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Zingaretti: “Il contratto di governo è già morto, costruiremo l’alternativa dal basso”

Nicola Zingaretti è a Rimini per la Festa nazionale Dems. Il governatore del Lazio e candidato alla segretaria del Pd accettato di parlare con Chiamamicitta.it dell’Italia, del partito e della sue idee su come cambiarlo.

Zingaretti, che situazione sta trovando nel Partito Democratico girando per l’Italia?

«Non bisogna nascondersi che quella del Pd è una condizione molto dura, difficile e di sfasamento. Ma noi dobbiamo combattere due opposti estremismi. C’è quello di chi getta la spugna e dice che non c’è niente da fare perché abbiamo perso. E poi l’altro estremismo, ugualmente sbagliato, e conservatore. Quello del dire che non è successo niente, in fondo abbiamo solo comunicato male. Due opposte posizioni entrambe sbagliate perché fragili, rispetto invece a una necessità di costruire un’alternativa per questo Paese. E quindi si può uscire da questa situazione di spaesamento solo se con chiarezza diciamo che dobbiamo cambiare. Dobbiamo voltare pagina. Non è vero che è stato solo un problema di comunicazione. Una parte dell’Italia ci ha voltato le spalle perché si è sentita sola e abbandonata nella sua condizione umana, personale, professionale e sociale. Ciò non vuol dire che abbiamo sbagliato tutto, altra cosa non vera. Ma significa riconoscere che oggettivamente il bilancio finale di questo decennio è un aumento drammatico delle diseguaglianze. Quindi il venir meno dell’identità stessa, della cultura della sinistra, che è invece di accorciare le distanze fra chi ha e chi non ha. Quindi è una situazione molto difficile, ma che deve spingerci a cambiare e riprendere a lottare. Non solo con l’opposizione, che ovviamente dobbiamo fare, ma su un’idea diversa e sulla costruzione di un’alternativa per questo Paese».

I cavalli di battaglia di questo governo, come il reddito di cittadinanza o il superamento della Fornero, non vanno in quella direzione, di ridurre le diseguagliaze?

«Veramente c’è una novità. La destra e i 5 Stelle hanno costruito programmi velleitari per tentare di rispondere alle paure. E questo è stato utile per prendere voti. Ma assolutamente inadeguati per poi realizzare un contratto di governo, che è la somma di queste proposte. Una somma irrealizzabile: quel contratto è già morto.

Cioè?

«Quel contratto è morto perché ha una somma di costi che è incompatibile non con l’Europa, ma con il fatto che il mondo si compra il nostro debito e vuole che il nostro debito diminuisca, non che aumenti. In secondo luogo, è morto un contratto che vede insieme due movimenti alternativi fra loro su quasi tutti i punti principali. Hanno idee diverse sulle pensioni. Hanno idee diverse sullo sviluppo economico. E sull’Europa: a Bruxelles hanno votato in maniera opposta, come su Orbàn e l’Ungheria. Hanno idee diverse sul reddito di cittadinanza. La pensano in modo differente perfino su come si deve ricostruire il ponte di Genova dopo quell’immane tragedia. Terzo, quel contratto è morto perché uno dei due leader usa il piedistallo di governo per portare avanti un progetto politico che è solo il suo: non è la realizzazione del contratto con i 5 Stelle, ma l’egemonia della destra su tutta l’Italia. Io non credo che gran parte degli elettori dei 5 Stelle abbia votato quel partito per assistere a questo spettacolo indecente. E quindi noi dobbiamo fare opposizione e denunciare quanto il velleitarismo di queste posizioni ricada sulle spalle degli Italiani. Perché Salvini e Di Maio hanno già messo le mani in tasca ai cittadini, con lo  spread che ha bruciato miliardi di euro. E soprattutto stanno paralizzando l’Italia con le loro distanze su tutto. Questo io penso sia il cuore del problema. Ma se non cambiamo, non siamo credibili. Per questo bisogna voltare pagina al congresso: per aprire una nuova stagione che dimostri che abbiamo capito. E non torniamo indietro, però cambiamo strada».

L’anno prossimo si vota per l’Europa. Un’Europa che Salvini dice però di voler cambiare…

«C’è una differenza fra picconare e cambiare. Salvini l’Europa la vuole picconare. Quelli che l’Europa la vogliono cambiare, siamo noi,. Mi fa ridere che adesso questo scarto degli americani, questo Bannon emarginato dalla politica statunitense, giri l’Italia parlando di patriottismo. E qualcuno gli batte pure le mani, non capendo che il patriottismo di cui parla Bannon è contro gli Italiani. I sovranisti sono i principali avversari della sovranità italiana. Perché se si distrugge l’Europa, come vogliono i Salvini e gli Orban, questo Paese verrà colonizzato dalle grandi potenze mondiali, dai capitali americani, russi, cinesi. Sarà già dura farcela insieme come Europei, ma sicuramente non ce la facciamo da soli come Italiani. Quindi è vero che bisogna fare in fretta, molto in fretta. Però è anche vero che l’Europa sarà il primo banco di prova della loro velleità. E, se saremo capaci, della nostra volontà di riprendere un feeling con questo Paese».

Oggi si trova in una delle piccola realtà italiane. Secondo lei le situazioni locali oggi sono abbastanza rappresentate dalla politica nazionale?

«L’Italia è l’insieme delle realtà. Se abbiamo fatto un errore – e lo dico da amministratore locale, avendo governato prima una provincia e poi una regione – è aver sottovalutato quanto la percezione di vita delle persone si determini nelle città. E il fatto che questo non sia stato oggettivamente una delle preoccupazioni dei nostri governi negli ultimi dieci anni, noi lo paghiamo in percezione di restringimento delle prospettive di vita, di qualità della vita, da parte di milioni di persone che la imputano oggettivamente a noi. Quindi è vitale costruire un’alternativa dal basso e promuovere anche una nuova classe politica, che essendo stata in trincea in questi anni ha più coscienza degli errori fatti quando si guarda solo in alto, senza capire quanto invece  l’orecchio, soprattutto per la sinistra, doveva stare nelle strade ad ascoltare le domande delle persone».

Stefano Cicchetti

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