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Werner Herzog stregato da Pennabilli: “Mi sento vicino a Tonino e appartengo a questi luoghi”

Nel 2002 furono Wim Wenders e Michelangelo Antonioni ad attraversare il piccolo borgo di Pennabilli (il cineasta ferrarese fu portato in carrozzella, a voler essere precisi) e salire fino al borghetto di Petrella Guidi per fermarsi – simbolicamente – davanti alle lapidi volute da Tonino Guerra, che li accompagnava nel “suo” paese, al tempo non ancora di Romagna.

Vent’anni dopo, nel nome del poeta, sceneggiatore o forse più semplicemente (o grandemente) artista santarcangiolese,  nell’anno del suo centenario e a 8 anni dalla morte un altro grande regista ne contemporaneo ne ha visitato i luoghi dell’anima.

E’ Werner Herzog, regista bavarese di fama mondiale, autore di decine di film e documentari che hanno fatto la storia del cinema. Motivo occasionale la consegna del premio Tonino Guerra alla poesia, che è anche un vessillo, un anello con l’impronta del poeta che usava come decoro come i suoi quadri.

Un premio alla poesia e non di poesia, dunque,  non di certo una targa per i poeti comandati.  Niente versi, niente letture. A Pennabilli, la poesia – oggi – è stata quella circoscritta dal verbo greco da cui deriva la parola stessa, quel “poieo”  che tradotto in italiano significa “costruire”, accezione concreta e poco astratta. E infatti l’associazione Tonino Guerra ha voluto premiare un estimatore del poeta e sceneggiatore scomparso da una parte ricordando dall’altra come la poesia sia alla base del processo creativo e artistico a tutto tondo anche del cinema.

Sono nato in Baviera in un posto molto simile a questo“, ha detto. “entroterra, nei miei sogni vedevo solo montagne. Come Tonino Guerra io ho cominciato la mia carriera come poeta prima di fare film e ora sono tornato poeta. Ho ricominciato a scrivere, durante la pandemia ho scritto due libri. uno di questi racchiude le mie memorie. E sempre come Tonino Guerra ho imparato prima il dialetto che il la mia lingua madre“.

Per Herzog Guerra, e il riferimento e ancora al dialetto, “Tonino era un uomo che camminava con i piedi ben piantati per terra, era quindi un uomo radicato”. Conoscenza e radicamento per lo stesso Herzog “sono al centro del significato intrinseco di poesia”.

E in quella Pennabilli così vicina alla Rimini di Fellini non poteva mancare un passaggio sul cineasta riminese. “A parte il film “La Strada” non credo che l’opera di Federico Fellini sia nelle mie corde“. Vale però la pena di precisarlo: nessun intento provocatorio ha scandito le parole di Herzog che ha piuttosto fatto trapelare un po’ di sana sincerità.

 “Oggi sto nel posto dove devo stare, appartengo a questo posto”, ha poi detto durante la premiazione.
Spiegando il senso dei premi consegnati a Herzog, Luca Cesari – direttore dell’Accademia delle Belle Arti di Urbino e dell’Associazione Culturale Tonino Guerra, di cui è presidente il compositore Andrea Guerra – ha sottolineato il gesto totale di Tonino verso la poesia: “Abbinamento tra la voce, il gesto, il movimento. E il mondo artistico di Werner Herzog appartiene alla stessa poetica.”
L’intensa serata è proseguita con le dotte riflessioni sul cinema e sulla poesia di Herzog da parte di Francesco Cattaneo, professore di Estetica all’Università di Bologna, e da Raffaele Milani, professore di Psicologia dell’arte ed Estetica del Paesaggio all’Università di Bologna, che ha interrogato il regista sul suo concetto di verità.

Nessuno lo sa, né i filosofi, né gli intellettuali e neppure il papa…. Io non credo soltanto nei fatti. Non possono essere ignorati, ma se pensi solo ai fatti stai davanti a una parete di pietra, un elenco telefonico sarebbe una bibbia dei fatti. Ma io voglio sapere che cosa succede a un qualunque sig. Smith. Credo che dobbiamo lasciarci andare a qualcosa che somiglia all’estasi. Come succede ai poeti, ai mistici.. Dentro di noi c’è la verità, quello che c’è da conoscere è il cuore degli uomini, camminare a contatto con la terra, conoscere la natura e. Il nostro paesaggio. Mi sento come uno che cammina, va a piedi nella natura. Considero Tonino Guerra come uno di famiglia, un fratello che non ho mai incontrato.

Anche io ho parlato dei luoghi e dei paesaggi dell’anima da più di 40 anni, nei miei libri, oltre che nel mio cinema. Quindi sento che questo luogo è un epicentro della mia vita e della mia arte”. Interrogato sulla tecnologia, dice che è un fenomeno irreversibile, “Ma non mi sento completamente confuso, credo che viviamo nelle nostre illusioni, in un teatro di pensieri. Sono stato in laboratori in cui si verifica l’attività cerebrale e ho capito che ci si può ‘adattare’ alla realtà virtuale, viverci come se fosse un mondo vero. E allora forse anche la poesia e la musica e l’arte sono un mondo costruito in modo illusorio“.

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