I Carabinieri di Siena sono riusciti a smascherare un sodalizio criminale con base a Napoli dedito per lo più a truffe perpetrata a danno di anziani nel Nord e Centro Italia. Le truffe venivano rifilate anche ad attività commerciali, alle quali veniva offerta la vendita di pepite e lingotti d’oro falsi. La prima piccola pepita esibita al “Compro oro” o al commerciante di preziosi risultava essere buona ma, una volta concordato il prezzo per la fornitura, venivano riversate partite di oggetti solo rivestiti d’oro, con una consistente quota interna in ferro o acciaio.
Parte delle truffe venivano architettate anche all’estero in particolare in Marocco e Tunisia. Nel corso dell’operazione di oggi, che ha visto l’impiego di oltre 100 militari dei Comandi Provinciali di Siena, Napoli, Milano, Brescia, Rimini e Pistoia, sono stati eseguiti in Napoli e Milano 11 dei 12 provvedimenti cautelari, emessi dal GIP del Tribunale del capoluogo senese. Perquisizioni sono state effettuate anche a Brescia, Rimini e Pistoia nei confronti di ulteriori indagati.
I reati contestati dalla Procura della Repubblica di Siena che ha coordinato l’intera attività investigativa, vanno dall’associazione per delinquere finalizzata alla truffa o all’estorsione, alla truffa aggravata, al favoreggiamento personale o reale e alla ricettazione con riferimento ai singoli episodi.
Le indagini, condotte dal Nucleo Investigativo di Siena, sono scaturite da alcuni episodi di raggiro avvenuti nel capoluogo senese nell’estate dello scorso anno. I militari sulla base dei pochi elementi raccolti nell’immediatezza del fatto, attesa anche l’emotività delle vittime, focalizzavano la loro attenzione su numerose schede telefoniche risultate utilizzate nei singoli episodi di truffa e intestate a cittadini pakistani.
Sono stati ricostruiti oltre 50 episodi di truffa avvenuti in Siena, Perugia, Milano, Treviso, Gallarate, Domodossola, Bologna, Perugia, Torino, Treviso, Padova, Milano, Napoli, Tivoli Lugo di Romagna . La refurtiva parzialmente recuperata, gioielli e denaro, ammonta a circa 200.000 €. In 8 casi, i Carabinieri di Siena hanno fornito indicazioni preventiva ai colleghi per fermare gli autori del reato, tratti in arresto in flagranza o semi flagranza di reato, ricavando riscontri materiali sulle identità degli appartenenti al sodalizio e recuperando la refurtiva.
E’ stato individuato anche un importante canale di ricettazione in un appartamento di Milano. Sono state ricostruite le procedure e i metodi utilizzati per organizzare i colpi. Dalla “Centrale chiamante” di Napoli operavano i promotori ed organizzatori del gruppo criminale che si avvaleva di adepti leali disposti a spostarsi in giro per l’Itali nell’area scelta per i colpi programmati, alla ricerca di anziani da ingannare. Quando i malviventi operativi a Napoli riuscivano a ingaggiare una vittima con la solita storia del falso incidente stradale, la truffa cominciava a prendere forma.
Gli imbonitori, spacciandosi per Carabinieri o Avvocati, raccontavano che un parente dell’anziana donna era incorso in un grave sinistro, addirittura che magari aveva ucciso una persona, rischiando di andare in carcere e che occorreva provvedere a pagare un primo risarcimento dei danni per evitare la galera.
Ottenuta la disponibilità delle vittime, i malfattori inviavano il “trasfertista”, spacciato per avvocato a casa degli anziani. Qui recuperava denaro, gioielli e qualunque valore la poveretta o il poveretto tenesse in casa. Le vittime erano prevalentemente donne.
Il raggiro si arricchiva talvolta di un ulteriore elemento. Il telefonista suggeriva alla vittima di chiamare il 112 per avere contezza dei fatti e fingeva di interrompere la conversazione. Alla chiamata successiva dell’anziana donna al numero di emergenza indicato, rispondeva lo stesso interlocutore iniziale o un suo complice, confermando le false storie precedentemente narrate e confermando così alla persona truffata la convinzione di dover pagare quell’avvocato, che sarebbe passato a ritirare il denaro o i valori destinati al presunto risarcimento, pur parziale, dei gravi danni cagionati dal congiunto della vittima.
In alcuni casi i telefonisti erano così abili da riuscire a farsi dire il nome del figlio dall’anziana madre ed utilizzarlo per impressionarla maggiormente, ripetendolo con frequenza. Al trasfertista veniva pagato il viaggio di andata e ritorno da Napoli con il treno e, raggiunta la meta, anche il taxi solo per l’andata. Questi in genere, una volta raccolto un consistente bottino, rientrava a Napoli o raggiungeva Milano per piazzare il maltolto ai ricettatori, oppure rendere agli stessi organizzatori del traffico quanto rimediato. Ai trasfertisti veniva riconosciuta una quota minore del bottino, in relazione all’opera svolta e al rischio corso. L’atteggiamento dei capi era particolarmente severo, gli ordini non ammettevano deroghe o contestazioni, pena l’immediata esclusione dalla banda criminale. I corrieri si dimostravano particolarmente remissivi e sottomessi nei confronti di chi procurava quello che loro consideravano un lavoro, sia pur illecito. Tanto che il sabato e la domenica, proprio come accade in un’azienda era concessa una pausa in vista del weekend.