“Il Teatro oltre la memoria. Rimini e il Galli ritrovato” A cura di Annarosa Vannoni, Giulia Vannoni – Edizioni APM.
Mi appresto a scrivere la recensione a questo nuovo volume sul Teatro Galli mentre il Maestro Riccardo Muti e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sabato 3 agosto 2019, stanno preparandosi a dar vita ad una nuova straordinaria serata nel rinato spazio teatrale riminese. Il Maestro Muti dirigerà una selezione di brani tratti dal capolavoro mozartiano Le nozze di Figaro, concerto che aprirà la 70esima edizione della Sagra Musicale Malatestiana. Un evento unico reso storico dalla partecipazione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che assisterà al concerto che vedrà il Maestro Muti dirigere l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini.
Nella presentazione firmata da Giampiero Piscaglia, direttore del Teatro (non ancora Assessore alla cultura; lo è diventato dal 27 febbraio 2019), egli afferma: “Antiche virtù dei teatri storici, come un’acustica generalmente invidiabile, combinate con le nuove tecnologie della macchina scenica consentono di pensare a un recupero funzionale aperto alla contemporaneità che li ospita, e che si lascia attraversare dagli allestimenti più allusivi a quelli più invasivi, da ogni genere di scenografia, spettacolo, concerto, lettura, danza,performance, installazione. Vuol dire anche per noi, per il nuovo Teatro galli, la possibilità di prevedere una gamma vastissima di proposte musicali e teatrali, sfruttando tutte le possibilità di uno spazio che può trasformarsi, con una scena frontale oppure circolare, con la platea che diventa un palcoscenico più grande, con una torre scenica che non pone limiti alle invenzioni scenografiche le più ardite e altre soluzioni tecniche dei nostri ricercati macchinari”.
In piena sintonia con quanto scritto dal Sindaco Andrea Gnassi: “Il teatro Galli è una storia che contiene tante storie (…). Un teatro all’italiana, un monumento alla bellezza e alla bellezza del suono (…). L’idea di base è che il teatro non possa continuare ad essere ‘solo’ un teatro ma una fabbrica d’arte e di cultura ogni giorno e per 12 mesi all’anno, sincronizzata con il respiro equivalente di un contesto finalmente restituito alla sua funzione originaria”.
Un libro diverso questo da quello di Francesco Amendolagine e Livio Petriccione, “Il Teatro Galli.
Tecniche e materiali per la ricostruzione degli apparati decorativi del capolavoro di Luigi Poletti” (Maggioli, 2018). Quello molto più tecnico, questo invece racconta la storia del vecchio Teatro Vittorio Emanuele II poi Galli, anche se le immagini che lo arricchiscono sono quelle del nuovo Teatro. Un mix di vecchio e nuovo dove le curatrici hanno fatto fondere insieme gli interventi di tanti illustri uomini e donne di cultura riminesi.
Apre il volume il saggio di Rosita Copioli, “Le famiglie del Teatro”, dove, proseguendo la sua ricerca sulla Rimini fra metà ‘700 e Unità d’Italia, ricostruisce il diverso schieramento delle famiglie nobili rispetto alla costruzione di un nuovo Teatro. Il tutto avviene, tra il 1820 e il 1850, mentre Rimini, lo Stato Pontificio, l’Italia che si va formando sotto la monarchia di Casa Savoia rivoluziona anche il mondo tranquillo di una città periferica come Rimini.
Invece Piero Meldini in “Dove costruire il nuovo teatro: i Forni o il Corso?” ci dà conto delle feroci contrapposizioni presenti in Città fra i sostenitori della realizzazione del Teatro nei “Forni”, ossia nell’edificio che chiudeva a monte la piazza della Fontana, oggi Cavour, che ospitava i forni pubblici, oppure nel “Corso” (l’odierna Piazza Malatesta) dove c’erano le beccherie (i macellai) e dove si svolgeva il mercato settimanale. “Il partito del Corso raccoglieva la vecchia aristocrazia pontificia e la parte più conservatrice delle professioni (…). Il partito dei Forni rappresentava quella parte della nobiltà e della borghesia che più era stata segnata dalla stagione napoleonica e dalle idee liberali”. Nel luglio 1840 il Consiglio della Città votò per la soluzione ai Forni.
Attilio Giovagnoli ci propone un’altra biografia dell’architetto Luigi Poletti. “Quando, nel maggio 1841, Luigi Poletti è incaricato di progettare il Nuovo Teatro Comunale di Rimini ha 49 anni. E’ il più noto degli architetti dello Stato pontificio, all’apice della carriera professionale e accademica”.
Le vicende del teatro Vittorio Emanuele II si erano chiuse il 21 marzo 1943, con l’ultima replica di “Madame Butterfly”. Il 28 dicembre di quell’anno il teatro fu centrato dalle bombe degli aerei alleati che provocarono il crollo del tetto. Con la intitolazione del teatro ad Amintore Galli nel 1947 ha inizio la lunga querelle durata sino al 28 ottobre 2018 quando il rinato teatro ospitò per la sua inaugurazione la “Cenerentola” di Gioacchino Rossini.
Di grande interesse, ed utilità futura, nella parte centrale del volume, la cronologia dell’attività svolta nel Teatro Vittorio Emanuele II dal 1857 al 1943. Nei saggi di Giulia Vannoni, Massimo Marino, Manlio Masini vengono rievocati ed analizzati i calendari delle stagioni al Teatro, il racconto delle vicende alcuni protagonisti canori (con un bel cammeo su Ermete Novelli), le attività ‘collaterali’ allestite all’interno del teatro (dai veglioni ai comizi politici).
Annarosa Vannoni ci racconta invece il “Prima e dopo Aroldo”, ovvero le traversie dell’inaugurazione rinviata diverse volte e finalmente fissata per il 16 agosto 1857, e Gianandrea Polazzi approfondisce “Il soggiorno riminese di Verdi” in occasione della prima dell’”Aroldo” a Rimini.
Il volume è stato sponsorizzato dalla CMB (Cooperativa Muratori e Braccianti di Carpi) che ha completato la ristrutturazione del Teatro Galli nel centodecimo anniversario della sua fondazione.
Paolo Zaghini