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Aria inquinata, allarme rosso e nessun piano coordinato

Il rischio di una mega multa dall’Unione Europea per la violazione della direttiva sulla qualità dell’aria esiste tutto. Lo ha confermato il ministro per l’ambiente,  Gian Luca Galletti. In particolare, l’infrazione riguarda la qualità dell’aria nella pianura padana.

C’è già chi ha definito questa multa la“madre di tutte le sanzioni”, che potenzialmente può arrivare fino ad 1 miliardo.

L’allarme di questi giorni, l’attesa della pioggia che è arrivata in queste ore al Nord, rivela che il livello di allerta è alto. Siamo già stati condannati dalla Corte di Giustizia europea per la violazione dei limiti «Pm10» in 55 aree geografiche della penisola nel 2006 e 2007. Dall’anno successivo, ci siamo mantenuti regolarmente sopra i tetti di sicurezza.

Il risultato di questa performance è che l’Italia è il terzo Paese per violazioni quanto a giorni vissuti oltre la soglia massima; ci superano solo Polonia e Bulgaria.

In Emilia-Romagna più del 60% della popolazione è esposta a valori di PM10. Compresa Rimini. Negli ultimi 12 giorni, per 11 volte si è andati oltre il limite di legge.

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Il commissario europeo all’ambiente, il maltese KarmenuVella, assicura che «abbiamo la normativa che occorre» e che «esistono le leggi per migliorare la qualità dell’aria», però «ventitré Paesi su ventotto non le rispettano». Italia compresa.

Alberto Ravaioli su Chiamamicitta.it si è più volte occupato dell’argomento, illustrando gli obbiettivi europei a riguardo e gli impegni che l’Italia ha sempre sottoscritto. Senza però finora rispettarli.

Ma il problema più grave non è tanto la multa, ma soprattutto il fatto che ogni anno in Italia l’inquinamento dell’aria provoca, secondo le stime, 35 mila morti premature. A uccidere sono le micropolveri sottili, il biossido di azoto, l’ozono, ma anche quei gas che contribuiscono alla loro formazione (come ammoniaca e metano). Senza poi contare l’aumento delle patologie che fanno impennare la spesa sanitaria.

Ma quali sono le azioni concrete che lo Stato Italiano dovrebbe attuare per ridurre l’inquinamento dell’aria?

Così le riporta l’Arpae:

Nel settore dei trasporti stradali le misure più efficaci sono legate alla sostituzione dei vecchi veicoli commerciali pesanti e leggeri con veicoli a ridotte emissioni (Euro 6). Questa misura applicata in particolare ai veicoli diesel porterebbe al raggiungimento del 40% circa dell’obiettivo di riduzione nel settore trasporti. Le rimanenti quote sarebbero raggiungibili agendo sui veicoli leggeri (benzina e diesel) in particolare all’interno delle aree urbane, attraverso l’incremento delle aree a basse emissioni e lo spostamento della mobilità urbana verso forme meno inquinanti come il trasporto pubblico, la mobilità ciclabile e i veicoli elettrici, come previsto dal documento preliminare di piano.

Nel settore agricoltura, le tecnologie selezionate sono rappresentate dalla applicazione combinata all’allevamento di bovini, suini, pollame e altri animali di alimentazione a basso contenuto di azoto, biofiltrazione e copertura delle vasche di stoccaggio dei liquami associate alla adozione di tecniche di spandimento a basso rilascio di ammoniaca e a un miglioramento dei ricoveri per animali in modo da minimizzare la produzione e il rilascio di ammoniaca. Sostanza che, anche se è poco noto, contribuisce in maniera notevole a innescare i fenomeni che producono le famigerate polveri sottili. A queste misure si aggiunge l’impiego di fertilizzanti a basso tenore di urea.

– Una quota assai rilevante (oltre l’80%) dell’obiettivo di riduzione delle emissioni di PM10 sarebbe ottenibile attraverso misure rivolte alla sostituzione/controllo degli impianti a biomassa (camini, stufe) utilizzati per il riscaldamento degli edifici. L’aumento della efficienza energetica negli edifici produrrebbe effetti significativi sulle emissioni legate al riscaldamento/rinfrescamento e alla produzione di energia con fonti fossili

– Molte infine le tecnologie disponibili per ridurre le emissioni nei processi produttivi, nella combustione industriale e dell’industria manifatturiera, che vanno ad esempio dall’impiego più esteso di precipitatori elettrostatici e abbattitori di polveri nei settori maggiormente inquinanti come i cementifici e l’industria siderurgica, all’utilizzo di caldaie e fornaci ad alta efficienza.

Non mancano le proposte. Manca invece un piano coordinato e finanziato con adeguati incentivi per raggiungere gli obiettivi di riduzione.

Ad esempio finanziare la rottamazione delle auto più vecchie ed incentivare quelle ibride.
Proseguire sulle detrazioni fiscali per risparmio energetico, possibilmente rendendole permanenti e non legate al rinnovo anno per anno ad ogni Legge di stabilità.
Ridurre la temperatura del riscaldamento negli edifici pubblici (e privati).

Ma soprattutto un’adeguata campagna di sensibilizzazione sui rischi dell’inquinamento e sulla necessità di cambiare determinati abitudini e stili di vita. Ciascuno può contribuire a migliorare l’ambiente nel quale viviamo, senza aspettare che lo facciano gli altri.

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