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Condhotel, i dubbi e i nodi irrisolti

Con questo secondo articolo continua l’approfondimento su come potrebbero essere realizzati i condhotel.
Nel precedente articolo era stata illustrata la parte dell’articolo 4 sulla distanza massima tra le varie unità immobiliari oggetto dell’intervento di realizzazione del condhotel.

Lo stesso articolo 4 comprende altre prescrizioni. In particolare:

  • Presenza della portineria unica per tutti colori che usufruiscono del condhotel: sia gli ospiti della struttura che i proprietari delle unità abitativi ad uso residenziale.
  • Gestione unitaria ed integrata dei servizi del condhotel e delle camere, delle suite e delle unità abitative.
  • Esecuzione di un intervento di riqualificazione all’esito del quale venga riconosciuto all’esercizio alberghiero una classificazione minima di tre stelle.

L’articolo 5 demanda alle Regioni come disciplinare le modalità per autorizzare l’esercizio dei condhotel nel rispetto della legge e delle disposizione del DPCM.
Il Decreto (non ancora emanato dalla presidenza del Consiglio) prevede altre nome che riguardano aspetti di carattere urbanistico, gestionale e contrattuale.
Presenteremo tutto l’articolato appena sarà reso ufficiale.

Tuttavia già gli elementi a disposizione permettono alcune riflessioni e criticità che potrebbero essere affrontate in sede di recepimento nella legislazione regionale.

Un primo interrogativo riguarda l’ambito di applicazione. Si fa riferimento ad esercizi alberghieri esistenti. Non è chiaro se debbono essere in attività, oppure sia cessata e possano tuttavia essere oggetto, mediante la conversione di Condhotel, di riqualificazione e riavvio dell’attività; oppure ancora sia sufficiente la destinazione urbanistica prevista al momento dell’approvazione del decreto. Particolare, quest’ultimo non secondario. Per la costa romagnola sono in gioco le riqualificazioni delle ex colonie. Tutte hanno possibilità di realizzare strutture ricettive ma, salvo rare eccezioni, sono tutte strutture chiuse da tempo e nessuno ha mai svolto funzioni ricettive.

Il secondo aspetto piuttosto rilevante, è la distanza massima dei 200 metri tra la struttura condo e la struttura ricettiva che eroga anche i servizi. 200 metri, in linea d’aria, sono una distanza importante che rischia di far perdere la gestione unitaria e lasciarla solo sulla carta.

Il terzo aspetto riguarda il rapporto tra il proprietario dell’unità immobiliare con destinazione residenziale e la struttura ricettiva. E’ la parte più delicata. Alcuni interrogativi: può utilizzarla quando vuole e per un periodo illimitato? Quando non viene usata dal proprietario, questi ha l’obbligo di darla in gestione alla struttura ricettiva per utilizzarla a fini turistici? L’unità immobiliare può essere considerata a tutti gli effetti come una abitazione dove è possibile avere anche la residenza (diverso è il domicilio)?

In conclusione, vi sono tanti aspetti da chiarire per evitare che una opportunità di diversificazione turistica si trasformi in una pura trasformazione di strutture ricettive (semmai collocate in posizioni strategiche ai fini turistici) in appartamenti.

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