Non a torto, si dice che la Rete ci restituisca il peggio delle nostre comunità. Ormai dominio dei “leoni della tastiera”, quelli che si calano il passamontagna informatico per insultare, colpire, inondare il web di commenti repellenti e volentieri di notizie false. Eppure Internet e i social restano strumenti e in quanto tale del tutto neutri: non è colpa loro – e nemmeno di mancate, quanto problematiche censure – se in tanti li utilizzano nel modo peggiore.
E invece la Rete ieri ci ha stupiti e per una volta in positivo. O meglio, ci ha ricordato che la realtà, perfino quella virtuale, non è fatta solo di fake-news e social-manganellatori. Che anzi costoro sono una minoranza. Patologica e chiassosa quanto si vuole, ma minoranza.
Forse sono conclusioni troppo presuntuose, visto che stiamo parlando di articoli di Chiamamicitta.it. Tuttavia il dato merita di essere conosciuto, tanto è impressionante: ieri i nostri tre articoli dedicati alla ricorrenza dei Tre Martiri di Rimini – Piazza Tre Martiri 16 agosto del ‘44 di Sergio Zavoli, Rimini non dimentica i suoi Tre Martiri: le foto e 16 agosto 1944 – A Rimini vengono impiccati i Tre Martiri – sono stati letti complessivamente sul nostro sito da 20 mila persone, oltre a quasi 40 mila visualizzazioni su Facebook e centinaia e centinaia di condivisioni. E anche oggi continuano a essere letti, condivisi, commentati.
Nel piccolo della nostra provincia, sono insomma diventati “virali“. Anche se parlavano di una ricorrenza di 73 anni fa. Che cade a ridosso del momento più spensierato dell’anno.
Se la perdita della memoria è senza dubbio uno dei mali che più ci affligge, a quanto pare la nostra memoria è pur sempre viva. E quando la memoria non c’è, se non altro per ragioni di età – come si legge da diversi commenti – è vivo comunque l’interesse. Esiste una voglia autentica di sapere cosa accadde allora e perché. O almeno, perché piazza Tre Martiri si chiami così, come ha scritto una lettrice: “a scuola non me l’avevano mai detto”.
Forse allora anche le ricorrenze servono a qualcosa. Forse non sono così vuote, come vorrebbero farci credere il silenzio annoiato di taluni, o la riscrittura della storia di tal’altro.
Forse e senza forse, le nostre comunità sono di gran lunga migliori di quanto esse stesse pensino. Sappiamolo e siamone orgogliosi.
Stefano Cicchetti