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Spiagge. Tar Salerno: “Le evidenze pubbliche si debbono fare anche se il bene non è scarso”

Mentre continua da parte delle associazioni dei “balneari” e dei loro organi di propaganda (politici in primis) l’insistente immissione di fake news finalizzate a condizionare l’ opinione del pubblico a cui sono rivolte e a mistificare il contenuto della sentenza della Corte di Giustizia dell’ Unione Europa del 23 Aprile u.s. (C- 348/22), i Tribunali Amministrativi regionali italiani continuano a pubblicare sentenze coerentemente in linea con “le sentenze gemelle” del Consiglio di Stato del 2021 e con i principi eurounitari che sovrintendono la materia i quali, se sapientemente letti, interpretati e ascoltati possono sicuramente fornire indicazione e soluzioni ad “una politica” fino a d’ora rimasta  colpevolmente reticente a trovare soluzioni solo ed esclusivamente per non deludere elettoralmente la lobby dei balneari ad essa legata a doppio filo.

Oggi parliamo del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione distaccata di Salerno, (sezione terza) che con 5 pronunce in serie n. 887,888,889,890,891 tutte datate 20 Aprile 2023, si è pronunciata su alcuni provvedimenti emessi dal Comune di Positano tra la fine del 2019 e inizio 2020, che estendevano la durata di varie concessioni demaniali marittime a scopo turistico ricreativo al 31.12.2033 ai sensi della legge “Centinaio” 145-2018 poi abrogata dalla legge “Draghi” 118-2022.

Premettiamo subito che alla luce di quest’ ultima “sopravvenienza normativa”, il TAR campano ha dichiarato, non potendo deliberare diversamente rispetto al contenuto della domanda,  l’improcedibilità del ricorso per carenza d’ interesse “connessa al verificarsi di una nuova situazione di diritto, sostitutiva di quella esistente al momento della proposizione del gravame, tale da rendere certa e definitiva l’inutilità della sentenza” in ogni caso condannando, però, alle spese il Comune di Positano per le ragioni che andremo ad esaminare. Ma le motivazioni che tali pronunce racchiudono sono estremamente chiare e significative in quanto confermano in modo esaustivo i principi cardine della materia concessoria e quindi meritano di essere riprese quanto meno sinteticamente.

Preliminarmente è già estremamente significativo il fatto che i ricorrenti siano sempre imprenditori locali, quindi diretti “concorrenti” dei concessionari storici, anch’ essi interessati all’ ottenimento della concessione demaniale marittima”. Della serie, Comune di Positano dal momento che siamo anche noi dello stesso territorio della “stessa famiglia”, con il medesimo “codice ATECO” (e nulla abbiamo a che spartire con  le tanto millantate  “multinazionali estere”), perché hai rinnovato le concessioni agli “incumbents” sic et simpliciter senza nessuna pubblica evidenza comparativa applicando una normativa contraria ai principi eurounitari di concorrenza impedendoci così di poter concorrere per l’utilizzo del bene demaniale ? Basterebbe già questa considerazione per chiudere l’argomento e mettere a tacere, balneari, politici, amministratori, commentatori a gettone ecc…

  1. 1. Valutazione preliminare del TAR campano: già prima della sentenza della Corte di Giustizia del 14 Luglio 2016 la giurisprudenza amministrativa maggioritaria aderiva all’ interpretazione dell’art. 37 del C.N. che “privilegiava l’impiego di procedure ad evidenza pubblica per il rilascio delle concessioni demaniali marittime, suggerita dall’esigenza di applicare la normativa nazionale in conformità ai principi comunitari in materia di libera circolazione dei servizi, di par condicio, di imparzialità e di trasparenza, riconducibili ai Trattati e alla direttiva 123/2006/CE” . Successivamente tali principi sono stati poi “vidimati” dalla C.G.U.E. con la “sentenza Promoimpresa del 2016” e con quella recente del 23 Aprile u.s. La Corte Costituzionale è dal 2010 che interviene a difesa dei principi di libertà d’ impresa e di tutela della concorrenza “annullando” leggi regionali emanate appositamente per radicare i monopoli degli attuali concessionari sui beni pubblici.
  2. Tali tipologie di concessioni rientrano a pieno titolo nell’ambito applicativo della direttiva “Bolkestein” (divieto di rinnovi automatici, procedure comparative di assegnazione, ecc.) restando “rimessa al giudice nazionale la valutazione circa la natura “scarsa” o meno della risorsa naturale data in concessione”. Su quest’ ultima questione, in ogni caso non dirimente come diremo a breve, le “sentenze gemelle” dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 2021 hanno brillantemente definito cosa si debba intendere per “risorsa scarsa”. Anche il TAR Lecce (ed il suo Presidente Pasca), che pur rappresentava per certi versi una eccezione alla conformazione interpretativa della materia rispetto alla univocità delle decisioni di tutte le “corti” giurisdizionali amministrative italiane, in una pronuncia del 2017 ( T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 28/07/2017,  n. 1329) affermava che in tema di beni demaniali marittimi si deve necessariamente parlare di risorsa scarsa:  “Del resto, le concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative hanno come oggetto un bene/servizio “limitato” nel numero e nell’estensione a causa della scarsità delle risorse naturali. La spiaggia è un bene pubblico demaniale (art. 822 cc) e perciò inalienabile e impossibilitato a formare oggetto di diritto a favore di terzi (art. 823 c.c.), sicché proprio la limitatezza nel numero e nell’estensione, oltre che la natura prettamente economica della gestione (fonte di indiscussi guadagni), giustifica il ricorso a procedure comparative per l’assegnazione”.
  3. Come dicevo, in ogni caso l’ eventuale, ma improbabile, positiva verifica dell’ idoneità delle risorse delle coste a soddisfare gli appetiti di tutti i potenziali concessionari, attuali e aspiranti, nell’ utilizzare il demanio marittimo a fini economici, non esime di certo le pubbliche amministrazioni dall’ indire le pubbliche evidenze in quanto, ammesso e non concesso di poter accantonare la “Bolkestein” per “abbondanza di risorsa”, risulta però impossibile superare l’ ostacolo del Trattato in quanto è la stessa Corte di Giustizia ad affermare che “l’art. 49 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) impedisce l’attuazione di una normativa nazionale, come quella italiana, che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività turistico-ricreative, nei limiti in cui tali concessioni abbiano un interesse transfrontaliero certo il quale consiste nella capacità di una commessa pubblica o, più in generale, di un’opportunità di guadagno offerta dall’Amministrazione anche attraverso il rilascio di provvedimenti che non portano alla conclusione di un contratto di appalto o di concessione, di attrarre gli operatori economici di altri Stati membri. Infatti, come di recente affermato, non si può negare l’eccezionale capacità attrattiva che da sempre esercita il patrimonio costiero nazionale, il quale per conformazione, ubicazione geografica, condizioni climatiche e vocazione turistica è certamente oggetto di interesse transfrontaliero, esercitando una indiscutibile capacità attrattiva verso le imprese di altri Stati membri. Pensare che questo settore, così nevralgico per l’economia del Paese, possa essere tenuto al riparo dalle regole delle concorrenza e dell’evidenza pubblica, sottraendo al mercato e alla libera competizione economica risorse naturali in grado di occasionare profitti ragguardevoli in capo ai singoli operatori economici, rappresenta una posizione insostenibile, non solo sul piano costituzionale nazionale (dove pure è chiara la violazione dei principi di libera iniziativa economica e di ragionevolezza derivanti da una proroga generalizzata e automatica delle concessioni demaniali), ma, soprattutto e ancor prima rispetto ai principi europei a tutela della concorrenza e della libera circolazione. (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, nn. 17 e 18/2021). La prova dell’interesse transfrontaliero del valore delle concessioni, così come interpretato dalla giurisprudenza e per quanto ce ne fosse ancora bisogno di affermarla, la fornisce in ogni caso la quotidiana pantomima tra politica e lobby che tentano di legittimarsi reciprocamente per conformare il loro potere attorno al business concessorio. Se le concessioni non valessero nulla, la politica le relegherebbe nell’ alveo dell’ indifferenza.
  4. Le sentenze del Tar Salerno ribadiscono, in linea con la giurisprudenza costante sul punto, “che la buona fede del concessionario, se questi abbia ottenuto la concessione in un periodo in cui non era stato ancora dichiarato che i contratti aventi un interesse transfrontaliero certo avrebbero potuto essere soggetti a obblighi di trasparenza, si ferma al momento del recepimento della “direttiva Bolkestein” e cioè al 2010”. In buona sostanza i concessionari potevano beneficiare esclusivamente della prima proroga deliberata per legge nel 2009 che copriva solo fino al 2012-2015. Da quel momento in poi non si può parlare più di “affidamento legittimo” con buona pace di coloro che, ritendo di essere su “Scherzi a Parte”, rivendicano potenziali indennizzi per concessioni rilevate lo scorso anno in caso di perdita delle stesse.
  5. Infine anche per “la legge Draghi” viene affermata la natura di legge provvedimento “ossia di un atto formalmente legislativo che tiene, tuttavia, luogo di provvedimenti amministrativi in quanto dispone in concreto su casi e rapporti specifici, determinando ex se l’improcedibilità del ricorso proposto contro l’originario atto amministrativo, in quanto il sindacato del giudice amministrativo incontra un limite insormontabile nell’intervenuta legificazione del provvedimento amministrativo” (così Cons. St., sez. IV, 9 marzo 2012, n. 1349). Da ciò il Tar Campano desume “l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, connessa al verificarsi di una nuova situazione di diritto, sostitutiva di quella esistente al momento della proposizione del gravame, tale da rendere certa e definitiva l’inutilità della sentenza (cfr. Cons. St., sez. VI, 8 aprile 2020, n. 2325). In ogni caso, applicando la regola della soccombenza virtuale (in caso di cessazione della materia del contendere il giudice può condannare alle spese la parte che egli ritiene aver torto in base ad un giudizio di verosimiglianza sulla probabilità dell’ esito che la causa avrebbe avuto nell’ eventualità di una prosecuzione ordinaria fino alla sentenza di merito), il Tar Campano ha condannato alle spese il Comune di Positano, “in ragione delle suesposte considerazioni in ordine alla sussistenza dell’obbligo dell’amministrazione comunale di disapplicare la normativa nazionale contrastante con il diritto eurounitario già rinvenibile nella giurisprudenza amministrativa ed europea al momento dell’adozione del provvedimento di proroga oggetto di causa” . Quindi, è vero che è sopravvenuta una legge-provvedimento che mi ha imposto di dichiarare la cessazione della materia del contendere, ma tu Comune di Positano eri già conoscenza della contrarietà all’ ordinamento giuridico delle proroghe generalizzate alle scadenze delle concessioni nel momento in cui le hai recepite con atto amministrativo, quindi hai sbagliato e per questo ti condanno alle spese di lite.

Roberto Biagini (Coordinamento Nazionale Mare Libero)

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