Nei mesi scorsi era stata la regione Toscana (maggioranza Pd) ad approvare una legge che prevedeva anche un indennizzo fino al 90% del valore dell’azienda nel caso in cui, al termine della procedura comparativa, la concessione venisse assegnata a un soggetto diverso dal precedente titolare. Questa parte della legge Toscana fu bocciata dalla Corte Costituzionale. Questo punto per la Corte, è infatti, in contrasto con la normativa nazionale e invade la competenza esclusiva dello Stato in materia di “tutela della concorrenza”.
Negli anni passati la Corte Costituzionale aveva bocciato altre leggi Regionali che avevano messo mano alle concessioni demaniali. Tra le leggi cassate quella dell’Emilia Romagna del 2008 che prorogava di 20 anni le concessioni in essere (allora fu il Governo Berlusconi ad impugnare la legge per incostituzionalità).
La motivazione della Consulta è sempre la stessa: «Non è materia di competenza delle Regione ma dello Stato. Norme di proroghe indiscriminate contrastano con i principi italiani ed europei di concorrenza e libertà di stabilimento».
Nelle settimane scorse è stata la Regione Liguria ad approvare una legge che proroga di 30 anni le concessioni in essere. Legge approvata con i voti della maggioranza di centro destra e del Pd (in Liguria è all’opposizione). Unici contrari i 5 Stelle che hanno definito la legge «incostituzionale e demagogica in vista delle elezioni politiche».
Appare sin troppo facile presumere, visti i precedenti, che sia proprio così. La Liguria ha approvato una legge che verrà impugnata dal Governo (come atto dovuto e non per scelta politica) e sarà cassata.
Un problema delicato come quello delle concessioni demaniali continua insomma a essere trattato in modo strumentale e con proposte impraticabili. Inspiegabili anche le posizioni di alcuni sindacati di base che per qualche tessera in più cavalcano le proposte più estreme. Vi è anche da registrare una spaccatura tra i cobas di base dei concessionari liguri e toscani su chi sono i più bravi nelle fare leggi regionali.
Questa situazione precaria e di “fai da te” da parte delle Regioni è però anche la conseguenza di un ritardo pesante nell’approvare un riordino della materia a livello nazionale. Ora la Camera ha dato via libera alla legge delega del Governo. Ma calendario alla mano, le probabilità che possa tramutarsi in legge (con l’approvazione anche al Senato) entro la fine della legislatura sono molto risicate. Più facile che tutto sia rimandato al prossimo Parlamento.
Nel frattempo, senza certezze le aziende che operano sulla spiaggia non investono e lo si è visto anche alla recente fiera del Sun a Rimini. Ne risente un comparto di primaria importanza come quello del turismo balneare italiano.
Mentre si discute nelle Regioni ed in Parlamento, a Bellaria-Igea Marina sono arrivate le prime ingiunzioni di demolizione (“ripristino dei luoghi“) delle opere ritenute abusive che insistono sull’arenile. Sono soltanto le prime. Infatti è abbastanza scontato che quasi tutti i concessionari della spiaggia di Bellaria hanno dei manufatti che non sono in regola con le norme edilizie. Si tratta dei bar di spiaggia , che sono 30, a cui vanno aggiunti 100 bagnini.
Già nei mesi scorsi su questo aspetto vi è stata una dura polemica con le associazioni del settore e con la minoranza consigliare ad iniziare dal Pd. Ora che la stagione balneare è finita, il Comune ha deciso di passare dalle parole ai fatti.
Il concessionario ha 45 giorni dal ricevimento dell’ingiunzione per demolire le opere abusive che insistono sulla sua concessione. Facile immaginare che vi saranno ricorsi. Non solo in Comune ma anche di fronte al Tar, il Tribunale Amministrativo Regionale.