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Il giornalismo d’inchiesta è ancora vivo e DIG Awards Riccione premia quello di tutto il mondo

Anche quest’anno, dall’1 al 3 giugno, a Riccione arriverà il ‘gotha’ del giornalismo investigativo italiano e internazionale. Al Palazzo del Turismo, infatti, si svolgerà la quarta edizione del DIG Festival, con seminari e conferenze dei più grandi e affermati professionisti dell’informazione. Giornalisti del calibro di Angelo Mincuzzi e Roberto Galullo del Sole 24 Ore, Nico Piro del TG3 e Pablo Trincia, Iena e coautore della serie Veleno su Reubblica.it. Ma diversi giungeranno anche da oltreoceano, come Claudine Blais, produttrice esecutiva del programma canadese Enquète di Radio Canada e Susan Reber del Center for Investigative Reporting. Insomma, una grande manifestazione che coinvolgerà sia gli addetti ai lavori, che potranno partecipare ai tanti corsi di aggiornamento accreditati dai vari ordini regionali, ma soprattutto che presenteranno i loro reportage d’inchiesta alla giuria, fino ai semplici appassionati di questa materia, perché l’evento è aperto a tutti. Una delle organizzatrici che sta dietro alle quinte di tutto questo è Sara Paci, ha 40 anni, e viene da Rimini. Laureata in Storia Contemporanea, è stata responsabile di produzione di programmi tv, documentari e progetti formativi. Dal 2007 ha lavorato come Project Manager al Premio Giornalistico Ilaria Alpi ,mentre oggi coordina le attività dell’Assocazione DIG.

Sara Paci

Sara, perché è stato creato questo festival? Quanto è importante per il giornalismo d’inchiesta e, soprattutto, perché è stata scelta Riccione come location?

«DIG | Documentari Inchieste Giornalisti è un’associazione che nasce a Riccione nel 2015 dall’esperienza dell’associazione Ilaria Alpi e del Premio giornalistico televisivo intitolato all’inviata Rai uccisa nel 1994 a Mogadiscio insieme al cameraman Miran Hrovatin.
La conclusione, nel 2014, di quell’esperienza è stata l’occasione per soffermarsi su analisi di settore, per riflettere sui pregi e limiti di un percorso ventennale che associa Riccione al giornalismo televisivo. Del Premio Alpi condivide in particolare il ruolo di presidio del giornalismo d’inchiesta: un ruolo riconosciuto anche dal rapporto Deterrence of fraud with EU funds through investigative journalism in EU-27, che individua nel Premio intitolato alla giornalista Rai, un’iniziativa strategica ‘per assicurare l’indipendenza dei giornalisti dagli interessi economici o politici presenti in Italia’ e che definisce la condizione del giornalismo investigativo italiano ‘tense and difficult’, e cita alcuni dei rischi a cui sono sottoposti i reporter nel nostro Paese, in particolare l’uso intimidatorio delle cause per diffamazione e le minacce della criminalità organizzata».

Ilaria Alpi e Miran Hrovatin

Che obbiettivi si è posti DIG?

«L’associazione DIG nasce con l’obiettivo di contribuire a un cambio di tendenza. Incoraggia attivamente la libera informazione e il giornalismo investigativo, e lo fa in modo concreto: contribuendo all’aggiornamento professionale dei giornalisti italiani; sostenendo la produzione di progetti e prodotti videogiornalistici in Italia e in Europa; favorendo la distribuzione all’estero dei lavori videogiornalistici italiani».

Fino ad oggi, con quali risultati?

«In questi tre anni DIG ha contributo alla produzione di oltre una decina di lavori, alcuni realizzati o trasmessi da Sky Italia, altri da Arte, dalla televisione pubblica svedese, ha sostenuto il networking tra professioni e la creazione di nuovi team di lavoro, ha offerto percorsi formativi o singoli moduli di aggiornamento a oltre 4.000 giornalisti italiani. DIG, al tempo stesso, opera per sensibilizzare i cittadini sui temi connessi alla democrazia, ai diritti umani e civili, alla libertà di stampa e di espressione. Ha organizzato appuntamenti e rassegne in collaborazione con festival italiani e stranieri, ha prodotto mostre fotografiche, spettacoli teatrali e musicali di impegno civile, ha pubblicato inchieste e saggi, ha lavorato sull’educazione alla legalità, il contrasto alla criminalità organizzata e la cultura della memoria».

Quante persone sono impegnate nell’organizzazione?

«Siamo un team ampio e flessibile, quattro teste pensanti tutto l’anno, ma diventiamo oltre 20 durante il periodo del Festival, includendovi gli addetti alla comunicazione, ai testi, ai video, e poi ci sono i volontari provenienti anche da fuori Rimini, gli studenti delle scuole di giornalismo di Torino e dell’università Cattolica di Milano, tanti fornitori collaborativi, una buona sinergia con l’Amministrazione Comunale e la preziosa collaborazione di alcuni settori come quelli del Turismo e della Cultura».

Il finale dei DIG Awards 2017

Quanti sono giornalisti in gara?

«Oltre 200 opere e 400 giornalisti in concorso confermano la grande attenzione riservata al linguaggio dell’inchiesta dai network dell’Europa occidentale: Germania, Francia, Scandinavia, Svizzera, e dei Paesi anglosassoni come Regno Unito, Stati Uniti, Australia. Continua però a crescere il numero delle inchieste prodotte nel mondo arabo e in Sudamerica, e si affacciano sulla scena Paesi di produzione finora poco rappresentati in concorso: la Serbia, l’Ucraina e, a sorpresa, anche quella Turchia in cui i giornalisti vedono sempre più minacciata la loro libertà. Per quanto riguarda l’Italia, si registra una grande varietà delle testate iscritte: si va dai telegiornali come RaiNews24, Tg3, SkyTg24) ai programmi di approfondimento come Bersaglio mobile, Le Iene, Nemo, Piazzapulita, Presa Diretta, Report, dalle emittenti televisive Rai 1, Rai 3, Tv2000 ai giornali online come Fanpage, fino alle edizioni online di quotidiani e periodici: Corriere della Sera, il Fatto Quotidiano, la Repubblica, l’Espresso, Vice Italia».

Quale temi vengono affrontati?

«Sempre più vari. Tra i filoni principali: la violazione di diritti umani e civili con particolare riferimento a donne e bambini, le dinamiche dell’economia globalizzata e la crisi del sistema bancario italiano anche vista dall’estero. Per gli autori italiani si conferma centrale la riflessione su mafie, corruzione e sfruttamento del lavoro mentre in ambito europeo si riduce leggermente il numero dei reportage dedicati ai migranti, con un’attenzione rivolta più ai nuovi ghetti d’Occidente che ai flussi migratori. In generale, colpisce l’ampio spettro dei Paesi indagati. L’attenzione dei reporter si concentra su tutti gli scenari di crisi più noti degli ultimi anni: Siria, Yemen, Niger, Sud Sudan, Turchia, Ucraina, ma si allarga anche ad altri terreni di tensione: Kurdistan, Bangladesh Venezuela, Cipro, e Paesi in particolare fermento come Brasile, Kenya, Mongolia».

Da chi è composta quest’anno la giuria?

«La selezione di finalisti e vincitori è affidata a una giuria presieduta da Jeremy Scahill, due volte vincitore del George Polk Award e fondatore del sito The Intercept. Insieme a lui compongono la giuria Galia Bador (Docaviv), Claudine Blais (Tv Société Radio-Canada), Alexandre Brachet (Upian), Riccardo Chiattelli (laeffe), Nils Hanson (SVT), Morten Møller (Warmedal NRK), Marco Nassivera (ARTE), Alberto Nerazzini (Dersu), Juliana Ruhfus (Al Jazeera), Andrea Scrosati (Sky Italia) e Pia Thordsen (TV2 Denmark). Professionisti di grande esperienza, originari di nove nazioni: Italia, USA, Canada, Israele, Francia, Germania, Svezia, Norvegia e Danimarca».

E chi sono i finalisti?

«Tra le candidature inviate da tutto il mondo, la giuria ha selezionato 24 finalisti, suddivisi in sette sezioni di concorso tra inchieste, reportage e progetti in fase di sviluppo. Nella sezione Investigative Long, riservata a inchieste video lunghe fino a 90 minuti, si sfidano tre lavori di portata davvero internazionale. La coproduzione ucraino-rumena Killing Pavel, firmata da Anna Babinets per l’agenzia Slidstvo.info, ricostruisce l’assassinio del giornalista bielorusso Pavel Šaramet – spina nel fianco dei regimi di Lukašenko, Putin e Porošenko – ucciso da un’autobomba a Kiev nel 2016. Nell’inchiesta trasmessa da France 2 The Cost of Cotton, Sandrine Rigaud documenta le condizioni estreme dei lavoratori della filiera del cotone, dall’Uzbekistan al Bangladesh, tra sfruttamento minorile e vera e propria schiavitù. Infine, in Spy Merchants il team di Al Jazeera Investigations, tra gli altri Phil Rees e Simon Boazman, indaga sotto copertura sul traffico di software per lo spionaggio: un mercato che favorisce dittatori di tutto il mondo e passa anche per l’Italia».

Poi ci sono sezioni per reportage più brevi; qui chi è in lizza?

«Al Jazeera conquista la finale anche nella sezione Investigative Medium, inchieste video fino a 27 minuti, grazie a North Korea: The Death of Kim Jong-nam. In questo lavoro il team del programma 101 East, guidato dalla giornalista australiana Mary Ann Jolley, indaga sull’incredibile assassinio del fratellastro del leader nordcoreano Kim Jong-un, avvenuto per avvelenamento all’aeroporto di Kuala Lumpur. In Silent Death on Syrian Journey invece Mouhssine Ennaimi, dell’emittente turca TRT, presenta le storie estreme di alcuni profughi siriani, costretti a vendere i propri organi a trafficanti spietati. A contendere il premio alle due inchieste internazionali è Sacha Biazzo di Fanpage.it con Bloody Money, inchiesta su rifiuti, affari e politica da cui sono nate un’indagine della magistratura e uno scandalo politico che ha coinvolto la famiglia del governatore campano De Luca».

E i reportage?

«Quelli giunti fino alla fase finale sono tutti internazionali. Nella sezione Reportage Long, fino a 90 minuti, forte è la presenza francese. In Kompromat l’inviato di France 2 Tristan Waleckx incontra le vittime dei dossieraggi di Putin, mentre nella coproduzione franco-canadese The Empire of the Red Gold Jean-Baptiste Malet e Xavier Deleu mostrano il lato oscuro dell’industria del pomodoro, tra Africa, Italia, Cina e America. Il terzo finalista è un documentario prodotto dal Guardian, White Fright: il premio Emmy David Felix Sutcliffe accende i riflettori sul tentato attacco contro la comunità islamica e afroamericana di Islamberg, nello Stato di New York; tra l’indignazione dei cittadini il responsabile del piano, Robert Doggart, non mai è stato formalmente incriminato per terrorismo. La sezione Reportage Medium, fino a 27 minuti, si divide invece tra i fronti più martoriati del Medio Oriente, filmati da due reportage di ARTE, e meno note persecuzioni sudamericane, documentate dalla tv brasiliana Futura. Iraq: Dying for Mosul di Bernard Genier rivela le rischiose operazioni umanitarie messe in atto in Iraq da un’ONG cristiana fondata da un ex soldato statunitense. Raqqa: The Battle of the Euphrates di Sophie Nivelle-Cardinale e Sylvain Lepetit mostra l’ex capitale dello Stato Islamico nei giorni della sua liberazione, grazie a immagini esclusive raccolte al seguito delle truppe curde. Monoculture of Faith di Joana Moncau, infine, denuncia le violenze dei gruppi evangelici del Mato Grosso do Sul sulle popolazioni Guarani Kaiowá che rifiutano di abbandonare i tradizionali culti sciamanici».

Ma per dare le notizie si utilizzano formati ancora o più ridotti, o con altri tagli come li prendete in considerazione?

«Oltre a inchieste e reportage dal format tradizionale, i DIG Awards premiano lavori videogiornalistici brevi, Short, fino a 12 minuti, e documentari di taglio cinematografico Masters. Per le opere brevi la sfida è tutta italiana, con due nomination per Nemo e una per Piazzapulita: il programma di Rai 2 vede in lizza David Chierchini e Matteo Keffer con Coltan Mines, servizio sull’inferno delle miniere del Congo, ed Emanuele Piano con Doping, il mistero di Alex Schwazer; la trasmissione di La7 raggiunge invece la finale con Francesca Nava e il suo Ceuta nascosta, viaggio in una frontiera prossima al tracollo. C’è un’opera italiana anche tra i finalisti della sezione Masters, Roma. Golpe capitale di Francesco Cordio, documentario su ascesa e caduta di Ignazio Marino. A contendergli la vittoria sono una produzione tedesca, Truth Detectives, e una statunitense, This in Congo: nella prima Anja Reiss documenta l’impatto delle nuove tecnologie nelle indagini sui crimini di guerra; nella seconda Daniel McCabe offre uno sguardo inedito sul lungo conflitto che insanguina la Repubblica Democratica del Congo».

Sono previsti anche finanziamenti per giovani cronisti?

Sì e particolarmente attesa infine è la sezione DIG Pitch, che vedrà sfidarsi sei progetti d’inchiesta per un premio di produzione da 15.000 euro. Raggiungono la fase finale Rosy Battaglia con Alta felicità, Vito Foderà con Il primo anello, Gianluca Loffredo e Sandro Di Domenico con Miracolo d’agosto, Marco Ferrari con Never Whistle Alone, Francesco Murana con Sex Slavery: In the Name of God, ed infine Emanuele Piano con The Rise of the Social Bots. I temi trattati spaziano dal movimento No Tav al narcotraffico, dalle battaglie contro le multinazionali ai whistleblower, dalla tratta delle prostitute nigeriane ai troll online. Durante il DIG Festival Riccione verranno presentate tutte le opere finaliste in presenza degli autori e verranno annunciati i vincitori del DIG Awards 2018 in occasione della cerimonia di premiazione del 2 giugno alle ore 21.00».

Si svolgeranno anche corsi di aggiornamento accreditati dell’Ordine dei giornalisti?

«Per tre giorni la manifestazione proporrà un fitto calendario di seminari accreditati dall’OdG, ma aperti a tutti. Tre giorni in cui leggere la complessità del mondo rivolti a chi si interessa d’attualità. Study case ed esperienze personali, riflessioni e dati per offrire chiavi di lettura utili ad interpretare ed affrontare la contemporaneità anche grazie ad alcune delle inchieste e dei progetti più interessanti dell’informazione internazionale. Il Palazzo del Turismo di Riccione torna, infatti, ad ospitare la DIG Academy un palinsesto di incontri d’approfondimento e seminari, costruiti grazie alla collaborazione di relatori qualificati ed autorevoli protagonisti della comunicazione, che si alterneranno in un’offerta incentrata su tematiche sociali ed economiche, o per gli addetti ai lavori, con moduli dedicati all’innovazione dei linguaggi giornalistici e agli strumenti d’investigazione digitale. Prendono parte alla DIG Academy Carola Frediani Agi che, attraverso lo studio di casi di cronaca, analizzerà il lato oscuro delle valute digitali parlandoci dei bitcoin, argomento tanto discusso quanto difficile. Tornano a Riccione gli esperti reporter di IRPI, Investigative reporting project Italy, al centro dell’attività di inchiesta internazionale su riciclaggio e criminalità organizzata che pone l’attenzione sul ruolo del whistleblower, pilastro delle indagini sul crimine».

Si parlerà anche della rivoluzione digitale e del ruolo dei social?

«Continua a pulsare il cuore di DIG, l’approfondimento sul digitale, confermato dalla presenza dell’Hacking Bar a cura di Hermes Center for transparency and digital human rights, centro di consulenza informatica gratuita su navigazione online, nuove app, device, software alternativi e altre curiosità o buone pratiche, e da incontri su sicurezza, media e tecnologia, informazioni utili a capire come proteggere dati e fonti da intrusioni informatiche. Philip Di Salvo EJO, si interrogherà sulla reale portata del fenomeno delle fughe di dati sensibili, soffermandosi sulle relazioni tra hackeraggi, media e politica e sulla sfida che spetta ai reporter: come trattare i leak senza farsi strumentalizzare? Non può mancare e non mancherà un approfondimento su Facebook, a cura di Federico Nejrotti Motherboar, in cui verranno svelati i segreti della comunicazione del social più usato in Italia, e quello sul visual journalism di Matteo Moretti, designer co-fondatore della piattaforma di visual journalism dell’unibz. Inoltre, questa sarà l’occasione per esplorare, insieme a Gianni Gozzoli e Giorgio Minguzzi, il mondo dei podcast e le sue potenzialità narrative. Infine, Serena Tinari con Swiss organisation for investigative journalism, che racconterà come si fa l’inchiesta transfrontaliera».

Cosa ci dovremo aspettare dalla quarta edizione?

«Alla sera, Piazzale Ceccarini diventerà palcoscenico speciale di spettacoli ed eventi. Sabato 2 giugno alle 21, Vicisa Portel, giornalista e autrice della trasmissione di Dimartedì su La7, condurrà la cerimonia di premiazione del DIG Awards 2018 svelando quali lavori saranno premiati dalla giuria, che sarà accompagnata dalle musiche del Corpo bandistico Città di Mondaino. Anche quest’anno il DIG Festival Riccione e Riccione Teatro presenteranno, domenica 3 giugno alle 21 a ingresso libero, uno spettacolo originale, ovvero la sanguinaria epopea di Pablo Escobar, raccontata con un evento speciale a cavallo tra teatro, musica e fumetti, dal titolo Escobar. El Patrón, nasce dall’omonima graphic novel sceneggiata da Guido Piccoli e disegnata da Giuseppe Palumbo. Lo stesso Palumbo sarà tra i protagonisti della serata di Riccione, insieme a Dany Greggio e a una delle band più apprezzate della scena indie, gli Amycanbe. Quindi, non potete mancare!».

Per ulteriori info: www.dig-awards.org

Nicola Luccarelli

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