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Si fa presto a farsi autogol

Stimolato da taluni avvenimenti di questi giorni, mi viene oggi spontaneo trattare di “pubblici autogol”, che in alcuni casi nascono da mal riposto senso di generosità, in altri da rozza superficialità, in altri ancora da spocchia fatta passare per altruistico protagonismo.


Volendo iniziare dal “veniale” autogol messo in scena dalla ventina di delegati che ha abbandonato il Congresso Cgil protestando contro la Meloni, a scanso di equivoci sento il bisogno di mettere le mani avanti:

«Che articolo stupido! Penoso direi / Pessimo articoletto da bar. scritto al quinto bicchiere di Sangiovese! /  Ma vadeviaecül / Sgradevole e fazioso come sempre / Ma che articolo eh…. che vergogna / Articolo da quattro soldi / Piccari e’ veramente un miserabile / Le solite cazzate di una certa Italia / Piuttosto che dire cazzate meglio tacere, si fa più bella figura / Tci tota testa cme’ e Paganel / Meglio il paese delle banane….da mettervi dove dico io!!! / Articolo insulso e spocchioso, si consiglia Malox RefluRapid soluzione / Articolo inutile, solita provocazione idiota di sinistra / Cazzo ma voi sinistroidi resterete come muli col paraocchi / Piccari era un imbecille 50 anni fa e tale è rimasto!!!»

Si tratta, com’è facile intuire, di un campionario di carinerie che il mio narcisismo accoglie come altrettante medaglie al petto, guadagnatemi con i più recenti articoli dedicati alla Meloni, al suo governo e all’allegra compagnia di rissosi “fratelli tirapiedi” da cui è contornata. Credo pertanto sia difficile scambiare per compiacenza verso di lei la mia convinzione che, andandosene in tal modo, quei venti congressisti abbiano fatto autogol.

Perché il loro più che un attacco alla Meloni, che anzi nell’occasione ha fatto una “mezza bella figura”, lo è stato a Landini e a chi con lui aveva condiviso quell’inevitabile invito. Sì, inevitabile per due motivi: perché chiunque fosse a quel momento a PalazzoChigi, in passato è sempre stato invitato al Congresso, vi avesse poi partecipato o meno. E inoltre perché non è difficile immaginare quale clamoroso assist a Meloni e Salvini sarebbe stato fornito dalla scelta di interrompere quella “consuetudine istituzionale”.

Ma per fortuna la Cgil non ha niente a che vedere con quella repellente accozzaglia “lepenian-melachoniana” che in questi giorni, con la scusa di protestare contro il Presidente Macron, sta mettendo a ferro e fuoco mezza Francia.

Molto meno veniali sono taluni degli autogol che minano la credibilità delle battaglie ecologiste e ambientaliste, sfavorendone la ricerca del consenso.


Emblematica, a tal proposito, la nefandezza messa in atto dal teppista che qualche giorno fa, a Firenze, per perseguire la salvezza del clima sul pianeta ha insozzato di vernice Palazzo Vecchio, mentre tutt’intorno i fiorentini lo riempivano giustamente di insulti e lo stesso Sindaco Nardella, casualmente presente nei pressi, accorreva a placcarlo. L’effetto “ecologista” di quell’impresa idiota (purtroppo non la sola di questi tempi) è consistito nello spreco di cinquemila litri d’acqua per ripulire lo storico edificio.

Naturalmente non sempre gli autogol prodotti da “pseudo ambientalismo” contemplano un così alto tasso di psicotico esibizionismo, ma tutti presentano però un qualche grado di autolesionistica illusione. L’illusione che anche la più sana delle politiche ambientaliste non richieda un qualche sia pur minimo compromesso fra necessità e possibilità, fra realtà e aspirazione.

Il gas non è il massimo, ma in attesa che un serio impegno dei poteri politici mondiali porti  al globale utilizzo di energia pulita, generata da fonti rinnovabili, non si può negare che sia preferibile al carbone e al petrolio. Ma per ogni progettato gasdotto sorge un arcigno “comitato di lotta”, per non parlate di un nuovo gasometro o, Dio non voglia, di un rigassificatore come quello previsto a Piombino.

Che dire poi di quelli che girano con due iphone in tasca e l’ipad sorttobraccio, i quali sanno bene che per farglieli funzionare occorre l’antenna per la telefonia mobile, ma guai ad installarne una anche solo a due chilometri da casa loro?

Peggio ancora è la “schizofrenia ecologista” di certuni che prima chiedono a gran voce, giustamente, il ricorso senza indugio all’energia eolica. Poi però, dovendo piazzare le pale eoliche da qualche parte, preferibilmente su un’altura o in mare, ecco che allora diventano seduta stante emuli di Sgarbi, non per chiedere e sorvegliare che la loro installazione generi il minor impatto possibile sia visivo che funzionale alle attività circostanti, ma per dire no e basta.

Nel caso di quello che impropriamente viene chiamato il “parco eolico” ipotizzato nel nostro tratto di mare,  sono non solo necessarie, ma perfino dovute, le analisi e le riflessioni su quale sia la sua migliore collocazione possibile, soprattutto in rapporto alla pesca.

Ma per favore non cadiamo nella comicità di preconizzare che turisti muniti di binocolo saliranno a Covignano e, una volta verificato che di lì quelle pale si riesce effettivamente a vederle all’orizzonte, scenderanno di corsa a fare i bagagli al grido di “mai più a Rimini”.

Sono pronto a scommettere che saranno di più quelli invece infastiditi dall’inquinamento visivo generato dai tanti e dalle tante che girano per la spiaggia ostentando la coglionaggine di qualche metro quadro di ridicoli tatuaggi.

C’è poi l’ennesimo “autogol politico” appena messo in scena dalla “Fratellanza d’Italia” della Perla Verde.

Non si sa quale fondamento abbia il gossip, uscito da un ufficio comunale, circa il rifiuto di alcuni artisti ad esibirsi a Villa Mussolini che, in omaggio al tanto sbandierato “rispetto della storia”, vale la pena ricordare si sia chiamata fino al 1983 “Ristorante Merendero”.


Fd’I ha colto l’occasione per imbastirci sopra un appassionante chiacchiericcio storiografico, a cui ha fornito un decisivo apporto la Senatrice Spinelli (sempre che non voglia farsi chiamare “il senatore Spinelli”, con lo stesso “vezzo  maschilista” con cui a Coriano si era ribattezzata “il Signor Sindaco”).

Lei di storia se ne intende, come dimostrò la volta in cui fece smodato uso di maiuscole in un altisonante proclama: «Abbiamo eliminato dal Cuore (simbolo della Città), il colore rosso introdotto arbitrariamente nel passato. L’appartenenza ad un territorio è Provenienza, Radici comuni e Storia. Quella Storia che nessuno ha il diritto di cancellare».


Tanta enfasi per vantarsi di aver riportato al colore bianco il cuore che compare nello stemma del Comune, che invece i suoi predecessori avevano secondo lei deturpato, facendolo diventare rosso comunista.


Peccato che il giorno dopo qualcuno le abbia fatto sapere, con questa immagine, che gli stendardi sia del Comune che della Parrocchia contenessero già nel 1700 il cuore rosso!

Tornando all’ex Merendero, se la Meloni se l’era cavata con quella comica baggianata del «fascismo consegnato alla storia», Mimma Spinelli è andata oltre, sentenziando: «A un certo punto bisogna far pace con la storia».

Come ad esempio avrà sicuramente fatto lei nei confronti di Vladimir Ilʹič Lenin e della Rivoluzione d’Ottobre. In ciò favorita da una sua passata stagione di “avvicinamento a sinistra”, quando lodava a gran voce Bonaccini: «Grazie Presidente per l’attenzione che dedica da sempre ai territori» e ci teneva a farci sapere che «Oggi mi sento renziana! Condivido l’ottimismo e la velocità alla base della visione dell’amministratore che ha Renzi. E’ la stessa che ho io».

Sbaglia chi pensa che l’abbia poi smarrita: ha solo fatto cambio con quella di La Russa.

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