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Viaggio nella babele della prossima legge urbanistica regionale

La Giunta della Regione Emilia-Romagna ha presentato nei giorni scorsi la bozza di Progetto di legge “Disciplina regionale sulla tutela e l’uso del territorio” (che d’ora in poi chiameremo Nuova LUR–Legge Urbanistica Regionale).

Mercoledì 16 l’assessore Gabriele Donini ed i suoi tecnici hanno partecipato a Rimini ad una delle tappe del tour di presentazione della proposta per un “confronto sul testo con i territori” prima di scrivere la versione definitiva del Progetto di Legge da consegnare poi alla discussione dell’Assemblea legislativa.

Una premessa: dopo 40 anni di leggi urbanistiche regionali dobbiamo domandarci se ha ancora senso che ogni regione continui ad approvare nuove leggi urbanistiche quando la legislazione urbanistica nazionale – che deve comunque essere rispettata, e che in caso di giudizio amministrativo è il primo riferimento del giudice- è ferma, nel suo impianto generale, alla Legge Urbanistica del 1942 ed ai decreti sugli standard del 1968, a cui si sono via via aggiunte leggi e leggine, condoni, norme specifiche e settoriali, fino a creare un groviglio normativo utile solo a produrre a getto continuo giurisprudenza.

Ha senso che pur di avere una legge urbanistica regionale si moltiplichi la babele di definizioni, acronimi di Piani (ne hanno contati oltre 100), procedure e dettagli tecnici, diversi per ogni regione, che gravano sugli operatori del settore, tecnici ed imprenditori, italiani, ed ancor più stranieri?

Si deve infine valutare, dopo 40 anni, l’efficacia delle leggi regionali che hanno sempre e tutte promesso la tutela del territorio: nella nostra regione, sicuramente una delle meglio amministrate in questo settore, con una attenzione permanente al tema, si deve registrare – come ha appena ricordato l’assessore Donini – che ancora oggi la somma regionale delle previsioni dei Piani regolatori comunali consentirebbe di costruire altre 2 nuove città di Bologna!

Credo che basti e avanzi per ritenere del tutto ragionevole che oggi sarebbe più utile investire risorse politiche e tecniche per scrivere ed approvare una nuova Legge Urbanistica Nazionale che procedere (come sta succedendo) nella bulimica proliferazione di ulteriori nuove leggi urbanistiche delle 20 regioni italiane.

Nonostante ciò l’interesse civico per le sorti del nostro territorio e delle nostre città e per la qualità degli atti e delle funzioni amministrative dei nostri enti locali e territoriali mi spinge a svolgere qualche personale considerazione su alcuni disposizioni della Nuova LUR. Procedendo in modo non sistematico, ma per appunti e commenti spot.

 Gli Obiettivi (art.1)

La Nuova LUR mette al primo posto l’obiettivo del contenimento del consumo di suolo, seguito dal suo complementare: “favorire la rigenerazione dei territori urbanizzati…” in tutti i suoi aspetti, ambientale, della sicurezza e della qualità della città. Sottoscrivo.
Forse per rappresentare la “svolta buona” la nuova LUR capovolge l’ordine di esposizione e trattazione dei Piani: invece di partire, come da tradizione, dal Piano regionale, e poi a scendere, al provinciale e al comunale, si parte dal Piano comunale, e, a seguire il provinciale (pardon, di “area vasta”!), e il regionale (risorge il PTR vecchio stile). Spero ciò non significhi, anche, confondere i ruoli di città e territorio, scambiare la parte per il tutto: il territorio, il paesaggio, l’ambiente esistono e possono esistere senza città. Non vale il contrario.
E ancora ai Comuni si guarda con l’intenzione di valorizzare la loro “capacità negoziale”, ed aumentare la qualità professionale degli uffici tecnici. Insomma sembra che al Governo (del territorio) ci siano anzitutto i Sindaci (o ex), che quindi si mettono per primi. Forse sarà così per le grandi città, forse. Per i tanti medi e piccoli comuni, chiedete al sindaco quanto “governa” e ai pochi tecnici comunali – spesso uno solo – quanto tempo e soldi ha, per l’aggiornamento professionale!

La promozione del riuso e della rigenerazione urbana

Art.8, commi 2 e 3. Commercio, trasferimento e trascrizione dei diritti edificatori: se lo conosci lo eviti.
Art.9, comma 1, lettera e). Riduzione/azzeramento degli standard di parcheggi pertinenziali e pubblici. E’ prevista in particolari parti della città esistente, dotate di buona accessibilità con mezzi pubblici e sostenibili. Tale riduzione (che rappresenta un risparmio netto per l’operatore immobiliare), è subordinata all’“impegno dell’operatore e dei suoi aventi causa a rispettare le limitazioni al possesso e all’uso di autovetture”, impegno da inserire nella Convenzione urbanistica che autorizza l’intervento.
Mi faccio e voglio condividere con voi alcune domande:

  • La limitazione al possesso ed all’uso di automobili vale per il proprietario attuale e futuro dell’immobile, od è estesa a tutti i membri della famiglia?
  • quale è, se è prevista, la durata temporale della limitazione, o deve considerarsi senza fine?
  • quale è la forma di fideiussione prevista e richiesta a garanzia dell’obbligazione in argomento?
  • chi e come eserciterà il controllo sull’adempimento dell’obbligazione?
  • Si sono, infine, considerati i profili di legittimità di tale obbligo urbanistico a non possedere un bene liberamente in commercio?

Art.11, comma 5. Interventi per la riduzione del rischio sismico. Il Piano Urbanistico Generale (PUG) favorisce l’attuazione degli interventi di riduzione del rischio sismico “dando applicazione a quanto disposto dall’art.27, comma 5, della legge 1 agosto 2002 n. 166” che consiste – in parole povere – nella possibilità per i proprietari del 51% del valore di un condominio di costituire un consorzio abilitato per legge a presentare un progetto e realizzare un intervento edilizio sull’intero immobile, potendo eventualmente anche espropriare i proprietari non aderenti alla assolutamente meritevole iniziativa edilizia.

Nonostante le buone e sacrosante ragioni per cui la parte più dinamica e responsabile di un condominio proponga di intervenire sull’immobile con un intervento di miglioramento o adeguamento sismico dello stesso, mi sembra irrealistico pensare di superare le resistenze, più o meno motivate (uno può essere troppo vecchio per, uno può non avere i soldi, uno può fregarsene…), di una parte seppure minoritaria, del condominio stesso, con l’utilizzo dell’esproprio, dopo decenni di pubblico vilipendio dell’istituto stesso, additato – da destra a manca – al pubblico ludibrio. Sorvolando sui problemi organizzativi e logistici di un intervento che deve prevedere un periodo di trasferimento dei residenti in altre abitazioni, difficili in condizioni di unanime consenso, impossibili a mio parere con una parte di “resistenti al cambiamento”.

Il Piano Urbanistico Generale

Il Piano Urbanistico Generale della nuova LUR assomiglia alla sommatoria di tre precedenti strumenti: il PSC (invarianti strutturali e scelte strategiche) + RUE (disciplina degli interventi diretti nella città costruita (=Territorio Urbanizzato)) + il “Documento programmatico per la qualità urbana” del POC (Strategia…).
Il PUG contiene strategie e norme: la “Strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale” (art.33); la disciplina del riuso e rigenerazione con interventi diretti (SCIA e Permesso di costruire) della città costruita (ex-RUE), la disciplina dei nuovi insediamenti esterni al TU, la disciplina del territorio rurale (artt.34 e 35).

La cartografia dovrebbe essere “ideogrammatica” (vedo/non vedo, come nella migliore grafica sexy d’altri tempi) per le grandi scelte, ma dovrà necessariamente diventare “catastale” (in che zona/ambito/parte/ è mia proprietà? E quindi cosa posso e non posso fare?) per gli interventi diretti nella città costruita, ed è prevista “con indicazioni di massima di carattere progettuale e localizzativo” per alcuni interventi pubblici puntuali nonché con l’individuazione di fasce di fattibilità per le grandi reti infrastrutturali della “Strategia”.
Insomma, si comincia con l’intenzione – sacrosanta – di semplificare, ma si finisce per ritrovarsi con la solita montagna di norme, di tavole, e di files.

La tavola dei vincoli

Nella nuova LUR è confermata la disposizione – già presente nella LR 20/2000 – che chiede ai comuni di predisporre e mantenere aggiornata la mappa degli innumerevoli vincoli derivanti da piani e da leggi e disposizioni di una imprecisabile quantità di enti e soggetti con competenze territoriali che continuano a modificare i propri piani, leggi e disposizioni, compresa, naturalmente, la Regione stessa. La Tavola è condizione di legittimità degli atti e provvedimenti urbanistici comunali.
E’ naturalmente previsto che la Regione e la Aree Vaste che verranno svolgano l’attività di raccolta, sistemazione, informatizzazione, diffusione e coordinamento informativo e cartografico dei materiali oggetto della Tavola stessa a favore dei Comuni che devono poi redigere e certificare l’elaborato costitutivo del PUG.

Non è più semplice, razionale ed economico, che la Regione – indubbiamente il soggetto con l’apparato tecnico e di competenze amministrative più robusto ed adeguato alla redazione di un elaborato con uguali contenuti tematici su tutto il territorio regionale – sia incaricata della redazione, mantenimento e certificazione di questa indispensabile Tavola dei vincoli? E di renderla consultabile, acquisibile per il territorio di interesse, interoperabile, sul proprio portale geografico ai Comuni ed a tutti i soggetti interessati?

 Gli Accordi operativi…o decisivi?

La Nuova LUR, volendo semplificare, sostituisce la sequenza POC-PUA con un unico strumento: l’Accordo Operativo (AO).
Gli AO come il POC assegnano i diritti edificatori e sono approvati dal Consiglio comunale; e come i vecchi Piani particolareggiati ed i PUA “attuano le previsioni generali del PUG” e definiscono la “disciplina urbanistica di dettaglio relativa agli usi ammissibili, agli indici e parametri edilizi e le dotazioni territoriali”.
In parole povere un AO è come un POC monodose. I suoi contenuti urbanistici – quanto e come costruire, quanto e come compensare in opere e sovvenzioni – viene sottoposto all’esame dell’Ufficio di Piano che dirà se è conforme alle strategie ed alle ipotesi localizzative “ideogrammatiche” del PUG (sfido, nella totalità dei casi, a dare parere contrario!), al Comitato Urbanistico di Area Vasta (CUAV) che valuterà la compatibilità ambientale e poco altro, al pubblico (deposito e osservazioni), alle autorità ambientali (Valsat); alla fine il Consiglio comunale, tenendo conto di tutti i pareri, ma potendo replicare a tutti i pareri, decide in piena autonomia, e autorizza il Sindaco a sottoscrivere l’Accordo.
La semplificazione procedurale è evidente. Altrettanto evidente è la centralità che assume il caso particolare, l’intervento e la forza del singolo operatore, la maggioranza che riesce a formarsi in consiglio comunale. Ancora una volta dipende dalla stazza e dalla sana e robusta costituzione del Comune interlocutore.

Il Comitato Urbanistico Area Vasta (CUAV)

La nuova LUR rispolvera il vecchio Comitato consultivo provinciale in materia urbanistica della Legge regionale 6/1995 con il nuovo Comitato Urbanistico di area Vasta composto da un rappresentante della Giunta Regione, della AV, e del Comune interessato, ARPAE e altri enti che rilasciano pareri.
Il CUAV esprime un parere sul PUG che è elemento costitutivo ed imprescindibile del procedimento di approvazione del PUG in quanto espressione di tutte le condizioni di contesto pianificatorio (Piani regionali, piani ambientali, piani settoriali, ecc.) che influiscono prescrittivamente sulla libera discrezionalità del Comune nella approvazione del PUG.
Il parere (comprensivo del parere motivato ambientale) sul PUG è approvato, con un voto, dai rappresentanti di Regione, AV e Comune interessato.
In presenza di un PUG particolarmente dettagliato, il CUAV può motivatamente esentare un AO dalla Valsat.

C’è a mio parere qualche (noto) conflitto:

  • Se il CUAV emette il Parere con un proprio provvedimento amministrativo, – vista la composizione del CUAV – emerge un conflitto controllore -controllato in capo al rappresentante del Comune;
  • Se il parere del CUAV viene approvato con provvedimento dell’AV si configura, più sfumato, lo stesso conflitto in quanto l’AV è composta da eletti dai Consigli comunali;

La soluzione è semplice: il provvedimento di assunzione ed approvazione del parere del CUAV deve essere approvato dalla Giunta Regionale.

 L’Ufficio di Piano (art.52)

Anzitutto suscita piacevole sorpresa la riproposizione di contributi regionali per la costituzione degli Uffici di Piano intercomunali a 43 anni dalla prima legge regionale (LR 10/1973) che prevedeva identiche misure.
Ancor più interessante è la disposizione per cui l’Ufficio di piano “deve essere dotato di personale in possesso delle competenze professionali richieste per lo svolgimento delle funzioni di governo del territorio, tra cui quelle in campo pianificatorio, paesaggistico, ambientale, giuridico ed economico finanziario.”(c.3); che la costituzione dell’Ufficio dovrà avvenire “senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”(c.1), e che la Giunta regionale individuerà “standard minimi per l’ufficio di piano… con riferimento alla dimensione demografica e territoriale del Comune”.
L’unico dubbio deriva dal fatto che nella nostra regione su 334 comuni, 48 hanno meno di 2.000 abitanti, 141 meno di 5.000, solo 50 più di 15.000 abitanti. E che quindi attuare le suddette disposizioni comporterà un impegno “sostitutivo” della Regione davvero significativo in termini di risorse e personale da distaccare.
Davvero innovativa e spericolata è poi la disposizione che attribuisce all’Ufficio di Piano la competenza a “negoziare” con i proponenti un AO, quando il PUG non è sufficientemente dettagliato e preciso su quell’intervento: non voglio pensare a come la prenderà il dirigente di quell’Ufficio!

Fabio Tomasetti
Architetto, già dirigente del Servizio pianificazione e urbanistica della Provincia di Rimini

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