Quando, oltre un secolo fa, prende forma il primo nucleo del movimento operaio, il Partito socialista, le Leghe, i sindacati e le camere del lavoro si pongono fra i compiti della loro azione quello di essere “educatori”, non in senso strettamente politico ma in una concezione di convivenza e civiltà.
L’osservanza di alcune regole come il rispetto dei figli verso i padri, o fra compagni di lavoro e la lealtà nei confronti degli avversari definiscono le modalità di quello che qualcuno ha definito il ‘partito educatore’ e che vengono a definire anche la cifra politica della sinistra italiana.
Sono norme che vengono raccomandate in particolare ai primi amministratori, agli ‘eletti’ che governano per la prima volta in nome della giustizia sociale. Quelle regole di civismo si trasferiranno nei decenni successivi nelle varie esperienze politiche del movimento operaio: dai repubblicani , ai socialisti e ai comunisti.
Si tratta di un insieme di norme che qualcuno ha catalogato come il socialismo “sentimentale” alla De Amicis o come spiritualismo mazziniano. O da altre che maturano nel filone della tradizione cattolica intrisa di gentilezza e disponibilità verso il prossimo.
La tradizione del Partito democratico viene anche da quell’insieme di esperienze. Che risalgono a oltre un secolo fa, ma che contegono principi irrinunciabili per quanti fanno ricorso all’aggettivo “democratico”.
In questi ultimi anni il rapporto governanti-governati ha subito una profonda metamorfosi: il dibattito (e l’utilizzo) che si è aperto attorno al ruolo dei social media (facebook – Twitter etc.) tende a porre in primo piano il cosiddetto partito ‘fluido’ marginalizzando al tempo stesso i rapporti interpersonali . O coinvolgendoli solamente alla vigilia di una campagna elettorale.
Secondo l’analisi di non pochi politologi la destrutturazione in corso fa divenire più leggeri i partiti politici ma più capaci di conquistare maggiore seguito elettorale.
Siamo di fronte indubbiamente a un inequivocabile degrado della vita politica attuale rispetto a quella funzionante, più o meno, fino a qualche decennio fa. Con una ulteriore conseguenza: una volta eletto l’amministratore tende a perdere il contatto con quella che con un linguaggio datato si definisce la base. Al punto che quanti invocano un ritorno alla politica invitano a riscoprire il contatto diretto con gli elettori.
Non sarà affatto facile anche perché le ultime generazioni delle classi dirigenti si mostrano alquanto refrattarie al ritorno di categorie e concetti come rispetto, rapporti interpersonali e gentilezza .
In quest’ultimi ultimi anni per ragioni di lavoro mi è capitato di avere a che fare con amministratori e politici di vario livello: deputati al Parlamento, presidenti di Regione, amministratori comunali, sindaci. Si trattava di contatti che non postulavano richieste di finanziamenti, favori, prebende o collaborazioni. Ma il risultato è stato quello di trovarsi sempre – o quasi – di fronte a un reiterato silenzio dietro il quale si nasconde non tanto l’incapacità di dare una risposta ma un atteggiamento che malcelata arroganza, protervia, e indifferenza nei confronti del cittadino. Non si tratta di dare a tutti i costi risposte positive ai propri interlocutori: si può anche rispondere “no grazie”, “anche no”, “non interessa”, “magari più avanti” , “vedremo”. O, più decisamente, “non se ne parla proprio”.
Al loro posto oggi chi amministra la cosa pubblica oppone il silenzio assoluto, quasi che il non rispondere costituisca il tratto comune dei nuovi amministratori. I quali, evidentemente, non si rendono conto che senza dare risposte dirette a quanti avanzano domande alimentano atteggiamenti di tipo qualunquista e di diffidenza nei confronti della politica.
In realtà l’unico modo di ottenere risposta è il ricorso a una Leopolda virtuale che sta fra Facebook e Twitter.
In un dibattito che intende sollecitare la politica a tornare fra le gente occorre dismettere non solo gli atteggiamenti più deleteri dei dibattiti televisivi: cioè a dire quel ‘salvinismo’, inteso come atteggiamento stravaccato e becero del premier della Lega, che ha fatto breccia anche nel centro-sinistra. Ma occorre anche riscoprire che la gentilezza, la cortesia e il rispetto sono una parte costitutiva della politica.