Pubblichiamo il pensiero di un lettore sulla promozione a Rimini del Fellini Museum (e non solo)
“Non bastava la martellante pubblicità edita sui quotidiani locali, e nelle plance ad essa dedicate sparse per la città, per propagandare il museo, o musei, Fellini. Ora si imbrattano pure alcuni marciapiedi e oltretutto, come in questo caso, con indicazioni poste al contrario del senso di direzione di dove si vuole indicarne la meta come la logica vorrebbe; anche una spruzzata di ridicolo quindi. Siamo in Via Saffi, e il verso di lettura dell’indicazione reca verso Covignano.
Questa sarebbe la strategia per promuovere un museo che ha l’ambizione di essere internazionale? Non risulta di avere mai visto un museo importante, quale Gli Uffizi, i Musei Vaticani ecc. ricorrere a questi mezzucci piuttosto puerili e provinciali. Francamente non se ne può più di questa ossessiva e ridondante pratica, che allontana piuttosto che attrarre l’interesse per quel progetto; Rimini non è solo quello che invasivamente vogliono farci credere.
Ritengo che tutta questa pressione renda in realtà un sintomo di stanchezza precoce di questa iniziativa, fortemente imposta alla città e che ha avuto pure il torto di dividerla pesantemente non tanto come è, ma dove è. Infine. Un’amministrazione trasparente, dati i fiumi di denaro e l’importante aspetto prima ricordato di tema sociale e culturale, dovrebbe rendere noti pubblicamente con un monitoraggio periodico, i dati di affluenza a quei siti e degli incassi.
Un doveroso rendiconto a fronte di tanti e tanti soldi impiegati, anche per modificare opere già eseguite, e dalla pesante scelta attuata che condizionerà di fatto la città per molti anni a venire. Ma soprattutto per dimostrare la giustezza o meno di come si spende il denaro pubblico, che essendo tale vale quanto meno il doppio del suo valore. Sono però certo che ciò non si attuerà mai perché, come ormai è tradizione anche per altre iniziative, alla roboante pubblicità iniziale non vi è mai stato dato un riscontro consuntivo; perché a Rimini è tradizione locale e così si usa”.
Salvatore De Vita.