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Spiagge, il Tar della Campania boccia proroga concessioni di 15 anni

Anche il TAR CAMPANIA-SALERNO (SEZIONE II, N. 221-2020) si allinea alla motivazione espressa dal Consiglio di Stato in tema di proroghe delle concessioni demaniali marittime a scopo turistico ricreativo del 18/11/2019 (N. 7874/2019), e  “disapplica al caso sottoposto alla sua cognizione l’art.1, comma 682 della legge 145 del 2018, (Legge di Bilancio 2019), che prevede la proroga di 15 anni (31.12.2033) delle concessioni demaniali marittime a scopo turistico ricreativo.

Ricordiamo che sulla stessa linea “disapplicativa” si era espresso il TAR Veneto, Sezione I, con sentenza n. 218 del 03/03/2020.

La vicenda in questione è piuttosto articolata e riguarda l’impugnazione con la richiesta di annullamento di due provvedimenti, uno concessorio e l’altro di declaratoria di decadenza, emanati dal Comune di Agropoli (SA).

In buona sostanza, a fronte di una concessione demaniale  marittima a scopo turistico ricreativo per la gestione di uno stabilimento balneare rilasciata nel 2016 ad una Società a R.L., la ricorrente opponeva il rinnovo automatico, in virtù delle proroghe succedutesi negli anni, di una concessione demaniale marittima rilasciata nel 2002, insistente sulla stessa zona demaniale (nella titolarità della quale sarebbe, a suo dire, subentrata del 2006), nei confronti della quale però il comune di Comune di Agropoli con provvedimento datato Dicembre 2016 ne aveva decretato la decadenza.

I due ricorsi inizialmente separati e precisamente: a) il primo avente ad oggetto la richiesta di annullamento della concessione ex novo rilasciata alla S.R.L. nel Giugno 2016; b) ed il secondo avente ad oggetto l’annullamento del provvedimento di decadenza (Dicembre 2016) della concessione nella quale riteneva la ricorrente di essere subentra, sono stati riuniti ai sensi dell’art. 70 del Cod. Proc. Amm.

Categorica la motivazione del Tribunale “cilentino” nel respingere l’affermata proroga al Dicembre 2033 della concessione demaniale marittima rilasciata nel 2002 sulla validità della quale era improntata tutta la difesa della ricorrente. Con “una copia e incolla” in punto di diritto, l’organo giudicante ha fatto proprie le motivazioni con il quale il Consiglio di Stato con la nota sentenza n.7874 del 2019, ha “bollato” con la “non conformità all’ ordinamento euro-unitario” tutte le proroghe generalizzate che si sono succedute dopo il recepimento della “direttiva Bolkestein” dallo Stato italiano (D.Lgs 26 marzo 2010, n. 59, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 94 del 23 aprile 2010). In particolare, ed è l’aspetto “politico” maggiormente rilevante come sappiamo, ha sonoramente bocciato, con argomentazioni che già la Corte Costituzionale aveva da tempo espresso, la proroga generalizzata al 2033 disposta con legge di “Bilancio 2019”, recentemente confermata con il “decreto rilancio” del Maggio 2020.

La giurisprudenza, ordinaria ed amministrativa, è ormai assestata nel qualificare come “illegittima” una conclamata situazione che la “politica” si ostina, di contro, a difendere solo per strappare “dividendi” elettorali. Come abbiamo sempre sostenuto, però, il problema ricade in primo luogo sui “funzionari” dei comuni concedenti ai quali, ad ogni sentenza che esce marcando il contrasto dello status quo con il diritto euro-unitario, è come se corrispondesse un proporzionale aumento della consapevolezza di “avallare” una situazione di illegittimità che si protrae fino a quando qualcuno non decida di porre in pubblica evidenza le concessioni “scadute”.

Roberto Biagini

La sentenza

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