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Miranda Arduini “Storia territorio riflessioni armonie. Castrum Meleti”, Panozzo

Il titolo del volume non rende merito, o meglio non esplica chiaramente, l’incredibile quantità di notizie che l’Autrice ci comunica in oltre 300 pagine. Rischia di essere visto solo come una ricerca locale dedicata al Castello di Meleto, forse il più piccolo del territorio riminese e della valle del Conca, ed anche quello più sconosciuto e deturpato nella sua originaria configurazione. In realtà ad esso è dedicato solo un terzo del lavoro, circa 90 pagine. Un lavoro prezioso per costruire un “case history” ed avere un esempio concreto da esaminare alla luce delle ampie premesse dedicate alla nascita dei castelli nel riminese, alla loro tipologia, ai materiali usati per costruirli, alle famiglie che ne detenevano il controllo, a chi progettava gli edifici.

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Meleto, la chiesa Santa Maria

“Dalla seconda metà del Duecento si riscontra la creazione di nuovi castelli [nel Riminese], che raggiunse probabilmente la sua massima espansione nel corso del Trecento. I documenti tardo medievali descrivono il territorio riminese come una realtà costellata da oltre 100 organismi fortificati, i quali comprendono tombe, palazzi e torri e le strutture murate più complesse, i castra”. Fra il X e il XII secolo i nuclei fortificati documentati erano solo una trentina.
“Le fortificazioni erano edificate dal signore territoriale, il quale poteva appartenere ai vari gradi dell’aristocrazia, oppure erano edificate per volere del vescovo, o ancora dall’abbazia che deteneva le grandi proprietà fondiarie”.

Dalla seconda metà del Trecento i Malatesta assorbono ed espandono il sistema di fortificazioni all’interno del loro dominio territoriale. Questo avviene anche nella Vallata del Conca. Se nel X secolo esistevano solo i castelli di Croce e di Conca, nel XIV secolo si erano aggiunti il castello di Montefiore Conca (“forse il più caratteristico dei castelli malatestiani”, pressoché imprendibile), il castello di Montegridolfo (distrutto nel 1337 da Ferrantino Malatesta e ricostruito l’anno seguente da Galeotto Malatesta), il castello di Mondaino, il castello di San Giovanni in Marignano, il castello di Saludecio, la rocca di Montescudo, il castello di Albereto. A queste strutture principali ne fanno capo tante altre minori: Meleto, Cerreto, Agello, Croce, Castelleale, Montecolombo, Gemmano, Marazzano, Inferno, San Savino.

Meleto

Meleto

Nelle considerazioni sulle fortificazioni della Vallata del Conca dovrebbero essere ricomprese anche quelle del corianese (non trattate dal libro della Arduini), in quanto facevano comunque parte del sistema difensivo del territorio malatestiano, in particolare negli anni di Sigismondo. “Egli governa attraverso uomini di sua fiducia dislocati nei vari castelli; questi ultimi sono importanti per assicurare la difesa e la tutela esterna e interna del territorio, per difendersi dai nemici, per comunicare il proprio potere, per esercitare un certo controllo sui potenti locali”.

La sicurezza era data anche dalla fedeltà dei capitani al comando dei castelli. Fedeltà che andava ricompensata, se è vero che il capitano del castello di Coriano (ultimo baluardo difensivo prima di arrivare a Rimini) era quello più pagato.

“Nel Quattrocento il ruolo dell’architetto acquista sempre più onorabilità e prestigio … Nel Cinquecento la figura professionale dell’architetto trionfa, egli riassume tutta la competenza artistica e tecnica, studia e dirige l’esecuzione delle opere, ottiene onorificenza e lauti compensi …”. Per esemplificare questa evoluzione l’Arduini ci racconta della presenza nel riminese di Filippo Brunelleschi, di Leon Battista Alberti, di Francesco di Giorgio Martini, di Leonardo da Vinci. “Questi quattro grandi maestri e illuminati del tempo, ebbero un ruolo nel nostro territorio e zone attigue, un territorio, quello esaminato, dove nei secoli precedenti, la disciplina architettonica non aveva avuto radici profonde e, dove per lungo tempo, gli ideatori ed esecutori furono dei perfetti sconosciuti, probabilmente competenti capimastri o semplici costruttori”.

La ricerca realizzata da Miranda Arduini è dunque un viaggio fatto a ritroso nel tempo (dal Mille alla metà del Novecento), ricostruisce la storia della valle del Conca, compie un’analisi storico-architettonica dei tanti insediamenti fortificati medievali che caratterizzano tutta la vallata. A cui aggiunge le considerazioni sugli edifici religiosi, la viabilità, i borghi. E poi una grande attenzione a tutto quello che oggi chiameremmo la capacità produttiva di realizzare ciò che serviva per queste edificazioni: mattoni, calce, laterizi ma anche manodopera qualificata. Cioè una società viva, in grande trasformazione, anche se con tempi naturalmente molto più lunghi di quelli odierni, ma che comunque disegna un Medioevo molto diverso da quello semplificato nel clichè dei tempi bui ed immobile. Il Rinascimento italiano nasce in questi anni, che comunque bui e immobili non furono. Anche a Rimini. Anche nella Valle del Conca.

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