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“Noi assaggiatori d’olio, volontari della qualità”

Olio d’oliva, uno dei pilastri della nostra cultura alimentare e della dieta mediterranea. Ma come si fa a riconoscere se un olio è veramente buono? Per rispondere a questa domanda bisogna rivolgersi a dei professionisti, a degli Assaggiatori d’olio d’oliva certificati. Ad oggi, secondo il Servizio organizzazioni di mercato e sinergie di filiera, nell’elenco nazionale dei tecnici ed esperti degli oli di oliva vergini ed extravergini – Articolazione Regione Emilia-Romagna (Legge 3 agosto 1998 n. 313), risultano iscritti 120 tecnici. Uno di questi è Stefano Cerni (60 anni), Agronomo e docente di corsi per la formazione degli Assaggiatori d’olio d’oliva per Olea (Organizzazione Laboratorio Esperti e Assaggiatori). Cerni si è laureato in Scienze Agrarie nel 1983 ed è anche Capo Panel (gruppo di assaggiatori), dal 2002. Attualmente opera in diverse aree del territorio nazionale, compreso il riminese, come divulgatore di sistemi alimentari di qualità e formatore, oltre a far parte dell’Assoprol Umbria (Organizzazione dei produttori Olivicoli dell’Umbria). È autore di numerose pubblicazioni che hanno come argomento la qualità e la sicurezza dei prodotti alimentari. Proviamo a domandargli qualcosa in più su questa professione così affascinante, ma poco conosciuta.

Cerni, come si fa a diventare un Assaggiatore d’olio d’oliva professionista?

«È prevista una procedura stabilita dal ministero. Innanzi tutto bisogna partecipare ad un corso abilitante che deve essere riconosciuto dalla Regione di riferimento dove viene svolto. Durante il corso, di 36 ore, devono venire trattati argomenti pertinenti alla coltivazione dell’olivo, ai metodi estrattivi dell’olio e assaggiate diverse tipologie di olio non solo di buona qualità, ma anche oli con i difetti previsti dall’Allegato 12 del regolamento CEE 2568/1991. Inoltre, alla fine del percorso didattico, devono essere superate 4 prove di idoneità fisiologica all’assaggio, che attestano il buon funzionamento degli organi sensoriali quali l’olfatto e il gusto. Al termine del corso, superato con profitto le prove di idoneità fisiologica, viene rilasciato l’attestato di Assaggiatore di oli vergini d’oliva. Però, si diventa assaggiatori effettivi quando sono state svolte 20 sedute di allenamento, con l’assaggio di almeno 4 oli, certificate da un Capo Panel nell’arco di un anno. Solo dopo, il soggetto interessato può richiedere di essere iscritto nell’elenco regionale degli Assaggiatori di oli vergini sulla base della regione di propria residenza».

Stefano Cerni

Perché ha voluto intraprendere questa strada?

«Per completare la filiera olivicola. Da agronomo mi sono occupato delle problematiche legate alla coltivazione dell’olivo dai primi anni ’80. Quando, nel 1991, il regolamento CEE 2568 ha introdotto obbligatoriamente anche il panel test (analisi sensoriale eseguita da un gruppo di persone qualificate, iscritte nell’elenco regionale degli assaggiatori professionisti che valuta le caratteristiche organolettiche dell’olio d’oliva n.d.r), per stabilire la categoria merceologica degli oli vergini, ho ritenuto utile conoscere anche questo aspetto per completare la conoscenza dell’intera filiera olivicola. Sono stato uno dei primi a partecipare nel 1992 ad un corso di assaggio promosso dalla Camera di Commercio di Forlì. Prima del 1991, per determinare la categoria merceologica Extra vergine, si utilizzavano solo parametri chimici Oggi, alle analisi chimiche, si aggiunge anche il panel test o test sensoriale».

Bisogna possedere delle caratteristiche particolari per svolgere questa attività?

«Sicuramente bisogna avere l’uso dell’olfatto e gusto in regola, ovvero fisiologicamente in grado di riconoscere odori e sapori degli alimenti. Ma bisogna anche possedere passione e interesse verso una pratica piuttosto complessa e articolata».

Cosa differenzia un Assaggiatore d’olio d’oliva da un Sommelier?

«In effetti qualcuno ci chiama ancheSommelier dell’olio da olive’, ma le figure sono sostanzialmente diverse. I sommelier sono istituiti da associazioni private come AIS (Associazione Italiana Sommelier ), o altre, che operano con norme codificate da questi enti privati. Noi, invece, seguiamo norme europee, attraverso regolamenti e leggi in vigore su tutto il territorio comunitario. Dobbiamo certificare la qualità attraverso un quesito molto diretto: ‘L’olio in analisi è extravergine per caratteri organolettici si o no?’. I sommelier guardano più gli aspetti sensoriali per descrivere il vino con aggettivi laudativi, utili per promuovere commercialmente il prodotto, mentre noi abbiamo un linguaggio piuttosto standard, anche perché l’allegato 12 del reg. cee 2568/91, prevede un vocabolario sensoriale ufficiale. Nessun termine non contemplato in questo vocabolario sensoriale può essere utilizzato. Un vecchio sommelier è solito dire: “Noi sommelier descriviamo un vino con i suoi pregi, voi assaggiatori di olio non cercate tanto i pregi, piuttosto gli eventuali difetti”».

Come fa un assaggiatore a distinguere un olio diciamo ‘normale’ da uno extravergine?

«Quando si produce un olio per estrazione fisico-meccanica, (meccanica, le tradizionali presse; fisico, mediante centrifugazione n.d.r), otteniamo un olio vergine (vergine sta per metodo estrattivo e non riguarda il livello di qualità n.d.r). La legge prevede, nell’ambito degli oli vergini, tre distinti livelli di qualità:

  • Extra: Acidità inferiore a 0,8% e assenza di difetti organolettici determinati con il panel test;
  • Vergine: Acidità superiore a o,8% e inferiore a 2 e presenza di piccoli difetti, l’olio vergine è ancora direttamente commestibile;
  • Lampante: Acidità superiore a 2% e/o presenza di gravi difetti organolettici, questi oli non sono direttamente commestibili e vanno destinati al processo di raffinazione (processo chimico/fisico n.d.r), e si ottiene un olio industriale definito olio di oliva raffinato. Questo olio, addizionato con una parte di olio vergine extra o semplicemente vergine, diventa l’olio d’oliva, categoria che troviamo in commercio e che rappresenta quindi un olio da olive di bassa qualità che trae origine da un olio vergine lampante di pessima qualità non direttamente commestibile;

Quindi in commercio troviamo 4 categorie di olio da olive in ordine decrescente di qualità:

  • Extra vergine
  • Vergine;
  • Olio d’oliva;
  • Olio di sansa d’oliva.

Questa ultima categoria deriva dalla sansa (parte solida che si ottiene dalla estrazione degli oli vergini n.d.r) che, contenendo ancora una parte di olio, viene lavorata presso i sansifici (opifici industriali n.d.r), e tramite solvente (trielina, esano n.d.r), estraggono l’olio residuo contenuto nelle sanse. Questo tipo di estrazione chimica è differente da quella prevista per gli oli vergini che si ottengono per estrazione fisica o meccanica».

Dove operano gli Assaggiatori?

«Gli assaggiatori vengono impiegati nei panel d’assaggio professionali che sono istituiti per certificare le DOP (Denominazione Origine Protetta n.d.r)».

Lei, tra le altre cose, opera anche a Rimini e in Emilia Romagna. Sono molti i giovani che si avvicinano a questa professione?

«Sì, esatto. In passato ho avviato il panel della DOP Colline di Romagna, che ora ha sede presso la Facoltà di Tecnologie Alimentari di Cesena. Per quanto riguarda gli Assaggiatori, direi che il profilo medio è costituito da soggetti abbastanza giovani, prevalentemente maschi, ma ben rappresentati anche dal genere femminile. L’Assaggiatore riveste un ruolo professionale, ma l’attività è prevalentemente di tipo volontario, non essendo previsti compensi, ma solo rimborsi delle spese di trasferta».

Lei crede che, in futuro, questa professione crescerà ulteriormente? Saranno sempre di piu quelli che vorranno fare gli Assaggiatori d’olio?

«Non credo, visto che non prevede grossi compensi non può diventare un lavoro in grado di garantire uno stipendio, per cui sarà sempre una attività o integrativa del proprio reddito, o svolta per la piacevolezza dell’argomento. Mi sento piuttosto di dire che qualcosa sta cambiando anche nel mondo dell’olio. Sempre più si assiste a degustazioni professionali che illustrano l’extravergine come un elemento importante per valorizzare la cucina, soprattutto mediterranea. Ecco che quindi la figura dell’Assaggiatore diviene sempre più simile ai Sommelier del vino. È importante dal punto di vista della comunicazione, costruire attorno all’Extravergine una immagine che serva per promuovere il prodotto verso un consumatore sempre più interessato alle eccellenze produttive che svolgono importanti funzioni nutrizionali, gastronomiche e nutraceutiche».

Nicola Luccarelli

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