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In ogni stabilimento balneare ci sia una parte di spiaggia libera

Concessioni demaniali. Occorre fare i bandi, le spiagge libere sono scarsissime

Ritorno sulle concessioni demaniali perché si tratta di un aspetto fondamentale per la nostra economia turistica. Mi è data l’occasione anche la partecipazione ad un dibattito su Icaro Tv con la presenza di un rappresentante del Sib Regionale (Simone Battistoni) e di Oasi di Riccione (Diego Casadei). Sono state trasmesse anche due interviste ai parlamentari Jacopo Morrone della Lega e Marco Croatti dei 5 Stelle.

Sono rimasto impressionato dalle posizioni dei balneari e dall’onorevole Morrone. Dopo anni che non ne hanno azzeccata una: da fuori dalla Bolkestein alle proroghe fino a 90 anni continuano a farneticare con altre colossali stupidaggini.

Ora va di moda la scarsità di risorse. Secondo i “nostri esperti” di concorrenza si può facilmente dimostrare che non vi è scarsità di spiagge da mettere in concessione con nuovi bandi. Io non so da dove provenga questa convinzione, sta di fatto il Consiglio di Stato è stato chiaro con la sentenza in adunanza plenaria del novembre 2021 N.17.

Scrivono i giudici: “Il concetto di scarsità va, invero, interpretato in termini relativi e non assoluti, tenendo conto non solo della “quantità” del bene disponibile, ma anche dei suoi aspetti qualitativi e, di conseguenza, della domanda che è in grado di generare da parte di altri potenziali concorrenti, oltre che dei fruitori finali del servizio che tramite esso viene immesso sul mercato… Da questo punto di vista, i dati forniti dal sistema informativo del demanio marittimo (SID) del Ministero delle Infrastrutture rivelano che in Italia quasi il 50% delle coste sabbiose è occupato da stabilimenti balneari, con picchi che in alcune Regioni (come Liguria, Emilia-Romagna e Campania) arrivano quasi al 70%. Una percentuale di occupazione, quindi, molto elevata, specie se si considera che i tratti di litorale soggetti ad erosione sono in costante aumento e che una parte significativa della costa “libera” risulta non fruibile per finalità turistico-ricreative, perché inquinata o comunque “abbandonata”A ciò si aggiunge che in molte Regioni è previsto un limite quantitativo massimo di costa che può essere oggetto di concessione, che nella maggior parte dei casi coincide con la percentuale già assentita”.

In conclusione, secondo il Consiglio di Stato le spiagge in Italia non sono scarse, ma scarsissime.

Sulla costa Romagnola la percentuale in molti comuni è oltre il 90%.

Quando verrà archiviato questo argomento, cioè a breve, si passerà all’altro rimasto sul tavolo: il riconoscimento del valore aziendale. Ne parleremo in una prossima puntata.

Da sinistra, Simone Battistoni e l’On Jacopo Morrone

 

In ogni stabilimento balneare prevedere una quota di spiaggia libera

Invece di perdere tempo dietro all’ipotesi priva di fondamento di spiagge libere da dare in concessione, è il caso di affrontare il problema contrario. Come aumentare le spiagge libere.

L’Emilia-Romagna si piazza nel podio delle regioni con il più alto tasso di spiagge date in concessione (quasi il 70%), prima in Italia per numero di stabilimenti balneari (1063, circa il 10% del totale degli stabilimenti italiani) e ospita il record dell’unico comune italiano con il 100% di spiaggia data in concessione, Gatteo (FC). In assenza di una normativa nazionale che stabilisca un rapporto tra spiaggia libera e spiaggia in concessione, l’Emilia-Romagna ha stabilito con la legge regionale n.9/2002 una soglia minima di spiaggia libera o libera attrezzata del 20% dell’intera costa, tasso irrisorio considerato il fatto che viene raggiunto solamente dalle spiagge protette in aree naturali come il Delta del Po.

Per spiaggia libera si intende ogni area demaniale marittima non data in concessione idonea per la balneazione e disponibile liberamente e gratuitamente all’uso pubblico. Nelle spiagge libere devono essere garantiti la pulizia, i servizi essenziali e il servizio di salvamento.

Nel Comune di Rimini solo il 7% di tutto l’arenile è spiaggia libera.

Sarebbe un grave errore non cogliere l’occasione delle evidenze pubbliche, per una riorganizzazione di tutta la materia delle concessioni compresa la revisione dei canoni demaniali, per riequilibrare anche le spiagge libere.

Nella situazione attuale è sconsigliabile mettere mano ai piani dell’arenile modificandoli per raggiungere lo standard di qualità della dotazione di spiagge libere. Troppo complicato.

Mi sento di fare una proposta che permetterebbe di ottenere lo stesso risultato senza modificare i piani dell’arenile. La proposta è semplice. In ogni stabilimento balneare venga prevista una percentuale in base all’estensione della concessione dell’arenile da lasciare a spiaggia libera. Ovviamente su quell’area verrebbe eliminato il canone, ma sarebbe a carico del concessionario la pulizia della spiaggia e il servizio di salvamento.

Sarebbe una novità importante che permetterebbe di avere spiagge libere diffuse e al tempo stesso fornire ai nostri ospiti livelli di servizi di alta qualità. Non solo i servizi di spiaggia, ma anche quelli legati all’animazione, alla ristorazione ed altre attività anche a pagamento nello stabilimento balneare.

Immagino già una possibile alzata di scudi da parte degli attuali concessionari. Penso, invece, che questa possibilità dovrebbe essere inserita nei bandi come elemento migliorativo per la valutazione dei progetti. Evidente che vi dovrebbe essere una indicazione nella  nella legge regionale.

La spiaggia libera presso il porto di Rimini

Lavoratori stagionali. “Ridurre gli orari, indennità di disoccupazione alloggi a prezzi calmierati”. La ricetta degli albergatori

In una recente intervista la presidente dell’associazione albergatori di Rimini Patrizia Rinaldis ritiene che “la ricerca di personale resta un problema, ma non della Riviera, bensì italiano. Le difficoltà erano presenti prima del Covid, e sono esplose con la pandemia. Serve rivedere tante cose, dalla Naspi (una indennità mensile di disoccupazione, ndr) che oggi è penalizzante, agli alloggi che devono trovarsi ed essere disponibili, all’intero mondo del lavoro stagionale”.

Un netto cambio di passo, di analisi del problema rispetto agli ultimi due anni dove vi era un solo argomento in campo: “I giovani non hanno voglia di lavorare e stanno sul divano con il reddito di cittadinanza”. Ora si scopre che va cambiata la Naspi e bisogna trovare gli alloggi al personale a prezzi compatibili con i salari. Si stanno moltiplicando a Rimini come a Riccione le iniziative per usare strutture ricettive chiuse o marginali in strutture per lavoratori stagionali.

Poi si viene anche a sapere che nel turismo ci vogliono orari più “umani”. Finalmente una prima presa di coscienza che potrebbe migliorare la qualità del lavoro in alberghi e ristorazione e la qualità del nostro prodotto turistico.

Patrizia Rinaldis presidente AIA Rimini

Maurizio Melucci

 

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