“Auspichiamo che la commemorazione del 4 gennaio non sia solo un modo per onorare il ricordo di tre giovani carabinieri, ma che esorti le istituzioni democratiche del nostro Paese a continuare a ricercare la verità sui quei sette anni di terrore seminati dalla Banda della Uno Bianca e non condividiamo l’atteggiamento di chi, avendo seguito a vario titolo questa triste vicenda, si contrappone alle nostre istanze di verità e giustizia, affermando di avere la certezza che sulla Banda della Uno Bianca non ci sia altro da chiarire”.
Lo scrivono i familiari di Andrea Moneta, Mauro Mitilini e Otello Stefanini, i tre militari uccisi al Pilastro di Bologna, 31 anni fa.
“Se questo assunto fosse vero questi signori dovrebbero spiegarci come mai la Procura Generale di Bologna, grazie alla memoria presentata dall’associazione dei familiari delle vittime della Strage di Bologna del 2 agosto ha riaperto il caso, avocando a se l’inchiesta sui mandanti, dopo che la Procura ordinaria aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo”.
“Anche noi familiari delle vittime della Uno bianca abbiamo il diritto di cercare mandanti e complici, ed è per questo che presenteremo un esposto che ripercorrerà tutte le azioni oscure della Banda”, aggiungono nel giorno dell’anniversario i parenti dei tre carabinieri, secondo cui “dopo 31 anni ancora non conosciamo tutta la verità su quella strage”. Come di tante altre azioni della banda, “conosciamo solo alcuni esecutori materiali, un gruppo criminale composto per la gran parte da poliziotti che si rese responsabile di 24 omicidi e di 102 feriti”, azioni “senza un chiaro movente e caratterizzate da una ferocia omicida del tutto irragionevole rispetto ai presunti obiettivi”.
(ANSA)