Il terremoto che ha colpito il Centro Italia, oltre all’aspetto emotivo per le vittime e alla corsa alla solidarietà per chi sarà costretto a ripartire da zero, ha riproposto domande e preoccupazioni che, con il tempo rischiano di tornare nel dimenticatoio fino al prossimo evento calamitoso, al pari del rischio idrogeologico.
Chi invece si occupa con costanza sul territorio riminese di informare e formare cittadini, alunni, addetti ai lavori è l’Associazione “Io non tremo!”. (www.ionontremo.it)
Ne parliamo con il Presidente del Consiglio Direttivo dell’Associazione, Ing. Mauro Bernardini.
Quando è nata l’associazione e quali le motivazioni?
Nasce nel 2011 a seguito di un fitto calendario di eventi durato circa due settimane organizzato a Rimini nel maggio dello stesso anno, dove attraverso una mostra, convegni e attività di divulgazione per la cittadinanza si è cercato di sensibilizzare i cittadini sul tema del rischio sismico. L’idea dell’evento, scaturita sull’onda emotiva del terremoto aquilano del 2009, era la volontà di informare la cittadinanza riminese sulla pericolosità sismica del nostro territorio, mostrando attraverso le immagini dei terremoti storici, che la città di Rimini non era esente da tali calamità.
L’evento ha registrato una notevole affluenza di cittadini ed in particolare degli alunni di molte scuole e sarebbe stato un peccato non proseguire quanto cominciato e così è nata l’Associazione di Promozione Sociale Io Non Tremo!.
Di cosa si occupa in particolare?
L’Associazione vuole essere un laboratorio di sensibilizzazione nei confronti del Rischio Sismico e si propone di promuovere e realizzare iniziative volte all’alfabetizzazione dei cittadini nei riguardi di questo tema. Si prefigge anche di accrescere la consapevolezza della popolazione nei riguardi della pericolosità sismica del territorio e dell’importanza strategica che le scelte attuate dall’uomo rivestono in riferimento alle ripercussioni che i terremoti possono avere sulle comunità esposte al rischio sismico.
Vorremmo arrivare a toccare tutti i livelli della comunità: dal singolo cittadino in primis, ai tecnici, ai costruttori, alle Amministrazioni perché tutti devono prendere consapevolezza. Siamo ancora tutti in notevole ritardo.
E’ solo un’esperienza locale o esteso a tutta il territorio nazionale?
La parte operativa è qui a Rimini, ma abbiamo associati non solo riminesi in quanto nel tempo, attraverso canali istituzionali e soprattutto mediante i canali informatici oggi a disposizione, siamo riusciti a farci conoscere al di fuori del territorio riminese. Dal 2012 in poi sono stati replicati eventi espositivi, simili a quello di Rimini del 2011, nelle città di Pesaro, Fano e Firenze attraverso l’impegno degli Ordini degli ingegneri di queste città che si sono messe in contatto con noi.
Quali le iniziative più significative svolte in questi anni?
Senza dubbio quelle con le scuole. Principalmente scuole primarie e istituti tecnici superiori.
Con le scuole primarie da qualche anno portiamo avanti un’attività in collaborazione con Croce Rossa Italiana, volontari di Protezione Civile comunale e ufficio di Protezione Civile del Comune di Rimini. Alle lezioni in classe con gli alunni in cui raccontiamo cosa sono i terremoti, come nascono e come ci si può difendere, segue una prova di evacuazione dalla scuola con simulazione della fase di emergenza (https://www.youtube.com/watch?v=xUDi9ZJ_52g).
Con gli istituti tecnici superiori abbiamo organizzato incontri sul tema del rischio sismico tenuti da docenti universitari o dipendenti di istituzioni che quotidianamente trattano questi temi (INGV, CENSU). Nel 2011 siamo riusciti a portare anche due classi quinte dell’Istituto per Geometri a L’Aquila e nei Comuni colpiti da terremoto del 2009.
Ci teniamo anche a ricordare i convegni dove siamo stati invitati in qualità di relatori come al MADE EXPO di Milano nel 2012, nel 2013 e nel 2015, gli incontri informativi organizzati per le insegnanti delle scuole primarie nell’ambito del progetto Edurisk. le iniziative promosse dalla Prefettura di Rimini e dal Coordinamento di Protezione Civile del Comune di Rimini (EmergeRimini 2015 e 2016).
Si ricorda spesso il terremoto che colpì Rimini il 16 agosto 1916, ma altri ce ne furono anche nei secoli precedenti (ad esempio nel 1672 e il giorno di Natale del 1786). Qual è il grado di rischio sismico del territorio riminese?
Non vorremmo che si confondesse il rischio sismico con la pericolosità sismica. Quanto un’area è pericolosa ce lo dicono la storia e le carte fornite da INGV, quelle belle colorate che in questi giorni si vedono negli approfondimenti in tv e sui siti internet delle testate giornalistiche. È un dato oggettivo. Il rischio sismico invece comprende al suo interno oltre alla pericolosità sismica anche l’ESPOSIZIONE, ossia chi e cosa è esposto all’evento sismico, e la VULNERABILITÀ delle strutture, ossia quanto queste si possono danneggiare per un determinato sisma.
Per cui il Rischio Sismico è un concetto più ampio e meno intuitivo rispetto alla pericolosità.
Se teniamo fermi i primi due aspetti il “grado di rischio sismico” dipende unicamente dalla vulnerabilità del costruito che, sia per il riminese che per l’entroterra, ha una disomogeneità diffusa. Concentrandoci sulla sismicità delle nostre zone che viene indicata dalle mappe come medio-alta.
Il terremoto, oltre a colpire le persone, distrugge ciò che l’uomo ha costruito nei secoli. Qual è la situazione del patrimonio pubblico e principalmente di quello culturale nella nostra provincia?
La conoscenza del livello di sicurezza sismica del patrimonio edilizio pubblico e di quello storico culturale purtroppo spesso è poco noto anche alle Amministrazioni proprietarie degli immobili. Dovrebbe essere diritto di chiunque utilizza una data struttura conoscerne il livello di sicurezza: una scuola, una chiesa, un supermercato, un cinema. Spesso però a specifiche domande, le risposte degli Uffici competenti sono vaghe e non esaustive. Il problema sta in questo, nella mancanza di trasparenza. Dopo il terremoto di San Giuliano di Puglia con la scuola crollata fu emanata l’Ordinanza n. 3274 del 2003 che imponeva di definire entro pochi anni la situazione sugli edifici pubblici. Poi seguirono proroghe su proroghe e a oggi non è dato sapere l’effettivo stato di questi edifici.
E il patrimonio privato?
La situazione del patrimonio edilizio privato è analoga a quella descritta per gli edifici pubblici se non peggio.
Perché addirittura peggio?
Permetteteci di essere volutamente provocatori. Partiamo dal tipico proprietario e dalla sua fantomatica frase “la casa è mia e ci faccio quello che mi pare”, per passare ai tecnici che pur di accontentare il cliente hanno chiuso un occhio, per proseguire con quelle Amministrazioni locali che hanno chiuso l’altro e per finire a quei Governi che ha “regolarizzato” e “certificato” tutto attraverso le maglie larghe delle norme e i buchi neri dei condoni. Poi succede qualcosa e si cerca un colpevole. Uno solo?
La classica richiesta che viene posta agli esperti di rischio sismico è fornire un numero percentuale degli edifici a rischio. Noi rispondiamo: e dopo che te l’ho dato cosa ci fai? Spesso e volentieri ci si trova di fronte a persone che si rifanno casa e sono più interessate ai rivestimenti o alla classe energetica che alla sicurezza, nonostante la struttura in certi casi sia piuttosto datata.
Quello che da sempre come Associazione crediamo e cerchiamo di portare avanti è creare una consapevolezza in ogni singolo individuo, fornendogli gli strumenti per farsi una opinione propria.
I tempi per la messa in sicurezza in Italia sono sicuramente lunghi, forse due generazioni. Per questo occorrerebbe partire subito.
Si parla di prevenzione, il premier Renzi ha lanciato l’idea di un progetto a lungo respiro “Casa Italia”, ma le risorse sono tutte da trovare, qual è il livello di prevenzione nel nostro Paese rispetto ad altri Paesi?
In Europa sono pochi gli Stati a rischio sismico e ne sono esenti le note superpotenze con cui in altri campi spesso si fanno paragoni: Germania, Francia, Gran Bretagna. I paragoni sul rischio sismico vengono usualmente fatti con Giappone, California, Nuova Zelanda, tutte zone in cui terremoti di intensità pari a quelle che possono aversi da noi sono “normali”, si verificano spesse volte in un anno. Quelle comunità hanno trovato il modo per convivere e superare senza traumi questi eventi. In Italia essendoci sismi di magnitudo importanti in media uno ogni decina di anni, l’attenzione e la percezione del rischio finisce per essere fortemente sottovalutata.
Paradossalmente gli altri Stati ci invidiano e cercano di copiarci il nostro sistema di emergenza, il sistema di Protezione Civile, perché nella gestione delle emergenze siamo superiori.
Siamo più bravi a mettere pezze sugli errori passati e in questo ci siamo specializzati, pagando un altissimo prezzo in termini di vittime umane e di spesa pubblica. Siamo carenti nella fase successiva della ricostruzione e soprattutto in quella antecedente della prevenzione, dove infatti nessuno ci vuole copiare.
Il paradosso è che l’Italia esporta know-how su sistemi costruttivi e dispositivi per ridurre gli effetti dei terremoti sulle strutture eppure in casa nostra se ne usa una minima parte. Nonostante i fondi destinati alla ricerca risultino spesso insufficienti le nostre università, i laboratori, i ricercatori e ditte specializzate sono state in grado di sviluppare nuove tecnologie che poi però vengono esportate. Nessuno è profeta in patria si dice.
Nella nostra Regione si investe sul rischio sismico?
La Regione Emilia-Romagna è stata una delle prime ad attivarsi sul tema del Rischio Sismico sin da dopo il terremoto irpino del 1980.
La strada da fare è molta: la mancata distinzione dei ruoli fra politica e tecnica è ancora presente e causa dei forti rallentamenti nell’adozione di scelte efficaci. Il rapporto fra Regione e Comuni è difficile, così come quello fra i Comuni di appartenenza e i singoli cittadini privati, perché “ognuno a casa propria vuole fare quello che vuole” e il rischio sismico è solo uno dei tanti aspetti da considerare. Convincere le persone a modificare il loro stile di vita derivato da scelte pregresse sbagliate è cosa non da poco.
La normativa attuale è all’avanguardia? Facilita o ostacola la messa in sicurezza degli edifici?
Le normative tecniche per le costruzioni a seguito di ogni evento catastrofico sono state sempre aggiornate fino ad arrivare a quella attuale. Ci teniamo a ricordare – e dire a chi non sia al corrente – che l’ultima, uscita nel gennaio 2008, è stata resa obbligatoria nel 2009 a pochi mesi dopo il terremoto aquilano, annullando la proroga al 2010 che già era stata accordata. L’aggiornamento di queste norme è datato 2012, sebbene ad oggi sia ancora fermo per modifiche, aggiustamenti e correzioni. Chissà se questo recente terremoto smuoverà le coscienze di chi è chiamato a dare risposte per il bene della collettività.
Tornando alla questione della normativa tecnica. Quella attuale è dettagliatissima per le nuove costruzioni, ma “volutamente” deficitaria sulle costruzioni esistenti. Considerando che le nuove costruzioni sono una minima percentuale è facile intuire che le maglie normative sono più larghe per gli interventi sulle costruzioni esistenti.
A complicare il tutto poi ci si mettono le leggi riguardanti altri aspetti (per esempio l’urbanistica, risparmio energetico, antincendio, ecc) che non dialogano con la normativa strutturale. Inoltre ci si mettono anche Regioni e Comuni che tentando di mettere delle pezze alle lacune delle norme nazionali, finiscono per complicare ulteriormente gli aspetti procedurali ai quali dovrebbero attenersi i tecnici.
Quando si parla di rischio sismico trovate cittadini informati e consapevoli o c’è molto da lavorare per educare al rischio sismico?
Sui quotidiani e sulla stampa non specializzata in generale, si leggono spesso affermazioni prive di ogni fondamento. Basti anche pensare alle lettere di alcuni cittadini su varie testate giornalistiche locali, che oltre a mettere in discussione la sismicità del nostro territorio si dicono certi che Rimini non corra pericoli (vedere per credere https://www.facebook.com/ionontremo/). Queste tristi testimonianze ci fanno capire come dopo 5 anni di iniziative molto altro ancora debba essere fatto.
Certo per il singolo è una lotta impari ed è necessario lo sforzo consapevole e concorde di tutta la popolazione.