«Non sono un terrorista»: si difende così Giulio Lolli davanti al Gip di Roma, Cinzia Parasporo. L’imprenditore di Bertinoro, con varie accuse al suo carico per il crack di Rimini Yacht e latitante da 9 anni, deve il suo rientro forzato in Italia alle nuove imputazioni che gli sono piovute addosso.
Lolli è stato infatti espulso dalla Libia, dove stava scontando una condanna all’ergastolo, perché gli inquirenti italiani ora gli addebitano attività di terrorismo e traffico d’armi: tecnicamente, come hanno spiegato i magistrati, è considerato un “foreign fighter”. Gli viene contestato fra l’altro l’utilizzo di imbarcazioni che al suo comando avrebbero trasportato armi e rifornimenti fra Misurata e Bengasi, a favore di una delle milizie che stanno combattendo contro il governo di Tripoli. Uno di questi natanti sarebbe la barca a vela a bordo della quale Lolli 9 anni fa era fuggito dall’Italia inseguito dal mandato d’arresto della procura di Rimini. Dopo il suo approdo in Libia, per questa impresa il broker si era auto-nominato “l’ultimo pirata”.
«Io l’Isis l’ho sempre combattuto» ha sostenuto oggi “Capitan Karim”, come si faceva chiamare in Libia dopo la sua rocambolesca evasione dal carcere di Tripoli durante un bombardamento, il suo arruolamento in una delle milizie che combattevano il dittatore Gheddafi, la conversione all’Islam, la nomina a ufficiale della guardia costiera delle milizie di Misurata.
Il difensore di Lolli, avvocato Antonio Petroncini, ha annunciato che ricorrerà al giudice del riesame contro l’ordinanza che ha portato il suo assistito a essere prelevato dalla prigione libica, dove stava da due anni, per essere espulso, in base agli accordi anti-terrorismo italo-libici, rinchiuso in una cella a Regina Coeli. Sempre che non debba finire in un carcere di massima sicurezza, come è previsto per accuse del tipo che lo riguardano e dati anche i suoi notevoli precedenti in fatto di evasioni.
