In un mio saggio pubblicato nel volume miscellaneo dedicato a Walter Ceccaroni (1921-1999) (“La costruzione di una città turistica” a cura di Angelo Turchini edito da Capitani nel 2013) intitolato “Il Partito Comunista Riminese negli anni del Sindaco Ceccaroni” parlando degli uomini delle Giunte presiedute dal Sindaco Ceccaroni scrivevo: «Ognuno di questi si sentiva in squadra con Ceccaroni e costituivano una indubbia ‘macchina da guerra’ nella direzione amministrativa del Comune». Stiamo parlando di pubblici amministratori comunisti dello spessore di Natale Muratori (1920-2004), Ruggero Diotallevi (1925-1979), Aldo Righi (1925-1997), Augusto Randi (1922-2011), Vincenzo Mascia (1920-2003), Lorenzo Cagnoni (1939- ), Gino Arcangeli (1926-2007), ma anche di socialisti come Giordano Gentilini (1925- 2014 ), Luciano Gambini (1924-2010).
Ceccaroni ebbe sempre il controllo del gruppo consiliare, anche se la dialettica era sempre vivace. Del resto i gruppi consiliari erano composti da personale politico provato in mille battaglie, nelle associazioni e sul territorio. Espressione di relazioni vere con i cittadini, soprattutto quelli che venivano eletti nelle frazioni.
Fra i consiglieri comunisti, dal 1951, ci furono in maniera costante Veniero Accreman (1923-2016) e Nicola Pagliarani. Commentavo sempre in quel saggio: “L’impressione, leggendo le carte e guardando gli incarichi politici e amministrativi, è che questi due uomini costituirono, assieme a Ceccaroni, il nucleo ristretto del governo della Città oltre che di direzione del Partito fra il 1948 e il 1970. Accreman e Pagliarani non entrarono mai in Giunta con Ceccaroni, ma furono gli uomini d’ordine del gruppo consiliare in tutte le situazioni. Accreman fu Sindaco dal 24 aprile 1957 al 23 gennaio 1958, in attesa che scadessero i tre anni di sospensione inflitti a Ceccaroni da Scelba. Pagliarani fu Sindaco dal 1970 al 1978, subito dopo Ceccaroni”.
Pagliarani fu dalla Liberazione al 1970 l’uomo di raccordo fra l’Amministrazione e la Federazione Comunista, ricoprendo tutti gli incarichi possibili nell’organigramma del Partito (e su questo tornerò). Accreman invece fu l’uomo di raccordo con gli esponenti dell’antifascismo e della Resistenza (per un certo periodo negli anni ’50 fu anche Presidente dell’ANPI e nel 1971 fu il primo Presidente dell’Istituto per la Storia della Resistenza), ma fu soprattutto l’oratore principe nei comizi e nelle Feste dell’Unità di tutte le Sezioni del Circondario.
Con questi due uomini Ceccaroni visse tutti i momenti salienti della politica riminese per oltre trent’anni. Non abbiamo alcuna testimonianza scritta dei loro rapporti politici ed umani, che pure ci furono e furono intensi. La vulgata popolare dice che non si amarono, ma sicuramente si rispettarono e condivisero molte scelte politiche e amministrative.
Quando lessi il ricordo che Accreman fece in occasione della morte di Ceccaroni (“Ma le battaglie restano” su Il Resto del Carlino del 17 giugno 1999) rimasi profondamente colpito dall’incipit iniziale dell’articolo: “Carissimo Walter, non avrei mai pensato che il nostro ultimo colloquio dovesse aver luogo oggi, mentre tu non ci sei più. Poche settimane fa avevamo detto di trovarci ancora (tu, Niki ed io) attorno ad una tavola per ripensare la lunga stagione vissuta assieme. Haimè! Non abbiamo fatto in tempo”. Quanto mi sarebbe piaciuto essere una mosca per assistere, se ci fosse stato, a quel confronto sulla storia del partito e della Città fra questi tre grandi uomini riminesi.
Questo lunga premessa l’ho ritenuta necessaria per inquadrare il ruolo e la storia da protagonista nella nostra Città di Nicola (per tutti Niki) Pagliarani. Di Lui ha scritto Giorgio Giovagnoli su “Rimini Oggi” (n. 6, giugno 2002) per i suoi 90 anni: “Niki è un uomo saggio, colto, generoso, onesto, tollerante, ironico, allegro”, come prologo ad una lunga, e bella, intervista, su cui tornerò.
Mentre su Ceccaroni e Accreman esistono pubblicazioni, studi, su Nicola Pagliarani quasi nulla. Per costruire questo profilo ho dovuto attingere a tante informazioni giornalistiche (grazie alle Biblioteche di Rimini e di Coriano) e all’aiuto del nipote Giuseppe figlio del fratello di Niki, Illaro, oltre che a quello di Giorgio Giovagnoli che con lui ha condiviso otto anni di lavoro assieme quando fu Sindaco e poi la comune militanza nei Comunisti Italiani. Ho sentito anche Nando Piccari e Giuseppe Tomasetti. Ringrazio tutti per la loro generosa disponibilità.
Nicola nacque a Rimini il 24 giugno 1912, secondo di tre figli (Elda 1904-1984 e Illaro 1915-1986), da Elisabetta Sesani (1884-1984) e da Giuseppe Pagliarani (1871-1951). Una famiglia benestante. Il padre era un direttore compartimentale delle ferrovie, socialista, amico di Benito Mussolini quando questi era un dirigente del partito socialista, licenziato dalle ferrovie per essersi rifiutato di iscriversi al PNF (nonostante un intervento diretto in tal senso del Duce). I tre figli di Giuseppe si laurearono tutti: Elda fu insegnante, Illaro avvocato e Nicola pure divenne insegnante.
Nicola frequentò il Liceo Scientifico a Rimini e poi si iscrisse a Scienze agrarie all’Università di Bologna. Iscritto al GUF, Nicola prima di partire militare, partecipò intensamente alle gare di atletica, tanto da vincerne diverse nelle corse dei 400 e 800 metri. Si laureò a metà degli anni Trenta e poi venne chiamato a svolgere il servizio di leva al terzo Reggimento Artiglieria Ippotrainata di Bologna. Frequentò dal settembre 1935 un corso per ufficiali che gli valse, al termine, il grado di sottotenente. Tornato a casa insegnò prima all’Istituto agrario di Cesena e poi in varie parti d’Italia.
Nel 1942 fu richiamato sotto le armi, promosso tenente (nel 1945 si congedò con il grado di capitano) e inviato prima in Grecia e poi a Creta. Qui dopo l’8 settembre visse il dramma di centinaia di migliaia di soldati italiani abbandonati dal Re e da Badoglio senza ordini. In 800.000 furono catturati dai tedeschi sui vari fronti e inviati nei campi di prigionia in Germania e nei paesi occupati, come forza lavoro. Nicola fu deportato, dopo un lungo calvario attraverso l’Europa in guerra, nel campo di concentramento in Polonia di Biala-Podlaska. Su questo campo e le sue atrocità esistono diverse testimonianze. Riprendo ciò che scrisse Giorgio Rochat su “Italia contemporanea” (n. 163, giugno 1986), la rivista dell’INSMLI, a questo proposito: “nel gennaio 1944 solo 144 ufficiali su 2.400 rifiutarono di aderire alla RSI, in quella che fu la più grave crisi morale di tutto l’internamento (…) Sulle motivazioni delle adesioni alla RSI non sono possibili molti dubbi (…) furono la fame, le privazioni, l’incertezza del futuro a determinare il crollo della resistenza, come testimonia Renzo Biason [pittore e scrittore, 1914-1996]: ‘abbiamo raggiunto il culmine della cinghia. Solo rape e tre patate marce. Credo che oltre non si possa andare …. Il 5 gennaio [1944] è arrivata la commissione per l’arruolamento volontario nel nuovo esercito repubblicano. Con le sue notizie ha sconvolto tutti. Quasi tutti si arruoleranno; io pure mi arruolerò. E’ meglio morire a pancia piena che a pancia vuota”.
Sui 30.000 ufficiali italiani prigionieri i tedeschi e i repubblichini esercitarono continue pressioni e vennero sottoposti ad ogni sorta di umiliazione e persecuzione. Anche Nicola firmò per l’arruolamento. Fu uno di quel 15% di Internati Militari Italiani (I.M.I.) che accettarono la proposta della R.S.I. Furono quasi 100.000 su oltre 700.000 prigionieri: 40.000 entrarono nei reparti militari del Reich o della RSI, 60.000 diventarono lavoratori ausiliari delle forze armate tedesche.
Probabilmente Nicola fu uno di questi ultimi, perché in pieno inverno, con alcuni altri compagni italiani, riuscì a fuggire dalla Germania e attraversando, a piedi e con mezzi di fortuna, mezza Europa e Italia riuscì a rientrare a Rimini e a ricongiungersi con la famiglia a Bordonchio dove era sfollata per evitare i bombardamenti sul centro storico dove abitavano (in Via Calatafimi).
Non esistono testimonianze su questa epopea vissuta da Nicola e lui non ne parlò mai. Arrivò a Rimini nella primavera del 1944. I familiari stentarono a riconoscerlo. Pesava 36 chili. Le sue condizioni fisiche gli impedirono di partecipare alla Resistenza, come invece fece il fratello Illaro. Trovò riparo in quei mesi del 1944 a San Marino. Il 15 luglio 1944 sposò Giuseppina Gelasio (1919-1994), insegnante e militante comunista.
Subito dopo la Liberazione della Città il 21 settembre 1944, Nicola, che già aveva avuto contatti grazie al padre e al fratello con esponenti comunisti, si iscrisse al PCI, divenne segretario della Sezione di Viserba, ed entrò a far parte del nuovo gruppo dirigente comunista riminese. Nel 1947 divenne Segretario del Comitato Comunale di Rimini. Al Congresso Provinciale della Federazione Forlivese (da cui Rimini dipendeva) del dicembre 1947 venne eletto nel Comitato Federale (9 i riminesi presenti su un totale di 50 membri).
Come Segretario Comunale visse in prima persona la crisi politica provocata dalle dimissioni, nel novembre 1948, del Sindaco comunista Cesare Bianchini e la sua sostituzione con Walter Ceccaroni. Subito dopo Nicola, con la costituzione del Comitato di Zona e la nomina di Ilario Tabarri a segretario, divenne il responsabile dell’organizzazione della Federazione. Al congresso costitutivo della Federazione Comunista Riminese (29-30 aprile 1949), di cui Nicola assieme a Giovanni Baldinini fu uno dei principali responsabili, venne eletto nel Comitato Federale (composto da 34 membri) ed entrò nella nuova segreteria presieduta da Tabarri, con la responsabilità della stampa e propaganda.
Con la nascita della Federazione Nicola compì una “scelta di vita” rilevante: dopo la guerra era tornato ad insegnare ed aveva vinto un concorso per fare il preside. Dal 1947 era preside della Scuola agraria di Cesena. Nicola, alla fine dell’anno scolastico 1948/1949 si licenziò dalla scuola per fare il funzionario a tempo pieno. Con lui compì questa scelta anche la moglie Giuseppina, lei stessa insegnante, anche se poi alcuni anni dopo tornò ad insegnare.
Nicola fece parte del Comitato Federale ininterrottamente dal 1° Congresso del 1949 al 13° (9-12 febbraio 1983), fu membro della Segreteria dal 1949 al 1965 e del Direttivo dal 1962 al 1983.
A questa intensa attività politica si accompagnò anche l’assunzione di diversi incarichi amministrativi: venne eletto per otto volte in Consiglio Comunale (dal 1951 al 1985) anche se il 14 maggio 1963 si dimise a seguito della sua elezione alla Camera e lo stesso fece dopo le elezioni del 19 maggio 1965; fu assessore alla Pubblica Istruzione per un anno e mezzo (dal maggio 1951 a dicembre 1952). Fu eletto in Consiglio Provinciale il 27 maggio 1956 e nominato Assessore con il Presidente Paolo Valbonesi (PCI) e riconfermato alle elezioni del 6 novembre 1960, anche come Assessore, con il nuovo Presidente Enzo Mingozzi (PCI). Si dimise, come per il Consiglio Comunale di Rimini, il 14 maggio 1963 per la sua elezione alla Camera.
Alle elezioni politiche del 28 aprile 1963 fu eletto sia alla Camera che al Senato, ed optò per la Camera. Nuovamente eletto alle elezioni politiche del 19 maggio 1968, ma si dimise il 16 giugno 1971 dopo la sua elezione a Sindaco di Rimini avvenuta il 27 luglio 1970. Gli subentrò alla Camera Veniero Accreman. Fu un parlamentare assai attivo: firmò 76 progetti di legge, intervenne in aula 63 volte, fu segretario della 2. Commissione affari della Presidenza del Consiglio, affari interni e di culto, enti pubblici, membro della Commissione Antimafia. Tanti i suoi interventi e provvedimenti a sostegno del settore turistico.
Il 27 luglio 1970 fu eletto Sindaco da una maggioranza PCI-PSIUP-PSI (i socialisti rientravano in Giunta dopo la rottura del 1965). Fu riconfermato Sindaco dopo le elezioni del 15 giugno 1975 alla guida di una Giunta PCI-PSI.
(prima parte – segue)
Paolo Zaghini