scena al Teatro Novelli di Rimini. Rappa, 45 anni, ha fondato tra le altre cose la compagnia Gloriababbi insieme a Filippo Dini, Sergio Grossini e Mauro Pescio. Generalmente scrive e dirige tutti i suoi spettacoli e anche in questo caso non ha fatto eccezione. Nel testo si parla di orgoglio, conflitti tra genitori e figli, amore e perdono. Al centro della scena una giornalista, che deve intervistare un ex scrittore di successo. Ma cerchiamo di capire qualcosa in più su questa rappresentazione, ponendo qualche domanda al regista in persona.

Giampiero Rappa e Valentina Cenni in “Nessun luogo è lontano” (Foto di Manuela Giusto)

Rappa, quando ha cominciato con la recitazione?

«Ho iniziato a scuola, quando frequentavo il quarto anno all’Istituto tecnico Industriale, nell’ambito di un progetto finanziato dal ministero dell’istruzione che si chiamava ‘Progetto giovani.’ Si potevano scegliere attività extrascolastiche di carattere artistico, come la musica e il teatro. Giorgio Scaramuzzino, noto attore della compagnia del Teatro dell’Archivolto di Genova, doveva mettere in scena la vita del poeta Camillo Sbarbaro. Dopo una serie di provini mi scelse per quel ruolo, che interpretai prima a scuola e poi in teatro. Finite le superiori ho fatto le audizioni per entrare alla scuola del Teatro Stabile di Genova. Lì ho incontrato anche quelli che sarebbero diventati i miei futuri compagni di viaggio con i quali poi ho messo insieme la compagnia e lavorato per anni».

Con la scrittura invece?

«Quale anno dopo, a Roma, insieme a Fausto Paravidino abbiamo scritto un testo dal titolo ‘Gabriele’, una commedia divertente che raccontava le disavventure, lavorative e non, del gruppo, vissute nella capitale dopo aver lasciato Genova. Dopo quella felice esperienza ho continuato a scrivere per la compagnia Gloriababbi Teatro».

E la regia? È più difficile dirigere o recitare?

«La mia prima regia è stato lo spettacolo ‘Gabriele’. Nella regia si conduce il gioco, bisogna avere pazienza, trasmettere entusiasmo e fare scelte. Si vestono i panni del leader per tenere insieme la squadra di attori e tecnici. Quando reciti, invece, devi essere presente a te stesso, ai compagni e al pubblico. Il tuo corpo deve essere allenato. Sono due realtà diverse, e anche il tipo di progetto o personaggio che devi interpretare fa la differenza».

Parliamo di questa questa sua ultima rappresentazione. La protagonista è una giornalista?

«Sì, esatto. Per poter raccontare il personaggio della giornalista, in questo caso, inviata di guerra, mi sono documentato leggendo materiali riguardanti le donne mandate a raccontare i conflitti. Ma in particolare ho avuto la fortuna di incontrare Barbara Schiavulli, bravissima e sensibile reporter su tanti fronti, che mi ha aiutato molto a definire meglio il personaggio. La figura dello scrittore è in qualche modo un archetipo. Questo non è un testo che parla di letteratura e dello scrivere. I tre personaggi scrivono sì, compreso il nipote, ma i veri temi sono la rabbia, il senso di solitudine dei personaggi, il bisogno quasi disperato di affermazione di ognuno di loro per poter compensare il proprio vuoto. In qualche modo si parla anche dei problemi della genitorialità e dei conflitti di una famiglia, pur non vedendone mai una reale in scena».

Nella sua opera si parla appunto solitudine e di una baita, come metafora dove vivere al meglio questa condizione. Secondo lei, la solitudine è una fidata compagna di viaggio per lo scrittore e il giornalista? È necessaria per arrivare a centrare l’obiettivo?

«Lo scrittore della commedia si è isolato da anni ormai, non vuole più scrivere e vedere nessuno. Ha abbandonato il mondo letterario. La giornalista inviata di guerra gira per il mondo, ma fugge anche lei da qualcosa, o da possibili rapporti sentimentali, per esempio. Il nipote dello scrittore scappa da scuola è somiglia in qualche modo al protagonista de ‘Il giovane Holden.’ Gli scrittori, ma non tutti, hanno bisogno della solitudine per creare, ma prima di raccontare storie devono confrontarsi con gli altri, fare esperienze, osservare, stare in ascolto, insomma vivere».

A cosa sta lavorando in questo momento?

«Sto lavorando contemporaneamente a due testi, ma i miei tempi di scrittura di solito sono lunghi, non ho mai fretta di finire un copione. In questo momento recitare mi permette di avere nuovi stimoli anche per la scrittura e la regia.’

Nicola Luccarelli

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