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Alla ricerca del fratello perduto da 30 anni, Filippo Michelangelo Ceredi apre Dig Awards di Riccione

Between Me and P: si chiama così lo spettacolo teatrale che, oggi mercoledì 23 alle ore 21 al Palazzo del Turismo di Riccione, aprirà l’edizione 2018 del Dig Awards, Festival internazionale sul giornalismo investigativo in scena, nella Perla verde dal 1° al 3 giugno. L’opera è scritta e interpretata da Filippo Michelangelo Ceredi , 36 anni da Milano, un talentuoso videomaker e assistente a progetti cinematografici e teatrali. Questa performance racconta la storia dello stesso attore/interprete, una specie di diario intimo in cui la famiglia viene messa al centro della scena; in particolare il fratello Pietro (P.), scomparso da casa, ormai 30 anni fa, quando Ceredi era solo un bambino e mai più ritornato. Scovare la verità, anche dopo tanti anni, provare a capire come siano andate realmente le cose da quel lontano 1987, quando P. aveva solo 22 anni. La ricerca della verità è anche l’obiettivo del giornalismo e di ogni buon giornalista che si rispetti, ed è proprio per questo che lo spettacolo teatrale di questo giovane autore, in occasione di una manifestazione come i Dig Awards, acquista un significato ancora più profondo.

Filippo, che cosa vuol dire recitare per lei?

«Vuol dire raccontare una storia attraverso la propria presenza corporea. Il lavoro scenico che propongo con ‘Between Me and P.’ si basa su questo e non sull’interpretare un testo o un personaggio. Se riesco, attraverso la mia presenza, a mettermi al servizio di una storia e trasmetterne il senso, allora in un certo senso ho recitato bene, anche se non nel senso dell’attore».

E il teatro invece?

«Il teatro è stato un interesse quando ero più piccolo e un faro in una fase critica della vita. Attraverso i laboratori e i lavori che ho seguito sono entrato in contatto con un mondo che fino a quel momento non riuscivo a capire se non superficialmente. Vedere attori e performer al lavoro e provare io stesso a fare qualcosa, mi ha permesso di capire appunto il valore della presenza scenica: qualcosa che sostiene il lavoro teatrale ma che orienta anche la vita di tutti i giorni.’

Questa è la sua prima performance vero?

«Sì, ma ho partecipato anche a tre performance collettive. Perlopiù mi occupo di video e ho cominciato, per così dire, il mio percorso artistico come assistente di Marco Bechis, regista di Garage Olimpo e di altri film dal deciso segno politico.’

Mi spieghi un po’ il significato di questa sua performance…

«P. è il modo in cui mio fratello Pietro si firmava spesso nelle lettere. Pietro oggi avrebbe 52 anni, ma le ultime notizie che ho su di lui risalgono al luglio del 1987, quando decise di andarsene di casa. Io a quell’epoca avevo 5 anni, e ho vissuto gran parte della mia vita senza chiedermi veramente cosa fosse successo. L’ho fatto quando le vicende familiari stavano arrivando a un punto di crisi molto acuta, perché ho capito che investigare su questa parte della storia era la mia chance per capire qualcosa su una questione che era andata perduta nel tempo ma che aveva lasciato delle tracce profonde in tutti noi in famiglia, in un modo o nell’altro.’

Between me and P. darà il via al Dig Awards, il più importante Festival internazionale del giornalismo investigativo. Il giornalismo, secondo lei, anche visto la sua opera prima, riveste ancora un ruolo importante all’interno della società contemporanea oppure no? La verità delle cose è ancora al centro del lavoro dei mass media?

«Credo che il buon giornalismo sia qualcosa che ha un valore inestimabile nella società contemporanea. È ciò attraverso cui potenzialmente tutti possiamo venire a conoscenza di molti aspetti del mondo che altrimenti ci sarebbero ignoti. E stimo in particolare il giornalismo investigativo, perché con coraggio cerca di far luce sulle cose che il potere politico e altri interessi forti vorrebbero occultare per non essere messi in discussione. Questo potere necessario del giornalismo tuttavia è stato molto indebolito dalle distorsioni che hanno prodotto le nuove tecnologie, il predominio dell’immagine e il ritorno massiccio della propaganda.
La verità delle cose non mi sembra sia mai stata al centro del lavoro dei mass media. Credo sia stata al centro del lavoro di alcuni giornali, tv, radio e siti web particolarmente attenti a restituire una visione il più possibile oggettiva delle cose, ma mi sono sempre sembrate una minoranza. D’altra parte il lavoro di chi vuole sapere la verità, anzi le verità, è di continuare a informarsi scegliendo le fonti più attendibili e libere da condizionamenti.’

Nicola Luccarelli

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