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Serie Netflix su San Patrignano, Santi: “Trarre spunto per essere migliori”

Il presidente della Provincia di Rimini Riziero Santi è intervenuto sull’accesa polemica divampata tra la Comunità di San Patrignano e la produzione della serie Netflix “Sanpa. Luci e tenebre di San Patrignano” uscita lo scorso 30 dicembre, ideata e prodotta da Gianluca Neri.  Per la comunità che sorge a Coriano la serie in cinque puntate che passa in rassegna i primi 17 anni di storia di San Patrignano con interviste e video testimonianze il documentario ne danneggia l’immagine agli occhi degli spettatori.

Per Santi il docufilm è “tecnicamente bene fatto anche se fa emergere solo parzialmente la complessità della situazione“. Per il Presidente della Provincia di Rimini è importante la contestualizzazione storica in cui è inserito il documentario quella degli anni 80 e 90 in cui l’eroina dilagava soprattutto tra i più giovani. “In quegli anni, sottolinea Santi emersero tre metodologie di contrasto, quella del Sert, quella del volontariato cattolico e quello cruento e violento di Muccioli“. Metodi per Santi “utili nella loro diversità“.

“Il docufilm su Sanpa mi ha fatto rivivere gli anni della lotta contro le tossicodipendenze. Un “virus” che negli anni ‘80, in pieno edonismo, colpiva i ragazzi riducendoli a zombi, seminando dipendenza totale in chi faceva uso di sostanze e dolore e sconforto nelle famiglie, nei quartieri e nelle città. Un periodo buio.

Fummo improvvisamente invasi dall’eroina, nessuno ne sapeva più di tanto, le istituzioni si trovarono impreparate e con servizi insufficienti e le famiglie venivano sopraffatte dalla disperazione.
Ho vissuto quell’esperienza da dentro, per mia fortuna non da tossico, ma nel volontariato. Poco più che ventenni costituimmo a Riccione l’Associazione “per l’emancipazione” (APE), con Pironi, Piselli e altri. Ma ho vissuto quella esperienza anche più concretamente come famigliare di un ragazzo che ho strappato dalla strada e portato a vivere in casa mia per oltre un anno senza abbandonarlo un attimo, gestendo crisi di astinenza e fughe. So cosa vuol dire.

In quel tempo emersero in modo pioneristico tre teorie: quella della “terapia della riduzione del danno”, della terapia scalare e della lotta allo spaccio sostenuta dalle istituzioni pubbliche che aveva come riferimento in primis Leonardo Montecchi e il Sert, quella del volontariato cattolico e del soccorso della fede cristiana che aveva come riferimento Don Oreste Benzi, quella aggressiva e cruenta di Vincenzo Muccioli. Tre grandi personaggi, ognuno grande a modo suo. Tre metodi utili nella loro diversità.

Alla battaglia contro l’eroina si affiancò una battaglia ideologica sul modo più efficace e corretto per combatterla. Il docufilm l’ho trovato tecnicamente ben fatto, anche se fa emergere solo parzialmente questa complessità, concentrandosi su Sanpa, con le sue luci e le sue ombre.

Non credo sia utile tornare in alcun modo allo scontro ideologico di quel tempo. Penso che in quella occasione lo Stato abbia fatto lo Stato, che non può tollerare l’illegalità. Come afferma Luciano Nigro nel docufilm: né a favore né contro acriticamente. L’abbiamo amato e l’abbiamo criticato. Il docufilm dice sostanzialmente questo. Da esso possiamo trarre spunto per essere tutti migliori e più preparati. La droga non è sparita dalla circolazione, e nemmeno le debolezze che ne alimentano l’uso. Semmai si presenta in modo meno evidente e più subdolo, ma non per questo meno pericoloso e devastante. Ho frequentato anche ultimamente la Comunità di San Patrignano, non come politico ma come famigliare, e trovo che svolga una funzione straordinariamente importante. Lunga vita a San Patrignano”.

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