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Quando Pelè incantò Riccione e si comprò le scarpe da Saponi

Addio a Pelé, leggenda del calcio mondiale. Aveva 82 anni, era ricoverato all’Albert Einstein di São Paulo da fine novembre; le sue condizioni si erano agggravate per un tumore al colon di cui soffriva da tempo e per cui era stato operato nello stesso ospedale nel settembre del 2021. Aveva contratto anche il Covid. Lascia la moglie Nomi Aoki e sette figli.

“Tutto ciò che siamo, è grazie a te. Ti amiamo infinitamente. Riposa in pace”. Così, aggiungendo l’emoticon di due cuori e una foto delle sue mani ‘intrecciate’ con quelle di sorelle e nipoti, la figlia di Pelé, Kely Nascimento annuncia su Instagram la morte del padre.

Se il calcio non si fosse chiamato così avrebbe dovuto avere come nome Pelé, scriveva Jorge Amado. Con lui davvero se ne va anche una parte importante di questo sport, quella a misura d’uomo e di campione che ha caratterizzato il ventesimo secolo. D’altra parte Edson Arantes Do Nascimiento (come si chiamava prima di diventare un bisillabo dalla popolarità siderale pur in assenza di social) del calcio e stato indiscutibilmente O Rei, come lo soprannominarono estasiati i suoi connazionali brasiliani. Unico calciatore a vincere tre mondiali, il primo a 17 anni, 1279 reti segnate in carriera.

Fuoriclasse in tutto: destro, sinistro, velocità, dribbling e colpo di testa. Atleta del secolo (assegnato dal Cio nel 1999), calciatore del secolo (ex aequo con Maradona). O Rei è stato con Muhammad Alì l’atleta più celebre della storia, famoso nei punti più remoti del mondo come nelle grandi capitali.

Nessun altro sportivo ha avuto più spettatori di lui, e la sua faccia è tuttora, molti anni dopo il suo ritiro, tra le più popolari del pianeta. E’ stato intervistato e fotografato più di qualsiasi altra persona: statisti e divi del cinema. E’ stato accolto da ‘Rei’ in 88 nazioni, e ricevuto da 70 premier, 40 capi di Stato e tre Papi. In Nigeria venne dichiarata una tregua di 48 ore ai tempi della guerra con il Biafra perchè tutti, da entrambi gli schieramenti, potessero vederlo giocare. Lo Scià di Persia lo aspettò tre ore in un aeroporto solo per potersi fare una foto con lui, le guardie alle frontiera cinese abbandonarono i loro posti e si spostarono a Hong Kong, attirandosi le ire del regime, solo perchè avevano saputo che la Perla Nera si trovava quel giorno nella città-colonia. In Colombia Pelé fu espulso durante una partita, e la folla invase il campo costringendo l’arbitro alla fuga. Il match riprese solo con il ritorno in campo del grande brasiliano, a quel punto la folla tornò disciplinatamente sugli spalti. Quando aveva 20 anni in Brasile venne dichiarato ”tesoro nazionale”, e fu quindi proibita la sua cessione all’estero: ci rimase male il presidente dell’Inter Angelo Moratti che sognava di portarlo in nerazzurro e gli aveva fatto offerte molto serie.

Il 20 giugno 1967 il Santos durante una tournè in Europa giocò un’amichevole con il Venezia allo stadio comunale di Riccione. Un evento epocale, ancora tramandato con tinte di leggenda da chi vi potè assistere. Così lo raccontò l’allora giovanissimo giornalista Marzio Cesarini su  su Famija Arciunesa:

Giugno 1967, quando Pelè venne a giocare a Riccione

Il Santos si impose per 1-0 su neroverdi, che avevano appena concluso il campionato di Serie A con la retrocessione. A marcare Pelè, in quella gara, fu Sergio Santarini, in prestito dal Rimini. La sua prestazione fu molto valida, tanto che per lui si aprirono le porte della serie A: l’Inter e poi la Roma, di cui diverrà capitano.

Pelè era già stat a Riccione l’anno prima mentre era in viaggio di nozze in Italia. In quell’occasione andò a comparsi delle scarpette da Silvano Saponi. La Scarpa d’Oro di Riccione Paese era già un laboratorio artigianale rinomatissimo nel mondo del calcio. E infatti O Rei vi incontrò un altro grande campione di quegli anni, il centrocampista tedesco Helmuth Haller allora stella del Bologna “che tremare il mondo fa”.

Pelè, il fotografo Epimaco “Pico” Zangheri e Helmuth Haller

Nel pubblicare la foto su Facebook, Mariella Saponi, figlia di Silvano, racconta: “Non poco tempo fa ho scoperto che nel museo del calcio di Rio De Janeiro  in una teca, assieme alla foto del grande Pelé ci sono le scarpe di mio papà . Questa è la storia di Riccione”.

 

 

 

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