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Spiagge: il TAR del Veneto disapplica la proroga di 15 anni

Dopo la dirimente sentenza del Consiglio di Stato in tema di proroghe delle concessioni demaniali marittime a scopo turistico ricreativo del 18/11/2019 (N. 07874/2019), eccone la prima ed altrettanto perentoria applicazione con espressa “disapplicazione dell’art.1, comma 682 della legge 145 del 2018, ( Legge di Bilancio 2019), che ne prevede la proroga di 15 anni da parte della “giurisprudenza amministrativa” di primo grado.

Il TAR Veneto, Sezione I, con sentenza n.218 del 03/03/2020, decidendo sul ricorso proposta da un’associazione di velisti, ha annullato dichiarandoli illegittimi per contrasto con l’ordinamento eurounitario due provvedimenti del “Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche del Veneto” e precisamente:

  1. la proroga di quindici anni di una concessione demaniale in essere;
  2. il rigetto dell’istanza di diniego della proroga e di contestuale indizione della procedura di valutazione compartiva tra domande concorrenti (pubblica evidenza), richiesta dall’ associazione ricorrente.

Presupposto di tali annullamenti è stata la disapplicazione “della proroga quindicennale” stabilita con la legge di Bilancio 2019 in quanto in contrasto con i principi eurounitari ed in particolare con l’art. 12 della Direttiva Bolkestein.

La vicenda nasce da un procedimento amministrativo aperto dal “Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche del Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia” (di seguito solo Provveditorato) in data 12 ottobre 2018. L’ Ente pubblico in questione pubblicava sull’albo pretorio on line del Comune di Chioggia un “avviso di intendimento a concedere”, con il quale ha rendeva  noto di aver ricevuto un’istanza di concessione lagunare avente a oggetto un fascia di terreno e il contermine spazio acqueo siti nel Comune di Chioggia, località S. Felice, destinati all’ormeggio di natanti e imbarcazioni da diporto, invitando gli operatori economici interessati a presentare eventuali osservazioni o domande in concorrenza, ai sensi dell’art. 18 del d.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328 “Regolamento per l’esecuzione del Codice della navigazione”.

La ricorrente – “Club amici della vela” – presentava la propria istanza in concorrenza e le proprie osservazioni in merito “alla richiesta di proroga quindicennale della concessione n. 6873/2007 avanzata, ai sensi dell’art. 1, comma 682 della sopravvenuta legge del 30 dicembre 2018, n. 145”, dalla società che per 12 anni deteneva la titolarità della concessione scaduta. Ella (ricorrente) riteneva che il rispetto del diritto eurounitario avrebbe imposto la disapplicazione dell’art. 1, comma 682 della legge n. 145 del 2018, e di conseguenza il rigetto dell’istanza di proroga avanzata dalla società ex concessionaria.

Il Provveditorato, respinte tali deduzioni, ha riconosciuto alla società ex concessionaria la proroga ex lege della concessione per un periodo di 15 anni.

La ricorrente associazione proponeva, quindi, il ricorso chiedendo l’annullamento: 1) del provvedimento di proroga della concessione demaniale disposta a favore della ex concessionaria; 2) del rigetto dell’istanza di diniego da essa avanzato insieme alla richiesta di indizione della pubblica evidenza. Contestualmente richiedeva l’accertamento della scadenza del termine d’efficacia della concessione lagunare e la condanna dell’Amministrazione a dar corso alla procedura di valutazione comparativa tra le domande concorrenti.

Il TAR lagunare con una sentenza, meticolosa, chiara e destinata a far scuola per l’autorevolezza della motivazione ha ripercorso l’iter giurisprudenziale e normativo della materia in questione esponendo i principi che qui si riassumono sinteticamente.

1) Immediata operatività in materia di concessioni demaniali marittime della Direttiva Bolkestein senza previa valutazione dell’  “interesse transfrontaliero certo” in quanto materia già armonizzata.

2) Obbligo di procedure concorrenziali per il rilascio delle concessioni demaniali marittime già richieste dalla giurisprudenza nazionale che, ancor prima dell’affermazione dei principi comunitari (Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza sez. V, 14 luglio 2016 C-458/14 e C-67/15), di libera circolazione dei servizi, di par condicio, imparzialità e trasparenza per mezzo della direttiva appena citata, aveva riconosciuto la necessità di esperire procedure concorrenziali anche per il rilascio di concessioni demaniali marittime.

3) Esclusione in tema di concessione su area demaniale dell’ applicazione della direttiva 2014/23/CE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, che esclude dal proprio ambito di operatività “taluni accordi aventi per oggetto il diritto di un operatore economico di gestire determinati beni o risorse del demanio pubblico, in regime di diritto privato o pubblico, quali terreni o qualsiasi proprietà pubblica, in particolare nel settore dei porti marittimi o interni o degli aeroporti, mediante i quali lo Stato oppure l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore fissa unicamente le condizioni generali d’uso senza acquisire lavori o servizi specifici”.

4)  Impossibilità di invocare “la tutela della buona fede” per l’ex concessionaria al fine di rendere legittima la proroga della concessione originariamente assentita alla stessa, negli stretti limiti consentiti dalla citata sentenza della Corte di Giustizia. La buona fede del concessionario, infatti, è ravvisabile, in linea di principio, solo per le concessioni antecedenti (rilasciate e/o rinnovate) all’adozione della direttiva 2006/123/CE (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 7874 del 2019 cit.). la concessione in esame avuto una durata complessiva di dodici anni, fino al 2019.

5) Inoltre, altra “granitica pietra tombale” che definitivamente seppellisce tutte le sciocchezze che si leggono sugli “affidamenti”, la concessione “ha avuto una durata sufficientemente estesa (dodici anni) per consentire l’ammortizzazione degli investimenti iniziali. Mentre devono ritenersi irrilevanti eventuali investimenti realizzati dalla concessionaria in tempi più recenti, atteso che – per le ragioni sopra dette – la stessa non poteva più vantare un legittimo affidamento alla proroga automatica della propria concessione”.

6) La disapplicazione della norma nazionale confliggente con il diritto eurounitario, a maggior ragione se tale contrasto è stato accertato dalla Corte di Giustizia UE, costituisca un obbligo per lo Stato membro in tutte le sue articolazioni (oltre che per gli organi giurisdizionali) e, quindi, anche per l’apparato amministrativo e per i suoi funzionari, qualora sia chiamato ad applicare la norma interna contrastante con il diritto eurounitario. Qualora, pertanto, emerga contrasto tra la norma primaria nazionale o regionale e i principi del diritto eurounitario, è fatto obbligo al dirigente che adotta il provvedimento sulla base della norma nazionale (o regionale) di non applicarla (in contrasto con la norma eurounitaria di riferimento), salvo valutare la possibilità di trarre dall’ordinamento sovranazionale una disposizione con efficacia diretta idonea a porre la disciplina della fattispecie concreta”.

Roberto Biagini

La sentenza

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