C’è anche Alessandro Zanier, ex portiere del Riccione 1929 (2012/13) e del Rimini (2013/14), al centro del caso che sta mettendo a subbuglio il calcio spagnolo. È successo che la squadra in cui milita Zanier, l’Eldense, il primo d’aprile ha perso con il Barcelona B per 12-0, nel campionato della Segunda B spagnola (l’equivalente della Lega Pro italiana).
Il risultato ha fatto subito sospettare una combine per favorire le scommesse. È stata aperta un’inchiesta e cinque persone sono state arrestate: il gestore dell’Eldense, l’italiano Nobile Capuani, due degli allenatori, lo spagnolo Fran Ruiz e l’italiano Filippo Vito Di Pierro, insieme a due calciatori, Nico Chafer e Mickey Fernandez. Erano stati denunciati dal presidente della società, David Aguilar e dall’attaccante Cheikh Saad; ora sono a piede libero, ma restano sotto accusa per associazione illecita e corruzione fra privati. L’ipotesi che è che esista un’ organizzazione per truccare le partite sulle quali arriverebbero le scommesse clandestine dall’Asia, gestite delle mafie italiane e cinesi.
Intanto l’Eldense ha licenziato su due piedi i calciatori italiani portati da Capuani, anche lui cacciato assieme agli altri indagati. E siccome in porta il primo d’aprile c’era Alessandro Zanier, la colpa di quei 12 gol è stata scaricata per primo su di lui. Ma il ragazzo, nato a Tolmezzo 24 anni fa, protesta la sua innocenza. E Capuani lo difende sul Corriere della Sera: «Un ragazzo di 24 anni, che ha appena superato un problema al tendine d’Achille, secondo lei si vende una partita prendendo 12 gol e, di fatto, terminando la carriera con una squadra ultima in classifica in terza serie spagnola?»
Secondo l’ormai ex gestore dell’Eldense, le domande da farsi sono altre: «Partirei, intanto, da un discorso di etica sportiva. Da persona che ha giocato e ama insegnare calcio, non avrei mai rifilato 12 gol a una squadra avversaria. Quindi chiedo a tutti: perché il 12-0? La risposta per me è semplice: hanno usato il pretesto di quella sconfitta per sbarazzarsi di 11, 12 italiani. Ma in campo a Barcellona c’erano tutti spagnoli, tranne Zanier e Muratori. Io e gli altri siamo stati il capro espiatorio, per far dire loro: noi spagnoli non facciamo le scommesse, quelle cose le fanno gli italiani che le hanno nel sangue».