Resta alto l’allarme per la qualità dell’aria in regione e nel Bacino padano nel mese di gennaio.
In Emilia-Romagna i valori delle polveri (PM10) ieri hanno superato i limiti dei 50 µg/m3 in 37 stazioni (compresa Rimini) su 42 e i massimi – a livello provinciale – sono compresi i 96 e i 150 µg/m3.
Una situazione che perdura da oltre una settimana ed è molto simile a quella registrata nelle vicine Lombardia e Veneto, dove i record sono anche più elevati (oltre i 150 µg/m3).
La novità è che si è passati da episodi di inquinamento circoscritto ai grandi centri urbani e registrato dalle stazioni “di traffico”, a superamenti comuni in quasi tutte le stazioni (fino al 25 gennaio erano state poco più di una decina, su 42, ad aver superato i limiti).
Cosa sta accadendo? Perché i valori delle polveri sono così elevati e soprattutto perché nelle stazioni di campagna (dette rurali di fondo), come San Pietro Capofiume (Bo) o Guastalla (Re), le polveri sono pari o più abbondanti rispetto alle stazioni di traffico dei relativi capoluoghi?
Due le cause.
La prima è di tipo meteorologico. Sulla Pianura Padana è presente da giorni uno strato d’aria calda che scorre su quello più freddo al suolo, determinando un´inversione termica tra i 600 e i 900 metri, che permane anche nelle ore diurne, e schiaccia verso il suolo tutti gli inquinanti; i venti sono calmi in tutto lo strato d’aria al di sotto dell’inversione termica. Questi due fatti concomitanti impediscono di fatto la dispersione degli inquinanti, che progressivamente si accumulano.
La seconda causa dipende dalle polveri d’origine secondaria, cioè da quella parte di aerosol che si forma in atmosfera per effetto delle reazioni e trasformazioni fisico-chimiche a cui vanno incontro alcuni composti gassosi quando entrano in atmosfera. Queste polveri si vanno a sommare con quelle di tipo primario emesse direttamente dalle fonti emissive (riscaldamento, traffico, industria).