Carlo Lucarelli lo definì “un agguato pensabile solo in Afghanistan o in zone di mafia”. Avvenne invece in periferia di Bologna e morirono Andrea Moneta, Mauro Mitilini e Otello Stefanini, tre carabinieri ventenni massacrati la sera del 4 gennaio 1991 al Pilastro, sotto una pioggia di 222 proiettili.
Quest’anno, a causa delle norme di contenimento del Covid-19, i parenti, che vivono in altre città, non potranno essere presenti alla cerimonia del trentesimo anniversario, dove è atteso il comandante generale dell’Arma, Giovanni Nistri. “Non esserci è per noi una grande sofferenza”, dice all’ANSA Ludovico Mitilini, fratello di Mauro. A distanza di tre decenni è convinto che alla ricostruzione della storia manchino dei pezzi: “Siamo di fronte a una verità monca, ci sono lati oscuri: per questo da parte di alcuni familiari sarà fatta una richiesta formale di riaprire le indagini”. Secondo Mitilini, nella sentenza del 1997 “ci sono elementi che destano perplessità, testimonianze non valorizzate per quello che erano“.
Tra i punti segnalati, il fatto che la Corte di assise “ha creduto alla versione dei Savi (i leader del gruppo criminale, ndr) che affermarono ‘i tre carabinieri furono uccisi per impossessarsi delle loro armi’ eppure i membri della banda avevano a disposizione un arsenale, non c’era bisogno di rubarle ai Carabinieri. C’è poi il tema di un’ordinanza del questore di Bologna che disponeva “una vigilanza fissa delle forze dell’ordine innanzi alla ex scuola Romagnoli, colpita nei giorni precedenti da una molotov. Non è chiaro, allora, come mai i carabinieri si fossero spostati in via Casini, dove furono assassinati, luogo ‘non limitrofo’ ed abbastanza distante dall’obiettivo da vigilare. Tra le testimonianze non sufficientemente valorizzate, a suo avviso, quelle di chi vide i killer, dopo la strage, salire su un’Alfa guidata da un ‘quarto uomo’ mai identificato.
Restano dubbi anche sulla modalità dell’assassinio: “Dopo aver colpito i carabinieri, con una pioggia di fuoco, non scapparono, anzi, continuarono a sparare assicurandosi che i tre fossero morti, quindi, probabilmente, l’obiettivo di quella sera del 4 gennaio 1991 era proprio uccidere tre giovani carabinieri“.
A dirsi “un po’ sorpresa” dalle parole di Mitilini è Rosanna Zecchi, presidente dell’associazione delle vittime. “A febbraio, prima che scoppiasse la pandemia, avevamo fatto una riunione e avevamo stabilito tutti insieme, all’unanimità, di aspettare la digitalizzazione degli atti. Poi – aggiunge – oggi ha ritenuto di fare queste dichiarazioni, a titolo personale, è libero di farlo. Cerchiamo anche noi la verità, il nostro obiettivo è questo, ma non esageriamo. Non abbiamo mai messo in discussione la Procura e quello che ha fatto il dottor Giovannini”, il pm che fece le indagini sui delitti bolognesi che ha auspicato, come lei, che gli atti siano presto digitalizzati.
Nella giornata di oggi ricorrono i 30 anni dalla Strage del Pilastro. La cerimonia di commemorazione si è tenuta a Bologna in forma ristretta a causa delle restrizioni anticovid senza dunque i familiari. E dal Quirinale è arrivato anche un messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
“In questo giorno – scrive il capo dello Stato – desidero, anzitutto, esprimere i sentimenti più intensi di vicinanza e solidarietà ai familiari delle vittime, che negli anni hanno dovuto convivere con un dolore senza misura. I loro cari erano poco più che ventenni quando sono stati colpiti dall’infame crudeltà di una banda di assassini, che per lungo tempo hanno seminato morte con freddezza disumana, e hanno anche ignobilmente macchiato la loro divisa di servitori dello Stato.
Resta iscritto nella memoria della Repubblica il senso del dovere dei giovani Carabinieri, il servizio prestato per la sicurezza della comunità. Figure che si aggiungono a quelle dei molti altri che hanno tenuto fede ai loro compiti fino a pagare – per la legalità e la giustizia – il prezzo più alto“.
E oggi anche Eva Mikula, ex fidanzata di Fabio Savi, uno dei capi del gruppo criminale, ha lanciato un messaggio ai familiari delle vittime, Andrea Moneta, Mauro Mitilini e Otello Stefanini.
“Comprendo e rispetto l’immenso dolore dei loro congiunti – dice in una lettera aperta inviata all’ANSA – e mi associo all’appello che lanciò lo scorso anno Ludovico Mitilini, il fratello di Mauro, che nei giorni scorsi ha annunciato richiesta formale per la riapertura delle indagini.
Mikula, che nei mesi scorsi aveva chiesto pubblicamente protezione e aiuto, oggi vuole manifestare “ai familiari dei tre ragazzi, vittime della follia umana, tutto il mio cordoglio e tutta la mia vicinanza al loro lutto, pur con la consapevolezza che nessuna frase di circostanza, nessun risarcimento potrà mai alleviare le loro continue e inguaribili sofferenze. Non sono solo le parole che servono – prosegue – sono soprattutto i gesti che accorciano le distanze per la memoria e il rispetto per chi ancora soffre. Io ero una ragazzina di soli 15 anni e vivevo con la mia famiglia in Romania, all’epoca di quel tragico evento, non potevo nemmeno immaginare che dopo qualche anno avrei conosciuto i responsabili di questo crimine“.