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Segretario PD: Alex Urbinati a sostegno di Andrea Orlando

Riportiamo di seguito il comunicato di Alex Urbinati, Vicesindaco Comune di Verucchio e membro del PD, a sostegno della candidatura di Andrea Orlando come segretario del Partito Democratico.

E’ inutile negare che il Partito Democratico arriva male a questo congresso. Ci arriva dopo risultati elettorali non brillanti (regionali ed amministrative), dopo un risultato referendario disastroso, dopo la sentenza della Corte Costituzionale sull’Italicum, dopo una scissione dolorosa.

Ci sarebbero stati sufficienti spunti per fermarsi, guardare la bussola e ritrovare la strada perduta, arrivando alla scadenza naturale del congresso. Parlarsi, confrontarsi, accettarsi nelle diversità e ripartire.

Accettare (o quanto meno discutere) che una fase politica si è probabilmente esaurita, consumata dalla stessa velocità che ne ha costituito il principale marchio di fabbrica.

Abbiamo sperato in una conferenza programmatica che coinvolgesse i circoli sul territorio e permettesse al Partito di aprirsi alla società sui temi.

Lo smarrimento della base è evidente: non viene compresa la scissione ma ancora meno viene compreso questo correre, costantemente correre, verso non si sa che cosa e neppure per proporre che cosa se non le stesse ricette.

Con un sistema elettorale che volge al proporzionale il congresso eleggerà un segretario di partito che non necessariamente sarà poi il candidato premier o la persona indicata dopo il voto per costituire il governo.

Il Partito Democratico non potrà ritenersi autosufficiente e dovrà congelare la propria vocazione maggioritaria. Il prossimo segretario dovrà assumere il ruolo di federatore, soggetto aggregante di un campo ampio, aperto, di Centrosinistra dove la parola Sinistra non sia la stampella del Centro ma un programma elettorale.

La candidatura di Andrea Orlando rappresenta per molti il coraggioso tentativo di rifondare (non solo rinnovare) il Partito Democratico tornando alle sue origini e garantendo un profilo plurale, popolare e riformista senza scadere nell’arroganza del capo né all’opposto nell’imitazione maldestra dei populismi.

Orlando ha già avuto il pregio di riportare al centro del dibattito politico il merito delle questioni sociali che ci hanno allontanato da una parte importante del Paese. E poi ancora la discussione su temi come la riduzione del consumo di suolo, il reato di tortura, il ruolo dell’Europa, l’idea di come rifondare il partito.

Un modo di fare, uno stile, un linguaggio che poi diventano anche sostanza politica, lontanissimi dal clima “da conta permanente” vissuto in questi anni, lontanissimi da un decisionismo che produce strappi e lacera una comunità.

Molti in questi giorni erano pronti ad andare ma, di fronte alla candidatura di Orlando, hanno deciso di provare a cambiare le cose dall’interno, riorganizzare la rappresentanza, riattivare rapporti sul territorio, cambiare i metodi di selezione della classe dirigente, aprirsi all’associazionismo e ai cittadini.

E’ necessario ricostruire una comunità, ritrovare il gusto della convivenza e del collettivo intorno ai valori comuni, riabituarci alla parola “Noi” che troppo spesso negli ultimi anni è stata abbandonata o, al massimo, ricondotta ad un plurale maiestatis divisivo ed autosufficiente.

Il prossimo segretario dovrà rappresentare il “minimo comune moltiplicatore” delle potenzialità di una comunità e non il “massimo comune divisore” delle sue diversità.

Prima ancora che governo della maggioranza, la democrazia è rispetto delle minoranze. Per questo un soggetto plurale ed inclusivo deve consentire di esprimere ai propri iscritti anche il dissenso sul merito degli argomenti.

Le maggioranze non dovrebbero essere granitiche, le minoranze non dovrebbero essere prevenute. In un partito maturo si dovrebbero comporre e ricomporre sul merito degli argomenti. Personalmente in questi anni ho criticato le scelte economiche e sul lavoro del governo Renzi ma ho sostenuto il SI al referendum.

E’ sicuramente sbagliato scegliere la via della scissione ma allo stesso tempo va detto che la scissione è stata vissuta e liquidata da una parte importante del Partito con troppa leggerezza: se ne sono andati dirigenti rappresentativi ma soprattutto una parte importante del nostro mondo, iscritti ed elettori.

Sta a noi dimostrare che la scissione è sbagliata e si può lottare da dentro per cambiare l’inerzia. Sta a noi dimostrare che si può fermare la metamorfosi del Partito Democratico, troppo spesso percepito come distante dai problemi delle persone.

Serve invece un partito capace di premiare il merito ma che si impegna prima a rimuovere gli ostacoli che impediscono ad alcuni di partire al pari di altri.

Chi ha più deve dare di più, chi ha meno deve ricevere di più perché non sempre uguaglianza significa giustizia sociale. Don Milani diceva “Non c’è nulla di più sbagliato che fare parti uguali tra diseguali”.

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