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Terremoto: basta fatalismo, impariamo da Leopardi

Dobbiamo smettercela con tutto questo fatalismo, con la semplicistica retorica dell’impotenza dell’uomo di fronte alla terra. Non è più ammissibile, nel 2016, allargare le braccia e fare spallucce di fronte a tutto quello che non sappiamo spiegarci o, peggio ancora, affidarsi a ciarlatani complottisti e teorie occulte, che definire medievali sarebbe un’enorme mancanza di rispetto per quella meravigliosa epoca che fu, il Medioevo.

La scienza non riesce ancora a prevedere i terremoti, è vero. Pensandoci, però, cosa cambierebbe se fossimo in grado di prevederli? Da una parte potremmo salvare vite umane, certo; ma dall’altra non faremmo altro che decretare l’orario esatto in cui cadranno le nostre abitazioni, le nostre scuole, il nostro patrimonio artistico. Salvare fra le macerie un abitante dell’Appennino, per poi trapiantarlo lontano dal suo luogo natio, magari anche a 60-70 anni, potrà solo posticipare la data di una morte già avvenuta. A crollare non sono solo gli edifici, ma anche ricordi, immaginari, tradizioni popolari, profumi… intere civiltà.

L’uomo sta riuscendo in un’opera paradossale: aspettare che si arrivi a prevedere i terremoti, prima di iniziare a costruire con quelle tecnologie antisismiche che la scienza ci ha già indicato da tempo. Ha ragione Renzo Piano quando, da Fabio Fazio, ha detto che l’uomo deve comportarsi da homo sapiens, qual è: l’intelligenza unita alla memoria ci contraddistinguono da ogni altro essere vivente: è forse giunta l’ora, quindi, di usarle insieme. Non è possibile che l’Italia si ricordi di essere un territorio ad alto rischio sismico solo quando è in piena emergenza: se ne parla per mesi e mesi senza mai intraprendere un vero piano strutturale, e poi sembra tutto passato, fino a quando non arriva un nuovo terremoto.

Pensate forse che lo Stato e i noi privati cittadini avremmo speso di più nel mettere a norma antisismica i territori nevralgici, piuttosto che gestire periodiche emergenze?

Sicuramente qualcuno di voi avrà sentito dire da qualche conoscente: “questa è la giusta ricompensa per i soprusi dell’uomo nei confronti della terra”. Ecco, questa retorica ecologista da quattro soldi sarebbe da punire con la reclusione. Secoli e secoli di scienza non sono riusciti a farci realizzare come alla natura, delle nostre piccole esistenze, non può fregargliene di meno. La natura è indifferente all’uomo, mettiamocelo in testa una volta per tutte. Immaginarla in agonistica competizione con l’uomo è, al contrario, un’aberrazione profondamente antropocentrica: ce lo ha già spiegato meravigliosamente un grandissimo poeta e filosofo, nato proprio in quei territori colpiti dal sisma: il marchigiano Giacomo Leopardi.

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Il centro Italia è sinonimo di appartenenza al territorio.  Lo si lasci dire a chi, come me, ci è nato e cresciuto. Si tratta di piccole ma inestimabili realtà, che hanno il diritto di poter guardare di nuovo negli occhi il loro passato, per scorgerci un futuro. Comunità che non sono seconde a nessuno per quanto riguarda impegno dedizione e fierezza, ma che necessitano di un aiuto strutturale, competente, che possa ricostruire sulla roccia, e non sulla sabbia. Da marchigiano, posso assicurarvi che non è di attenzione mediatica che abbiamo bisogno – non ne abbiamo avuto mai – e nemmeno di compatimento, o filantropia. Urge invece un disegno d’ampio respiro, che possa essere politico nel senso originario del termine, aristotelico, e quindi architettonico in massimo grado.

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Pescara del Tronto

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Edoardo Bassetti

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