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“Il turismo in Italia? Potremmo averne il doppio”

Il turismo in Italia? “Quest’anno è andato abbastanza bene, ma per motivi contingenti”. La promozione? “Sarebbe meglio investire sul prodotto”.  Paolo Audino, torinese, manager e giornalista,  dirige la business unit Turismo di Rimini Fiera. E alla vigilia di TTg Incontri fa alcune considerazioni sul settore.

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Paolo Audino

Dottor Audino, come è andata la stagione turistica in Italia quest’anno?

“Abbastanza bene, perché il nostro Paese ha potuto approfittare di una serie di circostanze. Mi riferisco ovviamente alle questioni di sicurezza. Da noi non sono avvenuti, per fortuna, atti di terrorismo, quindi gli stranieri hanno scelto l’Italia perché vi si sono sentiti al sicuro. D’altra parte, gli italiani sono andati meno all’estero proprio per timori legati alla sicurezza di certe mete, anche europee. Questo quadro potrebbe ripetersi anche l’anno prossimo, ma è chiaro che non è legato ad un maggior appeal del nostro Paese”.

E l’Italia ha ancora appeal?

“Ma certamente, al massimo grado. Ogni nuovo mercato che si apre – lo abbiamo visto con la Cina – vede nell’Italia una destinazione che è in cima ai desideri. Poi magari non tutti possono venire, però sicuramente lo vorrebbero”.

Tutto bene allora?

“Non proprio. Le circostanze favorevoli non durano in eterno. Ma soprattutto, con quello che l’Italia rappresenta nel mondo noi potremmo avere il doppio delle presenze turistiche”.

Non sappiamo promuoverci?

Da noi si investe molto in promozione, ma è sempre mancato un progetto unico. Ci  sono diversi enti, l’Enit, l’Ice, ci sono le Regioni e i territori, chi fa di più e chi fa di meno. Ma sempere in ordine sparso. Siamo settoriali, è una nostra caratteristica da sempre, nel bene e nel male. Abbiamo eccellenze fantastiche, in singoli progetti siamo bravissimi. Ma da noi è sempre molto complicato lavorare in modo sistemico, fare rete fra le diverse realtà per formare un’unica massa critica”.

Quindi?

“Quindi invece di spendere tanto in promozione, forse sarebbe meglio usare quei soldi per mettere qualche binario in più o avere aeroporti che funzionano. Mi spiego: oggi più che la promozione, conta la reputazione. E cioè l’esperienza che il turista fa in un certo posto e le notizie che lui per primo diffonde. E i mezzi di questa diffusione li conosciamo tutti. L’Italia, più che decantare le sue bellezze già ben note nel mondo, dovrebbe puntare tutto sulla soddisfazione del cliente. In definitiva, all’hardware alla qualità dell’offerta turistica, più che al software della promozione. “Sì, quella città era bellissima, però la camera d’albergo lasciava a desiderare”. “Ah, la Puglia è meravigliosa, ma com’è difficile arrivarci!”. E così via. Sono queste impressioni che poi determinano la reputation e quindi il successo di una destinazione”.

E Rimini? Può ancora essere un modello?

“I modelli funzionavano negli ’70 e ’80. Oggi non esistono più modelli, ma mode. Che come tutte le mode durano un anno, sei mesi, cambiando in continuazione. Però Rimini mi pare sia facendo uno sforzo importante per andare nella direzione giusta, investendo nelle infrastrutture strategiche, cioè proprio nell’hardware. Modelli da imitare, del resto non ce ne sono, non esistono formule vincenti quando tutto cambia così velocemente”.

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