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Tess Gallagher: «Spontaneamente»

Quando mi alzo è un pezzo che lavora
agile il suo pennello sopra la casa.
Lo guardo sulla scala sotto la gronda
e mi rivedo addormentata nel sogno
che non sono riuscita a portare fino
alla veglia. Si dorme dentro una casa
che vien dipinta e vite intere
diventano l’impronta familiare della luce
del giorno sulla pianta della preghiera.
Questo “non ricordare” è una novità
di un posto dove si è stati.

Quel che nel sonno si è agitato o depositato
vi rimane. Mentre la tua casa
sotto l’azione costante della sua mano
lascia se stessa e tu ti accorgi che
questa superfice di nuova luce
che ti ricopre gradualmente il sonno
ha un potere ancor più grande.

Ora pensi di aver sentito le pennellate
oppure gli spazi tra l’una e l’altra,
un movimento che ti pesa addosso –
un accumulo di stelle, ciascuna notte stellata
si sistema sui tetti di intere città.

Le sue pennellate attente imbiancano la tela,
le sfumate volute del legno son cancellate
come un respiro bloccato nel cuore. Nulla
è cambiato, dici, in mala fede. Eppure qualcosa
ti ha purificato fino a non farti più
riconoscere. Quando ti metti vicino alla sua scala
e guardi su, lui non dà segno di vederti
e come alla luce del giorno di un sogno
ti rendi conto che la tua casa è passata
nelle mani benedette di altri.

Il senso del possesso è questo, pensi:
arrivare nell’inebriante dopovita
dell’odore della tinta.
Qualcosa si apre in fondo a te.
Un po’ di tinta ti è caduta sulla spalla
come se la luce celasse un peso insospettato.

Sei convinta ti abbia attraversato il corpo.
Sei convinta di aver dato il tuo consenso
a questo, a quel che è stato fatto
della tua vita, spontaneamente.

Tess Gallagher (Port Angeles [USA], 1943)

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