Mi ero già soffermato brevemente sul tema oggetto del presente articolo nel contesto della trattazione dell’ art. 49 del Codice della Navigazione – “Devoluzioni delle opere non amovibili “ –.
Riprendiamo oggi la materia del “Collaudo Statico” per valutare quali problematiche potrebbero presentarsi nella “gestione dei beni pubblici demaniali”, alla luce delle situazioni post sentenza della Corte di Giustizia U.E. del 14 Luglio 2016 e di quella inerente ai beni immobili del cosiddetto “Triangolone”, trasferiti recentemente al patrimonio pubblico comunale.
Con il “collaudo statico” ci si riferisce al collaudo di quelle strutture che hanno una funzione essenzialmente statica nell’ambito della realizzazione di un’opera. Il collaudo statico, dal punto di vista normativo, nasce, in maniera organica e moderna, con la legge 5 novembre 1971, n. 1086 (attualmente in vigore per tutti i campi di applicazione originariamente previsti dal relativo testo normativo e non applicabile alla parte I del D.P.R. 380/2001) relativamente alle sole strutture in cemento armato normale e precompresso e alle strutture metalliche.
Il campo di applicazione e le modalità del collaudo statico sono, oggi, compiutamente definiti del Decreto Ministeriale 14 gennaio 2008 – Testo Unico delle Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC) e succ. mod., il quale, al capitolo 9 esprime testualmente: “ Il collaudo statico riguarda il giudizio sul comportamento e le prestazioni delle parti dell’opera che svolgono funzioni portanti “.
L’ art. 67 del T.U.E. (Testo Unico dell’ Edilizia), chiudendo la disciplina dedicata agli adempimenti che scandiscono l’ esecuzione di opere in cemento armato e struttura metallica, disciplina compiutamente le modalità procedurali per ottenere tale certificato.
E’ interessante prendere in esame la “copertura penale” che il legislatore ha voluto attribuire a questa norma prescrittiva.
L’ art. 75 del T.U.E. sanziona penalmente con “ l’ arresto fino ad un mese o con l’ ammenda da 103 a 1.032 euro “ << chi consente l’ utilizzazione delle costruzioni prima del rilascio del certificato di collaudo >>.
Tale norma è qualificata come reato permanente a condotta mista, in quanto elemento costitutivo della fattispecie oltre alla componente “commissiva” ( utilizzazione dell’ edificio senza il certificato di collaudo) è anche un aspetto “omissivo” costituito dalla mancata richiesta di collaudo all’ autorità competente.
Dal momento che è considerato un reato permanente, si è stabilito << che la condotta e l’evento si presentano come un complesso unitario sostenuto dalla volontà di protrarre nel tempo la violazione >>. Quindi la causa estintiva della prescrizione del reato opera sullo stesso soltanto se la permanenza sia cessata. Considerato quindi che l’ utilizzazione dell’ edificio è componente della condotta illecita, la cessazione dell’ illecito ( e quindi la consumazione e la decorrenza della prescrizione) si avrà con una condotta “simmetricamente opposta a quella costituiva del reato” e quindi con la cessazione dell’ utilizzo del manufatto o con il rilascio del certificato di collaudo ( Cass. Pen. sez. III, 3 Novembre 2011, n. 1411). Tale ultima considerazione comporta la configurabilità del reato a carico del proprietario dell’ immobile non collaudato.
Tale problematica, spesso trascurata, si ripresenta con tutta la sua rilevanza in materia, sia in materia di beni insistenti sul demanio marittimo ( Cabine Direzionali e Chioschi Bar ), che in quelli “ex statali pertinenziali” e da poco trasferiti al patrimonio comunale (area “Triangolone”).
Gli aspetti da valutare sono molteplici e spesso cadono in contraddizione tra loro. Sull’ arenile molti Chioschi Bar hanno ottenuto il condono di opere accessorie (tende, verande, ampliamenti, ecc…) al manufatto “centrale” e tale legittimazione edilizia postuma è “passata” anche per ( e quindi ha coperto) l’ idoneità statica se i materiali strutturali necessitavano del collaudo statico. E il “manufatto” centrale (Chiosco Bar) non oggetto di condono è coperto da tale certificazione? Stesso discorso per le cabine direzionali dei concessionari balneari.
E se si dovesse effettivamente riscontrare la presenza del certificato di collaudo statico, come si concilierebbe quest’ ultimo con la “facile amovibilità del manufatto” oggetto “della concessione per licenza” e prerogativa atta ad evitare un potenziale incameramento ex art. 49 cod. nav., nel momento in cui si accertasse “la cessazione e/o scadenza delle concessioni” alla luce delle interpretazioni che i giudici nazionali danno della Sentenza C.G.U.E. del 14 Luglio 2016 ?
Stesso discorso, ma con problemi diversi, vale anche per i beni “ex pertinenziali del Triangolone” di proprietà fino allo scorso anno dello Stato.
Qui non si parla di incameramento in quanto essi erano già “pertinenze demaniali” ( dello Stato), ma il Comune di Rimini ha l’ obbligo di verificare che il bene trasmessogli non presenti “problemi statici”.
E se si dovesse contestare il reato ex art. 75 T.U.E., il “chiunque consente l’ utilizzazione” a chi va riferito ? Ai proprietari (Agenzia Demanio, Chioschisti, Concessionari balneari ? ) e ai committenti dei lavori al tempo della commissione del “fatto”, o ad altri soggetti privati e/o pubblici ? E qui è necessario doverosamente rapportarsi ai precedenti casi similari presenti nelle pubbliche amministrazioni e alle interpretazioni giurisprudenziali senza dimenticare che trattasi di “reato permanente” come sopra definito.
Come si può ben capire la materia potrebbe essere fonte di ulteriori complicazioni nella gestione delle concessioni demaniali marittime e/o dei titoli che si riterranno idonei per conferire l’ uso ai privati dei beni “insistenti sul Triangolone” e ritengo che l’ amministrazione comunale, per sua tutela e garanzia, debba esercitare tutte le prerogative necessarie per richiedere “documenti e titoli legittimanti”, sia ai precedenti soggetti pubblici “concedenti”, che ai proprietari pregressi ed attuali di tali beni immobili.
Roberto Biagini