Cerca
Home > Economia > Quando Rimini doveva abbandonare l’Euro per il Quinc

Quando Rimini doveva abbandonare l’Euro per il Quinc

«Ritornare al baratto per superare la crisi economica. Sono un centinaio le imprese riminesi che hanno deciso di “abbandonare l’euro”». Così almeno annunciava il Fatto Quotidiano. Era il 1 luglio 2013 e il titolo recitava: “Rimini, 100 aziende usano il baratto contro la crisi. Buoni sconto al posto dell’euro” , si dava conto della nascita del “Quinc“, presentato in Camera di Commercio come “rete locale per facilitare lo scambio di beni e servizi”. Un progetto pilota promosso, oltre che dalla CCIA, “dalla Provincia di Rimini e dalle principali Associazioni di Categoria locali (Confindustria, CNA, Confartigianato, Legacoop, Confcooperative, AIA Rimini, AIA Riccione, CIA, Consorzio Sociale Romagnolo, Ordine dei Commercialisti) e che vede tra i partner tecnici Serint Group Italia e Openlinea”.

Ma cos’è,  cos’era, il Quinc?

Quinc  – si leggeva nella presentazione – è un’abbreviazione di Quincunx, un’antica moneta di bronzo, non facente parte del sistema monetario standard romano, coniata da alcune comunità tra cui quella di Ariminum (Rimini) e ritrovata a Rimini negli scavi fatti presso la sede della Camera di commercio. Il riferimento storico evocato dal nome del progetto sta a indicare l’intento di rendere fluide e frequenti le relazioni economiche territoriali e, in generale, di riattivare la cooperazione fra aziende: se aumentano gli scambi tra i soggetti economici di un territorio aumenterà anche la ricchezza complessiva del territorio stesso”.

Insomma, una sorte di moneta virtuale, simile a tanti altri esperimenti del genere che si andavano tentando, e si tentano, in Italia e nel mondo. Le aziende che accettavano di entrare nel progetto avrebbero praticato reciprocamente degli sconti, “il cui valore sarebbe stato quantificato in unità di conto virtuali (Quinc) utilizzabili all’interno del circuito per l’acquisto di beni o servizi”. E si faceva questo esempio: “Un’azienda di software vende un’applicazione a una tipografia che effettuerà il pagamento in parte in euro e in parte in Quinc. L’azienda di software potrà utilizzare i Quinc ricevuti nelle successive operazioni di acquisto, ad esempio per comprare carta, un servizio di consulenza o qualsiasi altro prodotto disponibile all’interno del circuito”.

“Terminata la fase di sperimentazione si valuterà la possibilità di estendere l’utilizzo del buono sconto riutilizzabile al mercato Consumer (B2C) e di avviare un circuito di baratto tra imprese che utilizzerà il meccanismo della compensazione multilaterale di crediti e debiti”.

Invece, terminata la sperimentazione, del Quinc si sono perse le tracce. A malapena qualcuno si ricorda della sua apparizione, mentre la rete di baratto è rimasta solo sulla carta. Cos’è successo?

“Dopo la fase sperimentale, che aveva dato anche buoni risultati – racconta Maurizio Temeroli, direttore della Camera di Commercio di Riminiil progetto doveva essere gestito da due soggetti privati, che però non trovato un accordo fra loro. Come Camera di Commercio avevamo anche brevettato il Quinc. Non ci costò molte risorse, anche se non ricordo esattamente la cifra. Certo ci perdemmo del lavoro, perché la nostra parte di impegno ce l’avevamo messa”.

Di fatto, a Rimini è ancora in vigore l’euro, mentre il Quinc è andato ad aggiungersi alla lunga lista di bitcoin o monete virtuali che dir si voglia, sperimentate un po’ ovunque – e spesso sull’onda no-global e no-euro – ma finora con scarsissimi risultati. Tentativi che però, poco o molto, qualcosa sono costati. In euro, però, non in Quinc.

Ultimi Articoli

Scroll Up