“Passata una giornata al PS di Rimini (degli altri non so…). Nessuna responsabilità degli operatori sanitari, sia chiaro. Fanno quello che possono. Sono meno della metà di quelli che dovrebbero essere. Comunque dopo 6 ore di barella, nostra madre, di 84 anni, è tornata a casa, per nostra scelta, senza nemmeno essere stata visitata. Ma potrei dire di una bimba di 3 anni in attesa, piangente, per 3 ore (che non so se saranno diventate di più), di una signora ottantenne investita da un furgone e lasciata su una barella con un collare, in preda ad attacchi di panico, sola (il marito ultra ottantenne in qualche modo è arrivato un paio d’ore dopo) O del signore con mezzo dito, l’altra metà era rimasto in un macchinario, che ha atteso ore ed ore col dito in alto per sentire meno dolore…”. E’ lo sfogo sui social di una riminese sulla situazione all’Ospedale Infermi.
Dall’altra parte, quella degli operatori sanitari, sono decisamente infuriati i medici del 118 delle province di Rimini, Ravenna e Forlì-Cesena. Chi di loro si è rifiutato di dare una mano nei Pronto soccorso come richiesto dall’Ausl Romagna si è trovato infatti oggi una brutta sorpresa in busta paga: un taglio della quota stipendiale rispetto all’accordo del 2008 di 900 euro, “un atteggiamento folle e vessatorio”, tuona il presidente regionale dello Snami, il sindacato dei Medici italiani, Roberto Pieralli. Annunciando battaglia.
Così come il possibile addio alle autombulanze da parte di tutti e 45 i medici. È un “casino fotonico”, spiega cosa sta accadendo all’Agenzia ‘Dire’: il contratto regionale che integra quello nazionale è fermo dal 2008 e le giunte precedenti all’attuale hanno preso la direzione, data la carenza di medici e le difficoltà a trovarne, di puntare a una integrazione dell’organico attraverso i medici convenzionati. Come sono i medici di famiglia e appunto quelli del 118.
In Romagna, prosegue Pieralli, “la carenza di medici è un’emergenza storica”, da qui la scelta dell’Azienda di utilizzare nei Pronto soccorso “medici senza il titolo” per esercitare in emergenza con una integrazione economica. Il relativo contratto integrativo regionale del 2016 è stato aggiornato da poco prevedendo appunto la possibilità che “medici di emergenza sanitaria territoriale convenzionati si rendano disponibili a richiesta dell’Azienda, su base volontaria, a impegnarsi all’esecuzione di turni in orario aggiuntivo o convenzionale, per la copertura di turnazioni intraospedaliere dedicate nei punti di Primo intervento e Pronto soccorso”. E per questo, precisa il contratto, ci sarà un riconoscimento economico orario ulteriore di 15 euro all’ora, mentre per le ore svolte di assistenza ospedaliera in Ps, oltre il debito orario da incarico, altri 60 euro all’ora. Ma non tutti ci stanno.
Sui 45 medici convenzionati del 118, sei hanno deciso di tirarsi indietro continuando a esercitare esclusivamente il lavoro cui sono autorizzati. Da qui il taglio di 900 euro in busta paga. Ma quell’integrazione, dipana la matassa Pieralli, è prevista dal contratto del 2008 che l’aveva “forfettizzata” in base a compiti aggiuntivi già espletati rispetto a quelli normali, come situazioni ad alto rischio, eventi di massa e primo intervento nei Ps. Il tutto in vista del passaggio da convenzionati a dipendenti con l’ulteriore integrazione con le attività proprie dell’assistenza ospedaliera.
Passaggio che non si è realizzato. Così, tira le somme il sindacalista, già un medico convenzionato del 118 prende 28,5 euro lordi all’ora e per lavorare in Pronto soccorso gliene aggiungono 15, “cifre comunque ridicole”. E per quelli che non hanno accettato, “non avendo i titoli per dare una mano in Ps”, ribadisce, è stata tagliata di netto dallo stipendio la quota per i compiti aggiuntivi. Tutto ciò è “inaccettabile”, quella dell’Ausl Romagna é “un’interpretazione folle”, conclude Pieralli tracciando i possibili scenari: “Molti medici del 118”, con i bandi in uscita a luglio, sono fortemente orientati ad “andare a fare altro”, mentre “tutti” sono pronti a firmare una lettera di rinuncia all’impegno di lavorare nei Ps.
“C’è una solidarietà complessiva. Da anni l’Ausl Romagna nasconde la polvere sotto il tappeto, usando personale con un contratto da 30.000 euro e risparmiandone centinaia di migliaia”. E tutto ciò non può non avere riflessi sulla complessa trattativa sul contratto regionale. Se la risposta dell’azienda è che “i Ps vanno tenuti aperti, li chiudano pure. I medici 118 guadagnano come una guardia medica e vogliono che lavorino senza titolo in Ps, mentre vessano chi fa il proprio lavoro”, termina Pieralli.