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Aborto, Rossi: “Monitorare numero obiettori di coscienza e ricorsi a interruzione di gravidanza”

“Qual è il numero, nei territori di competenza di ogni azienda sanitaria locale emiliana e romagnola, dei medici che si avvalgono dell’obiezione di coscienza nella nostra Regione? E quale quello dei ricorsi all’interruzione volontaria di gravidanza? E ancora, è possibile conoscere il nome e le finalità delle associazioni che entrano nei consultori emiliano-romagnoli per informare le donne sull’interruzione volontaria di gravidanza?” Sono questi i quesiti su cui verte l’interrogazione presentata dalla consigliera regionale Nadia Rossi alla Giunta della Regione Emilia-Romagna.

“Si continua a parlare di aborto, in tutti i modi, molti condivisibili, altri meno. È comunque una buona notizia che ci sia un dibattito, ma a me piace quando le parole diventano realtà. – spiega la consigliera dem – Ho presentato un’interrogazione proprio per questo motivo: perché abbiamo una legge, la 194, che esiste dal 1978 ma non è correttamente applicata, ad esempio nei territori amministrati da Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. È così nelle Marche, è così in Molise e in Umbria, dove tra politiche sanitarie regionali e medici obiettori, le donne sulla carta hanno un diritto che nella concretezza non possono esercitare”.

“Dopo lo shock che ha scosso l’opinione pubblica in tutto il mondo a seguito della decisione della Corte Suprema che in Usa ha revocato la sentenza che garantiva il diritto all’aborto, credo sia opportuno richiamare l’attenzione su un diritto previsto formalmente dalla legge italiana ma che non è garantito in modo uniforme e universale in tutte le strutture ospedaliere e le regioni italiane. – richiama Nadia Rossi, che aggiunge – I dati aggregati ci dicono che in Emilia-Romagna, dove la Regione da anni monitora l’andamento degli interventi di interruzione volontaria di gravidanza e l’incidenza di sanitari che si avvalgono dell’obiezione di coscienza sia negli ospedali che nei consultori del territorio, il trend delle interruzioni è in diminuzione così come il numero degli obiettori”.

Nello specifico, a fine 2021 in Emilia-Romagna si registrava un -7% nel ricorso all’IVG rispetto al 2020. Anche il dato delle obiezioni di coscienza tra i medici ostetrici-ginecologi sta calando: è passato dal 49,5% del 2019 al 48% del 2020, a fronte di un dato nazionale che era del 64,6% nello stesso anno. “Ma questi dati raccolti in modo aggregato ed incompleti su alcune province emiliano-romagnole, per non parlare di altre Regioni italiane, non sono sufficienti per informare correttamente le donne che vogliono sottoporsi ad IVG sul territorio e spesso si devono imbarcare in percorsi travagliati ed incerti. – commenta Rossi, che continua – secondo l’Atlante delle politiche europee sull’aborto, il rapporto diffuso dal Forum del Parlamento europeo per i diritti sessuali e riproduttivi (Epf), l’Italia è al sedicesimo posto su 53 nazioni per la tutela del diritto all’aborto, possedendo il 61% dei requisiti necessari all’accesso a cure sicure; ma se sul piano giuridico il punteggio italiano è soddisfacente, su quello dell’assistenza clinica, dell’informazione e dei servizi offerti alle donne intorno all’interruzione di gravidanza, la risposta italiana è a stento sufficiente. Ed a seguito della pandemia, che ha impattato in modo importante su tutti i servizi sanitari e su fattori come la carenza di personale medico e infermieristico, accendere la luce su queste tematiche diventa fondamentale. Per questo ho deciso di farmi portavoce in Regione delle richieste avanzate con lo studio “Mai Dati” a cura di Chiara Lalli e Sonia Montegiove dell’Associazione Coscioni: il fine è quello di ottenere la mappatura completa e continua del territorio, e sollecitare a livello nazionale la pubblicazione di una più recente Relazione di attuazione della legge 194 del 1978 da parte del Ministero della Salute. Quella attuale risale a due anni fa e la cronaca ci dice che ci sono ospedali e Regioni in cui ormai è diventato impossibile abortire. Una situazione intollerabile in uno Stato che rispetta le donne e i loro diritti” aggiunge Nadia Rossi.

“Partirei da qui, da dove eravamo prima delle ultime elezioni politiche, ancor di più ora che partiti di destra sono al Governo nazionale su legittima scelta delle persone e la presidente del Consiglio Meloni dice di voler garantire alle donne che pensano che l’unica scelta sia l’aborto, la possibilità di scegliere diversamente “aggiungendo diritti, non togliendoli”. Partirei dai dati delle IVG da rendere di dominio pubblico in tutte le Regioni. Dal verificare che nei territori siano applicate le linee guida nazionali sulla pillola RU486, che in Emilia-Romagna è somministrata già in Day Hospital da anni e da qualche mese anche nei consultori regionali, sul territorio dell’Ausl Romagna arriverà nei primi mesi del 2023, nello specifico a Cattolica. Dal garantire, senza nascondersi o confondere le acque, un diritto come l’aborto che le donne chiedono e vogliono, di recente anche poco distante da noi, a San Marino, dove finalmente da settembre 2022 c’è una legge che lo depenalizza, dopo anni di lotte dei movimenti delle donne. Stiamo dalla loro parte, proprio ora che nel mondo stanno morendo per difendere la loro libertà: basta guardare all’Iran, dove la rivoluzione è donna” conclude la consigliera.

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