Tre giorni di dibattiti e formazione sui grandi temi del lavoro, welfare e pensioni, con relatori qualificati, esponenti del mondo politico e universitario, imprenditori e giornalisti. Per la quarta edizione della Summer School, Cesare Damiano – già ministro e ora presidente dell’associazione L&W, deputato Pd e presidente della Commissione Lavoro alla Camera – ha scelto Rimini. E non è un caso. “Rimini è una città accogliente – dice – ci è sembrata il posto ideale. E poi, a confronto con le varie realtà territoriali, riusciamo a declinare meglio i nostri temi e ad avere anche ulteriori spunti di riflessione”.
Lo sentiamo dire spesso: non c’è più formazione. Voi che fate in proposito?
“Quando abbiamo iniziato noi a fare politica avevamo alle spalle il partito o il sindacato, delle vere palestre culturali. Oggi non è più così ed è per questo che l’associazione Lavoro&Welfare ha deciso di porsi come obiettivo quello della formazione politica, con particolare attenzione ai temi del lavoro e dello stato sociale che, non solo nel nostro Paese, sono in continuo mutamento”.
Quant’è importante la formazione?
“E’ fondamentale, soprattutto di questi tempi. La situazione è complessa e le nuove classi dirigenti necessitano di una preparazione sempre più approfondita”.
E i giovani di oggi, anche rispetto ai suoi tempi, hanno le spalle larghe?
“Mi trovo spesso a dibattere con loro e posso confermare che la curiosità non manca, ma allo stesso tempo c’è una evidente difficoltà a inserirsi nei percorsi della politica o ad arrivarci preparati”.
Parlavamo di spunti territoriali. In Riviera il turismo è stato per anni un vero ammortizzatore sociale…
“Il turismo è lavoro, ma è necessario interrogarsi anche sulla qualità del lavoro”.
Turismo, precarietà, lavoro gravemente sfruttato. La liberalizzazione dei voucher è stata un fallimento?
“E’ un argomento delicato. Renderli tracciabili è certamente un passo avanti, ma non è sufficiente: devono tornare alla “occasionalità” prevista dalla Legge Biagi. Oggi purtroppo non è così e i dati Inps lo dimostrano: nel primo quadrimestre dell’anno le assunzioni a tempo indeterminato sono crollate del 78%, mentre l’utilizzo dei voucher è aumentato del 48%”.
Il Jobs act non ha dato quella spinta che in molti si aspettavano?
“Gli incentivi al contratto a tutele crescenti hanno dato un impulso al lavoro di qualità, è innegabile. Ma bisogna renderli strutturali, altrimenti c’è il rischio che, finita la convenienza economica, gli imprenditori tornino sulla vecchia strada del lavoro precario”.
“Servono comunque degli aggiustamenti in corsa” come avete sempre sostenuto?
“Bisogna puntare alla strutturalitá degli incentivi e, come dicevamo, all’uso occasionale dei voucher. Poi l’allungamento temporaneo della durata degli ammortizzatori sociali, almeno finché non avremo superato definitivamente la crisi. Ecco, senza questi cambiamenti il Jobs act rischia di non essere efficace”.
Anche la Brexit può influire sul nostro mercato del lavoro?
“Qui il rischio non è solo il lavoro: l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa è l’ultimo regalo velenoso di oltre trent’anni di liberismo politico, economico e sociale. Lo stesso che, dopo averci trascinato nella più grave crisi economica mai vissuta in occidente, pretende ancora di dettare la regola del cieco rigore di bilancio ai Paesi europei”.
Si spieghi meglio…
“Libertà di licenziamento e abbattimento dello Stato sociale sono state le linee-guida delle recenti politiche dell’Europa, anche imposte al nostro Paese. E’ necessario fare proposte alternative di modello economico e sociale”.
Sul tema delle pensioni e della riforma della legge Fornero lei si batte da anni. A che punto siamo?
“In questi tre anni abbiamo realizzato sette salvaguardie per gli esodati che con un accantonamento di 11 miliardi e 600 milioni nell’apposito Fondo consentiranno di tutelare oltre 170 mila lavoratori che utilizzeranno le regole pensionistiche ante Fornero. In più, nell’ultima legge di Stabilità, abbiamo stanziato due miliardi e mezzo di euro per “Opzione Donna” per consentire ad altre trentaseimila lavoratrici di rientrare nella normativa di anticipo pensionistico a 57-58 anni. Infine, si é migliorata l’equiparazione della no tax area per i pensionati rispetto a quella più vantaggiosa in vigore per i lavoratori dipendenti”.
La sua proposta di legge però, quella sulla flessibilità delle pensioni, sembra ferma al palo…
“In realtà la 857 ha fatto molta strada, dal momento della sua nascita nell’aula parlamentare della commissione Lavoro, dove siamo quasi arrivati alla definizione di un testo unificato. Adesso la nostra proposta di flessibilità è diventata centrale nell’agenda del Governo e nel confronto con il sindacato. Sono sicuro che arriveremo presto alla meta”.
Filippo Sacchetti