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Pensierino di Natale per il Pd

Pensierino di Natale: vorrei un congresso del PD entro giugno in cui non ci fossero leader che si scontrano (Speranza, Rossi, Emiliano, magari divisi come alle primarie di Milano), ma programmi di politica economica e sociale che si confrontino duramente per dare una linea, cioè un’anima, ad un partito che non ne ha. Dopo di che, divenuti tutti più forti, l’uomo con la barba bianca (non Carlo Marx, meglio non scomodarlo per così poco, intendevo Babbo Natale!) faccia in modo che si trovi una mediazione con cui rivolgerci uniti al nostro popolo.

Non mi sono del tutto chiare le due principali decisioni dell’Assemblea Nazionale del PD di domenica 18 dicembre:

1) andare appena possibile ad elezioni;

2) non tenere il Congresso in questa fase perché rischierebbe di diventare una conta tutta interna.

Sul primo punto non ho obiezioni di rilievo. E’ vero che lo scioglimento del Parlamento è compito del Presidente della Repubblica, però la famosa “non vittoria” di Bersani ha determinato l’assenza di ogni maggioranza parlamentare senza il PD. Se il PD staccasse la spina, non ci sarebbe altro che il voto. Ma è noto che staccare la spina può essere pericoloso.

Urge una riflessione sulla Legge Elettorale alla luce di almeno tre questioni rilevanti:
a) la grande affluenza al voto referendario: tutti sono concordi che si tratti di una forte domanda di partecipazione. Sembra un’affermazione banale, ma non lo è, perché contrasta con il racconto in base al quale nelle società mediatiche ci vogliono leader carismatici, uomini soli al comando circondati da pochi fedelissimi, decisioni rapide, ecc. Partecipazione significa voglia di contare, di essere parte attiva nel processo decisionale, vuol dire “prendere parte” attraverso i cosiddetti “corpi intermedi” (partiti, sindacati, associazioni, forme varie di sussidiarietà, ecc.). Una democrazia lenta? Forse, ma una democrazia attiva. In ogni caso, più gli obiettivi sono chiari, più la decisione è veloce, anche nel bicameralismo.

b) il superamento dell’Italicum (la legge che tutti ci invidiano!) che appare incostituzionale in almeno due punti: l’eccessivo premio di maggioranza, i capilista bloccati. Vedremo cosa dice la Corte, ma il fatto che sia stata rinviata la decisione a dopo il Referendum è di per sé eloquente.

c) l’ormai consolidato tripolarismo ( potremmo anche dire quadripolarismo con la destra lepeniana), produce risultati elettorali ambigui, con apparentamenti innaturali e chiede una riflessione approfondita. Il ritorno al Mattarellum è interessante perché valorizza il rapporto fra territorio e candidato, ma non sarà semplice.

Per inciso aggiungerei che la domanda di partecipazione di cui sopra ha un prolungamento naturale nei referendum sindacali sul job act. Va da sé che se qualcuno pensasse di disinnescare i referendum non potrà usare “furberie”, ma rispondere ai quesiti posti.

Sul secondo punto ho invece molte obiezioni. E’ abbastanza impressionante che noi abbiamo paura di discutere dopo una sconfitta come quella del referendum; la presenza della Boschi nel Governo Gentiloni è l’incarnazione di questa paura della riflessione.

La nostra “vocazione maggioritaria” si è infranta contro un popolo che non ha voluto riconoscerla. Vocazione maggioritaria, nell’accezione veltroniana, è saper rappresentare lo spirito della maggioranza del paese. Il popolo ha letto la Riforma Costituzionale come lo strumento di conferma tecnica (un assetto istituzionale verticale) e di consolidamento di riforme che non ha condiviso. E’ sbagliato dire che il popolo si è disinteressato del merito della Riforma, il popolo ha invece colto, meglio dei commentatori politici, la connessione fra Riforma Costituzionale e politiche del Governo. E le ha bocciate insieme. Ora direi che il problema non è più Renzi, ma è la linea politica con la quale ci rivolgiamo agli elettori. Ecco perché occorre un dibattito franco e costruttivo.

Dalla Segreteria Renzi, pur ammettendo la grave sconfitta, rischia di emergere invece una “vocazione minoritaria” che si nasconde in frasi tipo: non ci hanno capito, non credevo mi odiassero così, puntiamo su quel 41% di sì, ecc.

Però sui diritti civili il Governo Renzi ha fatto bene. Sì, ma non basta: è magnifico ampliare i diritti degli individui, ma mentre lo fai con la mano sinistra, la tua mano destra non deve ridurre i diritti delle classi lavoratrici. Questo non è stato accettato dal popolo.

Dobbiamo ritrovare il gusto della ricerca e del pensiero critico per vedere, nell’intrico della società di oggi, il filo rosso da tirare per riprendere il cammino del progresso. Un solo esempio: mettere tutto ciò che abbiamo sugli investimenti piuttosto che sul consumo. Il consumo strutturalmente aumenterà quando ci sarà più lavoro disponibile.

Una cosa è certa: il liberismo dell’1%, essendone la principale causa, non ci salverà dalle migrazioni, dall’effetto serra, dalle diseguaglianze crescenti, dalla disoccupazione di massa. Vocazione maggioritaria significa saper parlare al 99% proponendogli percorsi che, pur implicando sacrifici, creino prospettive e dobbiamo usare il linguaggio della verità, come fece Berlinguer parlando di “austerità” in piena società dei consumi.

Giuseppe Chicchi

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