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Sonia perseguitata e uccisa, Carfora lucido e freddo. Al gip: “Se l’è cercata”

“Sconvolgente la lucida freddezza con la quale Salvatore Carfora ha raccontato gli eventi, senza scomporsi e senza un’emozione, senza un minimo di pentimento”.

Così il gip Giulia Proto descrive l’assassino reo confesso della giovane Sonia Di Maggio nel decreto di convalida del fermo dell’uomo di Torre Annunziata. Il 39enne è arrivato nel Salento con l’intenzione, secondo gli inquirenti, di uccidere la ragazza. Un omicidio premeditato e programmato, annunciato con messaggi minatori inviati sia alla ex sia al nuovo fidanzato di lei, e dal tenore – scrive il gip – che rasenta il metodo mafioso: “Ti faccio fare una brutta fine“, “Non sai contro chi ti sei messo“.

Durante l’ interrogatorio in carcere “E’ emerso – scrive ancora il giudice – come Carfora ritenesse che Sonia se l’era cercata. Inaccettabile per lui che sino al 27 dicembre fossero stati insieme e che già dopo pochi giorni avesse un nuovo compagno conosciuto a sua insaputa sui social. Così come era inaccettabile che la donna non volesse stare più con lui nonostante negli ultimi due mesi non l’avesse più percossa, e allo stesso tempo normale pretendere che la sua compagna non lavorasse perché essendo una bella ragazza gli uomini la guardavano.

Un amore malato quindi, costellato di violenze e di soprusi dal quale la 29enne aveva cercato di allontanarsi per sempre lasciando a dicembre la casa dove i due avevano convissuto e rifugiandosi nel Salento. Violenze delle quali Sonia portava ancora i segni sul sopracciglio.

Frasi choc quelle dell’uomo che durante l’interrogatorio arriva a dire che Lui l’amava davvero, a differenza dell’altro che non l’aveva nemmeno difesa” della sua furia.

Il Gip ha convalidato l’arresto in carcere sottolineando lo spessore criminale di Carfora, descrivendolo come “un abile mistificatore la realtà”. Basta pensare che quando lo scorso giugno aveva conosciuto Sonia, appena uscito dal carcere dove si trovava per un’altra aggressione, si era presentato con un nome falso. La ragazza aveva scoperto la verità soltanto mesi dopo, rovistando tra i suoi documenti.

Carfora ha raccontato agli inquirenti di aver raggiunto Minervino per convincere la ragazza a tornare con lui. Il coltello se l’era portato dietro per difendersi dall’eventuale reazione del fidanzato. Appena sceso dal pullman, dopo aver fatto fermare il mezzo dall’autista alla vista dei due in strada, li avrebbe raggiunti. La ragazza si sarebbe girata, gli avrebbe chiesto cosa ci facesse lì. Lui le avrebbe chiesto di tornare insieme, e di fronte al suo rifiuto avrebbe perso la testa sfilando il coltello che aveva nella cintola e colpendola ripetutamente. 20 coltellate, secondo l’autopsia.

Versione smentita dal testimone oculare, il fidanzato di Sonia Francesco Damiano, che invece parla di un’aggressione improvvisa consumata in pochi attimi:  Carfora sorprende la ragazza da dietro, la trafigge, colpendola ripetutamente al collo, poi, dopo averle afferrato il cappuccio del giubbotto la trascina sull’asfalto continuando ad infierire sul suo corpo.

(Telerama news)

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