La cantautrice riminese Chiara Raggi ritorna sulle scene a un anno e mezzo dall’uscita dell’ultimo album “Disordine”. Lo fa con un singolo, “Lacrimometro”, scritto con la collaborazione del chitarrista e produttore Giovanni “Giuvazza” Maggiore (Levante, Eugenio Finardi) e masterizzato da Giovanni Versari (che ha curato anche i lavori di star nostrane come gli Afterhours e internazionali come i Muse). La canzone è disponibile su tutti gli store digitali dal 4 aprile, giorno in cui è stato lanciato anche il video promozionale, diretto da Stefano Giovannini ed Erika Sorgini.
Ma perché pubblicare un singolo inedito slegato da una raccolta? Il motivo va ricercato nel significato della canzone nel percorso musicale della cantautrice: “Lacrimometro” è una riflessione spontanea riguardo a come le lacrime, in “questo nostro strano tempo” fatto di lustrini, eventi televisivi che portano alle “stelle” (e nella maggior parte dei casi, per via direttissima, anche alle stalle), siano sfruttate, strumentalizzate per accrescere l’audience o l’empatia con lo spettatore in maniera forzata. Così aveva spiegato Chiara Raggi nel presentare il brano lo scorso 30 Marzo al Cinema Settebello. Ma per saperne di più l’abbiamo cercata di nuovo.
Chiara, nella tua canzone definisci le lacrime in tanti modi. Innanzi tutto come “nemiche acerrime di questo nostro strano tempo”. Perchè?
«Trovo una sorta di strumentalizzazione delle lacrime, del piangere in questo tempo definito 2.0. Attraverso la televisione e i social ogni sentimento è sbandierato e “amplificato” per creare un’empatia con chi guarda e ascolta. Come se “il pianto” fosse un’arma di massa per accaparrarsi visibilità, consensi, un modo per far muovere le coscienze. Io credo che le lacrime siano una cosa molto intima e che vadano rispettate nella loro natura.
Si piange di gioia e di dolore. Ma addirittura esistono “lacrime d’autore” e “lacrime da prima fila? Sono anche un lusso queste lacrime? Le lacrime d’autore sono quelle che nascono dal vedere un film che ti toglie il fiato, dall’ascoltare una musica che rimesta dentro qualcosa che avevi tenuto nascosto, dal vedere un quadro che racconta con l’immagine qualcosa di te e che trovi inaspettato.
La lacrima da prima fila è invece più amara, è la lacrima che “si mette in scena” quando ciò che hai da mostrare non è sufficiente».
Hai presentato questo singolo al Cinema Settebello. E infatti sugli schermi è stato proiettato il video promozionale del tuo singolo. Un’anteprima molto simile a quella di un disco. Immagino che “Lacrimometro” rappresenti per te qualcosa di importante...
«Lacrimometro è una fotografia di un momento. Un momento di passaggio e, per certi versi, di cambiamento.. non solo musicale ma anche di vita. Ho provato a raccontare, in maniera semplice e diretta, con una punta d’ironia e critica, qualcosa che mi sta a cuore e che non potevo non mettere in musica».
La canzone nasce dalla collaborazione con Giovanni Maggiore, in arte Giuvazza, già chitarrista di Eugenio Finardi e Levante. Un sodalizio non casuale, giusto?
«La collaborazione con Giuvazza, che ha prodotto artisticamente questa mia canzone, è nata in maniera spontanea, non calcolata. Non era semplice trovare il “vestito giusto” per questo brano che incornicia un momento importante per me. Gli ho fatto ascoltare Lacrimometro voce e chitarra, in tutta la sua nudità emotiva e sonora, e il suo approccio mi ha da subito conquistata perché tutto è fluito in modo semplice. Il lavoro da fare era esaltare le caratteristiche della canzone che erano ben manifeste già in fase di scrittura. Abbiamo infatti costruito l’arrangiamento intorno all’arpeggio di chitarra che ci sembrava essere un’ossatura forte ed identificativa».
Cosa bolle in pentola per il tuo 2017?
«Il 2017 è l’anno della costruzione perché sto lavorando al mio terzo album. E’ gia scritto, lo sto arrangiando e, a brevissimo, entrerò in studio per cominciare le registrazioni.
Nel frattempo continuo a seguire la “scalata” di Lacrimometro, augurandomi che questa canzone possa arrivare in tutte le case».
Ascanio Di Mantova
(foto di Marzia Cavitillo)