“Faremo le nostre verifiche, se effettivamente non c’è riscontro processuale, bisogna togliere quel nome, dovremo correggere tutte le nostre targhe”. Rosanna Zecchi, presidente dell’associazione familiari delle vittime della Banda della Uno Bianca, parla così con l’ANSA della possibilità che uno dei nomi indicati tra le persone uccise, nelle targhe ufficiali, non sia stato in realtà vittima di un delitto attribuito al gruppo criminale guidato dai fratelli Savi.
Si tratta di un episodio che inizialmente ipotesi investigative riportate dai media associarono alla banda della Uno Bianca, ma poi questa ipotesi non avrebbe avuto seguito. Questa mattina Zecchi ha partecipato a Rimini all’inaugurazione del ‘Giardino della Memoria”, monumento appena restaurato in ricordo delle vittime del gruppo criminale, attivo tra il 1987 e il 1994 tra Bologna, Romagna e Marche.
In questa occasione è stata depositata anche una nuova mattonella commemorativa ed è stato aggiunto un mandorlo ai 23 già presenti, intitolato a Fathi Ben Massen, tunisino ucciso a Rimini il 19 dicembre 1990 davanti al bar Blue Line, un assalto in cui furono ferite altre sette persone. Il fatto però non venne confessato dai killer, a differenza di altri delitti, e “il dottor Paci mi ha detto che dalle prove balistiche emersero che non c’erano le armi che usavano i Savi”, spiega Zecchi, riferendosi al pm che fece le indagini sui crimini riminesi, incontrato alla commemorazione.
Il nome di Ben Massen, però, non è solo nel giardino di Rimini, ma anche sulla targa del monumento nel parco dedicato alle vittime in viale Lenin a Bologna, posta nel 2001, rubata nel 2019 e poi ritrovata. Oltre che sulla mappa interattiva sul sito del Comune di Bologna. “Verificheremo e cercheremo di capire perché è stato inserito, se è vero che non c’è una sentenza”, conclude Zecchi.
(ANSA)